Tra il 2007 e il 2017 il volano dell'economia ha ridotto il numero di edifici e fondi in disarmo, ma il Covid potrebbe cambiare le carte in tavola
Anche edifici e capannoni hanno un'anima. Ve ne sono di dolenti, abbandonate al loro destino e in attesa di un riscatto, e altre che hanno conosciuto una rinascita, spogliandosi delle loro origini industriali per fare posto, a volte, a uno spazio culturale. Basta bighellonare un po' per il Mendrisiotto per incrociare tanto le une che le altre. Di sicuro di esempi virtuosi di riconversioni di successo non ne mancano. Sebbene non facciano difetto neppure le aree dismesse e le superfici in disarmo dentro e fuori le zone industriali e artigianali dei Comuni. Solo qualche anno fa da queste parti il tasso di luoghi senza più una attività era assai alto rispetto alla media cantonale: all'epoca si veleggiava sopra il 30 per cento. Poi il paesaggio è cambiato, almeno sino alla recente emergenza sanitaria.
A fare testo negli archivi di istituzioni locali ed esperti c'è sempre il rapporto finale "Edifici industriali: rilievo, analisi e valutazione del potenziale di riconversione degli edifici industriali dismessi in Ticino" curato nel 2007 dall'architetto Enrico Sassi. Un documento tecnico che metteva di fronte a centinaia e centinaia di stabili e fondi a vocazione industriale 'potenzialmente dismessi' nella regione. Negli anni successivi, però, il volano dell'economia anche a sud del cantone ha prosciugato quelle percentuali nel solco di una tendenza generale. Uno studio pubblicato dieci anni dopo il primo, nel 2017, dall'Osservatorio dello sviluppo territoriale sulle 'Aree di attività in Ticino' evidenziava, infatti, come la superficie di terreni liberi nelle zone lavorative registrasse a quel tempo un minimo storico in Ticino, con il Mendrisiotto e Basso Ceresio a quota 14,2 per cento a fronte di un 3,4 per cento di edifici potenzialmente dismessi (una minima parte rispetto al totale).
E oggi qual è la geografia di spazi produttivi e improduttivi? A Mendrisio a chiederselo, la primavera scorsa, era stato il consigliere comunale della Lista civica Per Mendrisio Tiziano Fontana. Il punto, come confermato di recente dallo stesso Municipio della Città, è che non esiste un inventario delle aree dismesse per fotografare il territorio comunale. L'esecutivo, d'altro canto, "riconosce le potenzialità di disporre di un simile strumento, ma al momento - spiega - non dispone delle risorse necessarie per un suo allestimento". Va detto che poter conoscere il quadro attuale sarebbe utile possedere quel censimento, anche per immaginare un riordino urbanistico. Tanto più, ci fanno notare dall'Osservatorio, che la pandemia da Covid-19 potrebbe avere avuto degli effetti collaterali pure sulla occupazione di immobili e capannoni, cambiando di nuovo prospettiva.
Restando a Mendrisio, per ora ci si deve accontentare dei numeri restituiti da vari studi condotti in questi anni. Come nel documento del 2017, che segnala la presenza sul territorio comunale del 17 per cento di fondi liberi (102 in totale) a fronte di 314 terreni occupati e quasi 7'900 addetti (un anno dopo cresceranno ancora di un migliaio).
Del resto, basta allargare lo sguardo per rendersi conto che il paesaggio nel Distretto è mutato, e di parecchio, nel corso dei decenni. Un dato su tutti appare, comunque, incontrovertibile: nel tempo si è vista una vera e propria avanzata degli spazi occupati nel fondovalle sotto la pressione dell'urbanizzazione. Volendo quantificare, nel Mendrisiotto e Basso Ceresio il tasso di 'consumo del suolo' è del 38 per cento, come rilevato nel 2020 sempre dall'Osservatorio in una analisi degli spazi liberi nel fondovalle ticinese. E a modificare il profilo del Distretto dal 2011 in poi è stato in particolare il settore della Logistica, considerato dagli specialisti un elemento centrale. Le attività si sono concentrate in modo significativo prima a Stabio, quindi nella zona fra Chiasso, Balerna e Novazzano, così da formare "la regione più importante per il settore", riconducibile, con tutta probabilità, ad attività legale alla moda e alla frontiera, come annotava nel 2018 un altro studio dell'Osservatorio dedicato alle 'Nuove geografie della logistica in Canton Ticino'. Nasce, insomma, un 'polo logistico' da leggere, sottolineano ancora i ricercatori, anche nell'ottica della "relazione funzionale con la megalopoli padana e l'area logistica di Milano, l'infrastruttura di trasporto (autostrada e ferrovia) e la frontiera". Una condizione ambientale che permette alle ditte di "trovare fattori localizzativi ottimali per operare con un raggio d’azione che si estende al di fuori dei confini cantonali e nazionali".
Di esempi virtuosi, come detto, ve ne sono, e diversi. Esempi di edifici e stabilimenti industriali tornati a nuova vita o che si accingono a farlo, come nel caso della vecchia fabbrica di orologi Diantus a Castel San Pietro per mano dello stesso Comune, che ne ha acquisito la proprietà, o come un altro stabilimento orologiero, a Chiasso, la ex Trecor, al centro di uno sviluppo avveniristico (per ora sulla carta). Facendo un passo indietro, a Balerna correva l'anno 1992 quando la Polus, l'antica manifattura di tabacchi, subiva la sua trasformazione diventando ciò che è ancora oggi, un polo immobiliare capace di fare posto a una trentina di aziende e un centinaio di collaboratori. Anche a Mendrisio qualche anno dopo è la Città a volere fortemente la 'mutazione' della Filanda (già Filanda Torriani-Balzani): una parte degli spazi che in un passato lontano avevano visto le fatiche delle filatrici e negli anni Ottanta avevano accolto un grande magazzino, dal 2018 (anno dell'inaugurazione) pulsano con il Centro culturale comunale, all'interno del quale ha trovato posto pure la Biblioteca cantonale.
Guardando al futuro prossimo, invece, sul tavolo c'è un progetto importante che ruota appunto attorno all'ex Diantus e che con il Comune di Castel San Pietro vede in campo anche l'Ente regionale per lo sviluppo (Ers) del Mendrisiotto e Basso Ceresio. L'idea di rivitalizzare questo stabile è piaciuta anche al di fuori dei confini comunali. Non solo, si potrà attingere al fondo di 10 milioni di franchi messo a disposizione dal Decreto legislativo sugli edifici dismessi da qui al 2024. «L'ex Diantus rientra nei parametri previsti - ci ha spiegato il direttore dell'Ers Claudio Guidotti -. Infatti, appena ci è stato presentato l'incarto, abbiamo fatto tutto il necessario per portare avanti questo discorso. Per quanto ne so io, in Ticino sono due i progetti che possono far riferimento al Decreto, lo stabile industriale di Castello e una ex vetreria in Riviera». L'ultima mossa? «Al momento abbiamo chiesto un sostegno al Cantone per lo studio di fattibilità». La rotta, però, è già tracciata.