La rabbia e l'orgoglio del titolare e dei dipendenti dell'azienda di Mendrisio. 'Oggi ci additano come criminali, ma siamo la parte offesa'
Le 'macerie' del rogo sono già state sgomberate, eppure nell'aria alla vigilia di Natale si annusa ancora l'odore dei copertoni bruciati. In fumo se ne sono andati, del resto, almeno 6'500 e in buono stato, quindi un numero superiore alla prima stima iniziale. In quel momento, ormai una settimana fa, al civico 21B di via Campagna Adorna, a Mendrisio, avevano accatastato quasi 16mila pneumatici; e quelli sistemati nell'ala raggiunta dal fuoco avevano già un destinatario, non facevano parte del materiale destinato al trituratore. Con il passare dei giorni il quadro si è fatto più nitido. Anche se non aiuta, però, a rasserenare gli animi di chi alla Pm Ecorecycling si guadagna la giornata e adesso teme di perdere il lavoro. Sui volti del titolare della ditta, Daniel Oberbösch, e dei suoi collaboratori, intenti a sistemare il piazzale, si leggono preoccupazione e rabbia. Oberbösch mostra la raccomandata appena ricevuta dal Municipio. «Per il momento - conferma a 'laRegione' - non potremo più depositare o lavorare altre gomme». L'autorità comunale il 23 dicembre ha firmato, in effetti, un ordine di sospensione parziale dell'attività, che subordina qualsiasi ripresa dei lavori al ripristino di strutture e macchinari, domanda di costruzione alla mano. L'azienda, però, ci fa capire il titolare, non può rimanere ferma troppo a lungo. «La concorrenza - ci fanno capire - farebbe in fretta a occupare i nostri spazi del mercato».
Alla Pm Ecorecycling sanno di essere ormai degli osservati speciali. Soprattutto ora che a quattro anni di distanza (era il 2016) la società ha subìto il secondo incendio. Il Municipio di Mendrisio, anche per voce del sindaco Samuele Cavadini, ha dichiarato di volerci vedere chiaro e di avere l'intenzione di soppesare bene i contenuti del comparto dove, a suo tempo, si è insediata l'azienda e che ora vede convivere attività lavorative e abitazioni. «Va detto - richiama il titolare - che quando abbiamo aperto non c'erano tutte queste residenze. In fondo, poi, noi operiamo qui da diciotto anni, e con tutte le licenze del caso. Senza trascurare - ci rende attenti Daniel Oberbösch - che, man mano, negli anni abbiamo messo in atto tutte le richieste giunte a livello cantonale e comunale». Il titolare ci indica i muri frangifuoco oggi anneriti dal fumo, il punto dove, sotto il livello del suolo, è stata costruita la vasca di recupero delle acque, tanto preziosa in questa circostanza. «La camera ci è stata richiesta dalla Sezione protezione aria, acqua e suolo (Spaas) dopo il rogo di Riazzino, mentre gli altri interventi, incluse le protezioni foniche, li abbiamo realizzati dopo il 2016».
Ecco che si fa fatica a immaginare di dover lasciare l'area presa in affitto per un'altra collocazione. Tant'è che ci si è rimboccati subito le maniche, forti anche del fatto che il trituratore, seppur danneggiato, si può rimettere in sesto. «Ci stiamo già lavorando. In effetti - ci confida Oberbösch -, vorrei poter ripartire a pieno regime per la stagione, attorno alla Pasqua, ed essere operativo da inizio gennaio. Anche la compagnia assicurativa sta cercando una soluzione per velocizzare le cose». Del resto, ad attendere il loro granulato c'è il cementificio della Holcim a Varese: il 'fuori uso' rappresenta, infatti, il 65 per cento dell'attività.
E se il Municipio vi chiedesse di trasferirvi altrove? «Non potremmo sopportare un trasloco, dopo gli investimenti fatti, anche da parte del proprietario del terreno. Certo dovessero indicarmi un magazzino di 3mila metri quadri, già attrezzato e alla stessa pigione...». Si capisce bene che né il titolare, né i suoi dipendenti intendono arrendersi. Anche se si sentono un po' abbandonati. «Bisogna sapere che noi copriamo la metà del fabbisogno del recupero e smaltimento dei copertoni a livello cantonale. Basta dire che siamo il punto di riferimento di gran parte degli ecocentri comunali, a cominciare da quello di Mendrisio che, però, pare si sia già rivolto ad altri».
Lo sconforto alla Pm Ecorecycling è evidente. Giorgio Galasso, 40 anni da 12 impiegato in ditta, freme per dire la sua, anche a nome dei colleghi. «Perché quello che abbiamo subito - esordisce - è un 'attacco', il secondo». Lui e gli altri lo vivono come tale: «forse siamo scomodi». Galasso, entrato come operaio, oggi è capo magazzino e responsabile della sicurezza. «Sono risentito - ci dice ancora -: veniamo additati, in particolare sui social, come criminali, quando siamo la parte lesa. Sono un padre di famiglia e questo è il mio lavoro, quello che mi permette di portare il pane a casa. Non dimentichiamo che noi offriamo un servizio: i copertoni da qualche parte vanno smaltiti e visto che tutti o quasi hanno un'auto...».
Il responsabile rivendica con orgoglio il fatto che la sua ditta è leader in Ticino: «Siamo dei professionisti che si danno da fare. Lo abbiamo fatto anche in questa pandemia, lavorando a turni di 12-14 ore per far fronte alle quarantene. All'esterno non si conoscono - ribadisce - la fatica e le difficoltà di questo mestiere». Così la paura di perderlo, quel lavoro, cresce. E tutti si aggrappano alle posizioni conquistate; e lasciano intendere che da lì, da via Campagna Adorna, non si spostano.
«Il fatto - rilancia il titolare - è che non ci sentiamo tutelati, né dalle autorità cantonali, né da quelle federali». Le leggi, va detto, ci sono, a quanto pare a fare difetto è la loro interpretazione. Ed è qui, lascia intendere Oberbösch, che si in filano i cosiddetti 'furbetti', estranei, precisa, alle associazioni di categoria. «La legislazione - ci spiega - differenzia tra rifiuto e merce di scambio. Per i copertoni a fare da spartiacque è il profilo: al di sotto dei 1,6 millimetri sono da scartare. Ecco perché occorre rivolgersi a ditte autorizzate che sanno selezionare gli pneumatici. Una capacità che, a novembre, ci è stata riconosciuta anche da un'associazione di categoria nel settore del recupero delle gomme».
Giunto a questo punto Daniel Oberbösch confida negli inquirenti e nella possibilità di fare chiarezza su quanto accaduto, di nuovo. Con la consapevolezza che tra le ipotesi sulle cause del rogo c'è anche il dolo, accertato nel 2016. Nel frattempo, assicura, farà di tutto per riprendere a lavorare. Il primo passo dopo le Feste? «Chiederò un colloquio con i responsabili dell'Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo».