Sempre più sollecitato il centralino di Chiasso dell'Associazione. Preoccupa l’aumento dei casi: ‘Noi siamo lì per loro’
Maltrattamenti, abusi e storie di disagio e dipendenze non sono spariti nel nulla. Anzi. L'essere confinati a casa dal Covid-19 li ha solo tolti dalla vista, non cancellati dalla realtà cantonticinese. Così gli squilli del Telefono Sos Infanzia, al centralino storico di Chiasso, in questi mesi si sono fatti più dolenti e frequenti; e non hanno mai smesso. La linea è quanto mai sollecitata, allo 091 682 33 33, da ogni angolo del Ticino. I volontari forti della loro formazione, e in aggiornamento continuo, sono sempre pronti a rispondere, dalle 8 alle 20. Che i casi fossero in deciso aumento, del resto, lo si era capito già nel corso dell'estate, in occasione dell'assemblea. La conferma adesso la si attende dai numeri a gennaio. Si può dire comunque che all'Associazione coordinata da Paolo Frangi non si è andati certo in 'lockdown'. Si continua a metterci il cuore come il primo giorno, ormai 32 anni orsono.
In questi anni, infatti, il rapporto di fiducia tra chi chiama e chi risponde si è consolidato. «Quando un minore o un adulto ci telefonano per fare una segnalazione sanno di trovare ascolto, una voce amica - spiega a 'laRegione' Tina Mantovani, volontaria della prima ora e oggi più che mai in prima linea -. D'altro canto, ciò che raccontano il più delle volte è stato vissuto in prima persona. Ogni chiamata è unica e come tale va trattata, senza avere dei pregiudizi». Convincere queste persone, soprattutto i ragazzi, ad aprirsi non è facile, però. «Capita che all'inizio dicano che quanto accaduto riguarda una famiglia che conoscono. Poi si innescano l'empatia e delle dinamiche di fiducia (che non vogliamo svelare) e allora diventano veri - ci conferma Tina Mantovani -. A quel punto raccontano i fatti, gravi e circostanziati. Ci confidano dettagli che omettono di dire alle autorità, per vergogna. Per loro è più facile parlare con noi al telefono».
E qui entrate in gioco. «Il nostro ruolo, e la nostra responsabilità, è quello di avvicinare chi segnala ai servizi. Ogni informazione è preziosa per assicurare una presa a carico adeguata. Da questo punto di vista possiamo dire di avere un'ottima collaborazione con le autorità locali, di Polizia, con le Arp, le Autorità regionali di protezione, e la Magistratura dei minorenni. Una intesa - ci fa notare - che ha permesso di rivalutare la figura del segretario comunale, in particolare nei paesi. Il nostro obiettivo primario, d'altro canto, è tutelare il minore e chi ci telefona». Ricostruire il mosaico delle sofferenze, però, non appare semplice e alcuni casi di cronaca hanno mostrato anche delle lacune. «Il turnista che per primo entra in contatto con chi segnala si rende conto, a volte, che le istituzioni non sono in possesso di tutte le informazioni e gli strumenti utili a calibrare l'intervento - fa capire Tina Mantovani -. Ecco perché noi invogliamo le persone ad affidarsi alle autorità». In ogni caso, una regola che vale per tutti, ribadisce, è quella di prendersi il tempo per fare il bene di un bambino.
A preoccupare, oggi, come ieri, è la gravità dei casi. «Gravità che si fa urgente - rivela Tina Mantovani -, quando uno stesso caso viene segnalato da più persone». E quando una famiglia si sente gli occhi addosso non è raro che cambi domicilio, costringendo gli operatori a inseguire caso e problema. Di storie da raccontare ce ne sarebbero tante, a dimostrazione che abusi e disagio sono sulla porta di casa nostra. E la percezione è che questo anno segnato dalla pandemia non abbia fatto altro che acuire situazioni già problematiche. «Per averne la conferma attendiamo di visionare i dati definitivi di questo 2020». Per ora il dato di riferimento è quello registrato dalla Gendarmeria della Polizia cantonale nel 2019, che alla voce 'violenza domestica' parla di oltre un migliaio di interventi. «Ciò che è certo è che questa condizione nuoce al minore - non nasconde Tina -. Di conseguenza il disagio aumenta e rischia di esplodere».
Una storia in particolare è rimasta impressa in questi mesi nella mente dei volontari di Telefono Sos Infanzia, che in questo caso, come in altri, ha potuto appoggiarsi all'Associazione La Sorgente di Lidia Canonica. Associazione che spesso si fa carico di seguire alcuni minorenni in difficoltà. In pieno confinamento ci si è ritrovati, infatti, a dare una mano a una giovinetta rimasta sola a casa. Il padre, in apparenza scomparso, ha dovuto essere ricoverato d'urgenza: nessuno ha saputo che lasciava una figlia senza supporto. Lanciato l'sos al Telefono, la ragazza ha potuto ritrovare affetti e serenità: una vicenda a lieto fine. Una boccata d'ossigeno in una quotidianità che per i volontari dell'Associazione si scontra con vite difficili e giovani che ricorrono ad alcol e droghe. «Il dolore - chiosano Tina Mantovani e il coordinatore Paolo Frangi - si anestetizza anche così, purtroppo».