I Municipi di Bellinzona, Chiasso, Locarno, Lugano e Mendrisio a governo e parlamento: rinunciate da subito ad altri aggravi finanziari sugli enti locali
La misura è colma. “I Municipi delle Città del Cantone ritengono che sia giunto il momento di porre fine a questa politica dello ‘scaricabarile’, rinunciando da subito a ulteriori aggravi finanziari unilaterali a carico dei Comuni, e che occorra avviare una seria discussione sul futuro ruolo dei Comuni (semplici sportelli del Cantone o attori di prossimità con margine di autonomia e iniziativa a beneficio e supporto della crescita economica e sociale del Cantone?), con una riflessione particolare su quello dei poli”. Questa volta – dopo le bordate dell’Act, l’Associazione dei Comuni ticinesi, all’indirizzo del Cantone – sono gli esecutivi di Bellinzona, Chiasso, Locarno, Lugano e Mendrisio a scendere in campo. Lo fanno con una lettera firmata dai rispettivi sindaci e inviata ieri al Consiglio di Stato, al Gran Consiglio e alla commissione parlamentare della Gestione, sotto la cui lente è il Preventivo 2025 del Cantone.
Nella missiva congiunta le Città “ribadiscono l’urgente necessità di avviare un dialogo costruttivo con le istanze cantonali per definire il ruolo dei Comuni (in particolare di quelli polo) negli anni a venire”. Anche perché il progetto ‘Ticino 2020’ pare non avere prospettive. “Avviata ormai nel lontano 2017”, la riforma, scrivono i Municipi, “aveva quale ambizioso obiettivo quello di semplificare i rapporti e i flussi tra Cantone e Comuni, recuperando margine di autonomia comunale sulla base del concetto che ‘Chi paga, decide’. Riforma che è stata stravolta strada facendo (per volontà del Cantone che ha imposto la neutralità finanziaria tra i due livelli istituzionali) e che ora sembra essere finita su un binario morto”.
Nel frattempo (“in particolar modo con gli ultimi due Preventivi del Cantone, 2024 e 2025”), Consiglio di Stato e Gran Consiglio, si sottolinea nella lettera, “hanno adottato (o stanno per adottare) unilateralmente tutta una serie di misure con pesanti effetti diretti e indiretti sulle finanze dei Comuni (o almeno per una parte importante di essi), riducendone la capacità operativa, rispettivamente obbligandoli a scaricare su cittadini, cittadine e imprese l’aggravio”.
Di misure le Città ne citano “alcune”: la riduzione dell’1,5% del contributo sulle strutture per anziani; il mancato riconoscimento integrale, attraverso i mandati di prestazione, del rincaro delle spese alle menzionate strutture; il prelievo parziale dei fondi capitalizzati delle case anziani e dei servizi di assistenza e cura a domicilio; la soppressione del contributo “da sempre” riconosciuto per i docenti di educazione fisica ed educazione musicale delle scuole elementari; l’introduzione della pausa meridiana per i docenti delle scuole d’infanzia, “interamente a carico dei Comuni”; la riduzione dell’importo riversato ai Comuni a seguito della riforma fiscale federale delle imprese e il finanziamento dell’Avs, che “mitigava in parte gli effetti della riduzione di 1/3 dell’aliquota d’imposta”; la riforma fiscale cantonale con modifica del coefficiente di imposizione (“taglio aliquote persone fisiche e imposte alla fonte”); la modifica della Legge di applicazione della Legge federale sulla protezione dell’ambiente e il taglio dei contributi per i Comuni sede degli impianti di smaltimento dei rifiuti; lo stralcio dei contributi per i Comuni sede di discariche.
Un elenco di misure forse non esaustivo, comunque già ben nutrito. Che porta i Municipi dei centri urbani a dire basta, basta con “la politica dello scaricabarile”. Le Città, prosegue la missiva, “si riservano pertanto” di fare quattro cose. La prima: “Avviare le procedure per chiedere la riattivazione dell’iniziativa legislativa dei Comuni ‘Per Comuni forti e vicini al cittadino’, volta alla soppressione del contributo richiesto ai Comuni dal 2014 (di 25 milioni di franchi, poi scesi transitoriamente a 12,5) per il risanamento delle finanze del Cantone, nel frattempo ‘congelata’ in attesa di conoscere l’esito della riforma ‘Ticino 2020’”. La seconda: “Chiedere al Consiglio di Stato di attivare da subito un serio e concreto tavolo di dialogo che permetta di discutere preventivamente scelte cantonali che possono avere conseguenze sugli enti locali”. La terza: “Chiedere alle competenti commissioni del Gran Consiglio (Gestione e finanze e Costituzione e leggi) di avviare una discussione con i Comuni nell’ottica di quanto riportato sopra”. La quarta: “Intraprendere tutte le misure possibili per rivedere le modalità di implementazione del progetto di cantonalizzazione delle Autorità di protezione (il passaggio dalle Arp alle Preture di protezione, ndr), che prevedono ancora una volta un aggravio finanziario a carico dei Comuni pur diventando il compito cantonale nella forma dell’autorità giudiziaria”.