Mendrisiotto

'Caso Marwan', condannato il padre che portò il figlio in Egitto

L'uomo, nel 2015, fece perdere le proprie tracce (e quelle del piccolo) per 6 mesi. Sedici mesi (sospesi) per sottrazione di minorenne

Da Morbio Inferiore a Il Cairo
(Keystone)
26 agosto 2020
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Era balzato agli onori della cronaca come il caso del piccolo Marwan. Bambino sottratto alla madre a Morbio Inferiore e portato, per quasi un anno in Egitto. Oggi, davanti alla Corte delle assise correzionali di Mendrisio – presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti – è comparso il padre, ovvero colui che prese il bimbo e lo portò in Nord Africa. Sottrazione di minorenne l'accusa promossa nei suoi confronti dal procuratore pubblico Pablo Fäh. Un reato che il 45enne, nato a Il Cario ma ora di nazionalità svizzera, ha effettivamente commesso, tant'è che la Corte lo ha condannato a una pena di 16 mesi, sospesi per un periodo di prova di 4 anni.

La vicenda

La sottrazione del piccolo, avvenuta dal febbraio 2015 al 10 gennaio 2016 nasce, come emerso, da un rapporto sempre più incrinato con la ex moglie dell'imputato, difeso dall'avvocato Stefano Pizzola. Una storia d'amore, culminata con la nascita di Marwan (nel 2009), che nel corso del 2012 si deteriora, a tal punto che la donna chiede il divorzio. Sempre in quell'anno, tra i due si arriva anche alla violenza fisica, con un decreto d'accusa per lesioni all'indirizzo del 45enne. Nel mezzo, però, c'è il figlio affetto da una dermatite (elemento, quest'ultimo, che assumerà una certa rilevanza). E visti i rapporti difficili tra padre e madre ci sono le varie autorità, i permessi, le visite (anche negate). Il 5 febbraio 2015 la pretura permette al padre di poter portare il figlio in vacanza, per una settimana, senza varcare il Ticino. Due giorni dopo, però, il 45enne e Marwan volano in Egitto e non torneranno più in Svizzera sino al gennaio dell'anno dopo. Ma cos'ha spinto l'uomo a sottrarre il minore dalla madre e far perdere le proprie tracce in Egitto?

Le motivazioni: un'eczema 'che la madre non curava'

Alla base, ha detto in aula, ci sarebbe la dermatite, un eczema «che la madre non curava». L'uomo si sarebbe rivolto anche alle autorità per far sì che il bimbo venisse visitato da uno specialista «ma la mia ex moglie si opponeva sempre». Poi la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso: ovvero la scoperta di lenzuola sporche di sangue a causa del peggioramento dello stato di salute della pelle del bimbo. Nella mente dell'imputato una sola soluzione: portare Marwan in Egitto «per curarlo».

Ma se il motivo era quello di curarlo - dopo alcuni mesi, foto alla mano, l'eczema si era alleviato - perché rimanere in Egitto 11 mesi? «Stava meglio – la risposta dell'imputato al quesito della presidente della Corte – ma non era guarito al 100%. Inoltre mio figlio era contento in Egitto. C'era il mare e poi ha iniziato anche la scuola». Dichiarazione, quest'ultima, che di fatto stride con quanto verbalizzato durante l'inchiesta, ha evidenziato Verda Chiocchetti, ricordando come l'imputato avesse detto che se la ex moglie l'avesse chiamato il giorno dopo e se fossero riusciti a trovare un accordo per prendersi cura insieme del figlio, sarebbe tornato in Svizzera.

L'accusa: 'Voleva dettare lui le condizioni'

Ma allora, perché ha spento il telefono e si è reso irreperibile per sei mesi? Di fronte a tutto ciò, una risposta l'ha trovata il procuratore pubblico, il quale ha chiesto che il 45enne venisse condannato a una pena di 2 anni di detenzione (senza opporsi a un'eventuale sospensione condizionale per un periodo di prova di 4 anni).

«Si è giustificato con il fatto che voleva curare Marwan - ha sottolineato Fäh -. Ma qui dalla nascita era seguito dalla pediatra». La «reale motivazione è che voleva dettare lui le condizioni, che più nessuno gli dicesse come e quando vedere il figlio». Si è dunque macchiato di una colpa (sia dal lato soggettivo che oggettivo) «estremamente grave: un anno di allontanamento del figlio dalla madre, sei mesi senza dare alcuna notizia». Spinto - ha incalzato il pp - da un «movente egoista, incurante delle sofferenze che causava». Eppure poteva «agire diversamente: c'erano state delle aperture (da parte delle autorità ma anche nei confronti della ex moglie, ndr), doveva solo aspettare e avere pazienza. Ma ha preferito fare di testa sua».

Di una «giustificazione sanitaria falsa» ha parlato anche la legale dell'accusatrice privata (la madre di Marwan), l'avvocato Demetra Giovanettina: «Emerge dagli atti, il bambino era seguito da una pediatra. Le ragioni della partenza sono l'insofferenza alle regole disposte dall'autortià e il desiderio di usare la situazione del figlio un po' come un grimaldello, per ottenere dalla ex moglie quello che vuole».

La difesa: 'Escluso e in pensiero per il figlio'

Di avviso diverso l'avvocato Stefano Pizzola, che si è battuto per una pena massima di 90 aliquote giornaliere da 25 franchi l'una. Seppur riconosciuto il reato di sottrazione di minorenne, la difesa ha evidenziato il «sentimento d'ingiustizia» vissuto dall'uomo e la malattia del figlio. «Viveva la situazione come se la sua voce fosse inascoltata – ha riportato durante l'arringa –. Aveva l'impressione che la madre non facesse niente (per guarire il figlio dall'eczema, ndr)». Sino all'episodio delle lenzuola macchiate di sangue e alle richieste d'intervento fatte alla pretura. A cui si aggiunge «il suo desiderio di condurre i figlio in Egitto per le vacanze estive che viene totalmente rifiutato». Di fronte a questo «senso di esclusione» (la moglie, in aggiunta, comincia ad indicare con il cognome materno il figlio) e alla salute, il 45enne decide così di «portare il bambino a casa sua», in Egitto. Lì «Marwan migliora – fa presente la difesa –. Si integra bene. Tuttavia ha sempre saputo che sarebbe dovuto tornare dove il piccolo avrebbe potuto vivere con i due genitori». Ed infatti, 11 mesi dopo «Torna e non lo fa per nessun motivo che non sia l'interesse e l'amore che nutre per suo figlio». Per questi motivi, durante l'arringa sono state menzionate sue attenuanti specifiche da tenere in considerazione: la grave angustia («soggettivamente riteneva di non avere altre soluzioni») e il sincero pentimento (è tornato in Svizzera).

Un bambino 'strappato alla famiglia'

L'imputato «sa cosa significa il distacco da una persona cara perché l'ha vissuto sulla sua pelle quando ha perso, da bambino, il padre» ha dal canto suo sentenziato la giudice. Presidente della Corte che, di fatto, ha accolto l'atto d'accusa stilato dal procuratore pubblico. «Il suo intento – ha aggiunto – è stato quindi quello di controbilanciare una situazione che riteneva ingiusta». Pur comprendendo «il dispiacere di un padre nel non vedere liberamente il figlio, la soluzione non può essere quella di strapparlo dal contesto familiare». La soluzione – ha chiosato Verda Chiocchetti non riconoscendo le attenuanti specifiche – «erano le vie legali».