Bellinzonese

Abusi e maltrattamenti sui figli, padre condannato a tre anni

Uno da espiare e due sospesi con la condizionale per il 55enne che approfittò della piccola di cinque anni e picchiò gli altri due bambini

9 settembre 2020
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Tre anni di carcere: uno da espiare e due sospesi con la condizionale per quattro anni. Questa la pena inflitta al 55enne della Leventina giudicato colpevole dei reati di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere, atti sessuali con fanciulli, vie di fatto e violazione del dovere d’assistenza o educazione. Tra il 2018 e il 2019 l’uomo ha coinvolto la figlia di cinque anni in giochi erotici, inducendo la bambina a toccarlo nelle parti intime. Si parla di tre episodi, riconosciuti dall’imputato, il quale in sede d’inchiesta ha inoltre ammesso i maltrattamenti ai danni degli altri due figli, di età inferiore ai dieci anni, ripetutamente picchiati (pure con degli oggetti) tra il 2017 e il 2019. 

'Ha ammesso solo i fatti innegabili'

Quanto ai soprusi sessuali ai danni della bambina, il giudice Mauro Ermani, presidente della Corte delle Assise criminali, prima di pronunciare la sentenza ha nuovamente espresso dubbi sull’esattezza del numero degli episodi: l'impianto accusatorio è infatti riuscito a provarne tre, fondati su prove schiaccianti (registrazioni e testimonianze della moglie che in un'occasione aveva colto sul fatto il padre nella vasca da bagno insieme alla piccola). «Ha ammesso solo i fatti che non potevano essere negati. I verbali sono pieni di non ricordo e la Corte non può che non evidenziare come non sia assunto le proprie responsabilità di fronte alla giustizia», ha affermato il giudice.  

Oltre a confermare le richieste di risarcimento formulate dall’accusa privata rappresentata dall’avvocata Maria Galliani (4'000 franchi per la bambina e 1'000 per ciascuno degli altri due figli maschi), all’imputato è stato imposto di continuare il trattamento terapeutico per cercare di porre rimedio alle sue fantasie sessuali. A questo proposito, Ermani non ha risparmiato di rimarcare la «perplessità» per la decisione della magistratura di scarcerare il 55enne nel giugno del 2019 dopo tre mesi di carcere preventivo. Il giudice ha parlato di «scarso rigore» da parte dell'autorità giudiziaria nell'organizzazione del percorso terapeutico, che l'uomo aveva affrontato senza particolare impegno. Solo dal maggio 2020, ha aggiunto il giudice, ha iniziato a seguire la terapia con maggiore serietà. «Fino a quel punto l'imputato si è mostrato totalmente incapace di assumersi le proprie responsabilità». Per la Corte ne sono un esempio i messaggi mandati ai figli in seguito all'arresto: “è colpa della mamma se il papà non è più a casa”, aveva scritto. L'imputata considerava infatti il difficile rapporto con la moglie come l'origine di tutti i suoi mali. «Se nel mese di maggio non avesse cambiato atteggiamento, oggi le sarebbe stata inflitta un pena non distante dai quattro anni», ha detto all’imputato il giudice, il quale che non ha mancato di sottolineare la gravità delle azioni del 55enne, pur se i soprusi ai danni della bambina non rientrano nella sfera dei reati sessuali più gravi: «ha commesso delle azioni ignobili, declassando la figlia da persona a oggetto e sfruttandola per soddisfare i propri desideri sessuali. Aggrava la sua già importante colpa il fatto di avere abusato di una bambina a casa sua, nell’ambiente in cui doveva invece essere protetta».

'Contesto familiare privo di valori sociali' 

In merito ai maltrattamenti, si sono svolti in contesto familiare «di grande paura» e «privo di valori sociali», con moglie e marito che nonostante i tre figli concepiti «non hanno mai avuto una vera relazione sentimentale». In famiglia, ha continuato Ermani, l'imputato voleva che i ruoli fossero ben definiti: «era per lui inconcepibile che la moglie avesse altre esigenze oltre a quelle di cucinare e svolgere il proprio ruolo di domestica». Una situazione che si era aggravata negli anni dei soprusi sessuali e delle botte, con l'imputato che aveva deciso di affrontarla come «l'uomo di casa, diventando manesco per manifestare il suo disappunto. I bambini – ha continuato il presidente della Corte – temevano sistematicamente di essere picchiati con violenza. Egli è stato promotore di valore sbagliati, mettendo a rischio il loro sviluppo psichico e fisico. Poco importa se precedentemente presentavano già dei problemi comportamentali: un padre, che per i suoi bambini dovrebbe essere un esempio, ha invece sdoganato la violenza». 

Nella commisurazione della pena, oltre al parziale cambio di atteggiamento dell'imputato e al lieve rischio di recidiva, è stato considerato anche il valore più grande per il 55enne: il suo lavoro. «Una pena da espiare interamente glielo comprometterebbe; una pena interamente sospesa è però inimmaginabile perché vorrebbe dire sminuire le sue colpe». Ieri il procuratore pubblico Pablo Fäh aveva chiesto tre anni e nove mesi interamente da espiare, mentre la difesa rappresentata dall’avvocato Marco Cocchi si era battuta per una pena contenuta in due anni di carcere sospesi con la condizionale per quattro anni. Ora, una volta cresciuta in giudicato la sentenza, sarà il giudice dei provvedimenti coercitivi a decidere la modalità di espiazione della pena. L’uomo, arrestato nel marzo del 2019, aveva scontato circa tre mesi di carcere preventivo, prima di essere scarcerato. Le indagini erano scattate grazie ai sospetti della moglie che, dopo essersi consultata col pediatra, aveva deciso di rivolgersi alla polizia.