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Il Covid-19 fa cambiare la mobilità dei pendolari

Si usa meno il trasporto pubblico e più la bicicletta. Mentre l'auto perde terreno, ma per idealismo. Lo dice un sondaggio condotto fra i ticinesi

Pendolari, sotto a pedalare (Ti-Press)
24 giugno 2020
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La pandemia da Covid-19 ha lasciato il segno, dentro e fuori di noi. Sul piano interiore, ciascuno dovrà fare i conti con il proprio 'io'. Ma all'esterno il confinamento a cui ha costretto l'emergenza sanitaria ha modificato, e in modo deciso, anche il paesaggio: aria più limpida, strade più libere dal traffico. Il che ha istillato nelle persone - soprattutto nei pendolari chiamati a misurarsi con il percorso (a volte a ostacoli) fra casa e lavoro - la voglia di cambiare vita e abitudini. Ora che siamo tornati al nostro surrogato di normalità - fra mascherine e distanze fisiche, seppur accorciate - resterà solo un buon proposito? Si vedrà. Chi ogni giorno è alle prese con la mobilità locale sembra deciso a rivedere le sue consuetudini. Anche perché di mutamenti ce ne sono stati tra il prima e il dopo crisi da coronavirus.

A restituire uno spaccato di ciò che è stato e ciò che potrebbe essere nel prossimo futuro è il sondaggio online condotto fra cittadini-utenti del trasporto pubblico e automobilisti tra il 21 aprile e il 10 maggio scorsi. Il responso? Illuminante. A partire dal campione che ha aderito all'invito, significativo: a rispondere alle domande degli specialisti del settore sono stati in totale 1'724 persone e dai diversi angoli del Ticino. Volendo scattare una istantanea di quei giorni, in bilico fra una realtà limitata e tante speranze, ne esce l'immagine di ticinesi costretti a rimettersi in discussione, pure nel modo di muoversi sul territorio. Quanto alla mobilità, emerge un trasporto pubblico colpito al cuore a cui fa da contraltare una grande smania di pedalare. Anche se poter lavorare da casa non spiace affatto. Anzi, c'è chi ci ha preso gusto.

Fra timori e ideali

La paura di contagiarsi e la nuova onda verde (ma quella a diffonderla ci hagià  pensato la giovane attivista Greta Thunberg): se Stéphane Grounauer deve individuare due fattori all'origine delle nuove scelte quanto a mezzi di trasporto, eccoli lì. Lo dicono le opzioni indicate da chi ha risposto al sondaggio: "Un campione rappresentativo, omogeneo per distribuzione geografica e di sicuro interessante, oltre che utile per valutare le tendenze in atto", fa notare il responsabile Mobilità e trasporti della Comal, l'azienda che ha promosso l'iniziativa. "Certo - annota - resta da verificare se le persone saranno coerenti con le loro affermazioni". In ogni caso a causa del Covid-19 risulta che un lavoratore su 5 ha patito delle conseguenze sulla modalità di spostamento. Così come i vari mezzi di trasporto, in alcuni casi, hanno pagato pegno. "In effetti - ci spiega Grounauer -, la preoccupazione per il rischio di contagio ha penalizzato molto il trasporto pubblico. Il servizio su gomma, in particolare, vede un utente su 2 sperare in un'alternativa, quello su rotaia perderebbe un passeggero su 3". Di converso, guadagnano terreno le due ruote. "La bicicletta ne esce favorita, e in modo importante rispetto, ad esempio, all'auto, che perde posizioni anche sulla spinta ecologista, motivo di riflessione durante il 'lockdown'. In questo caso la bici assume un ruolo centrale e appare più sicura. Diciamo che questa esperienza inaspettata, d'un botto ha portato all'attenzione della gente tanti aspetti della quotidianità e dell'ambiente in cui viviamo ".

Il telelavoro, una ' opportunità'

Per certi versi incuriosisce gli specialisti anche il ruolo assunto, più per forza di cose che per scelta, del telelavoro. Partendo dai dati: la metà degli intervistati (il 47 per cento, per la precisione) ha dovuto lavorare da casa. E la nuova condizione ha fatto breccia. Se dovesse lanciare un messaggio a cittadini e amministratori, quindi, quale sarebbe alla luce dell'esito del sondaggio? "Che sarebbe un peccato sprecare questa esperienza legata al telelavoro: bisognerebbe farne tesoro. D'altro canto - rammenta Grounauer -, da anni si cercava di promuovere, anche con degli incentivi, questa modalità per risolvere un po' il problema degli ingorghi sulle strade, faticando a modificare abitudini radicate. Il confinamento ne ha mostrato pregi e difetti, ma ha altresì portato all'attenzione come, dosato nel modo giusto e gestendo i mezzi tecnici, il cosiddetto 'smartworking' potrebbe rappresentare una opportunità, a vantaggio pure della viabilità. Mi rendo conto che metterlo in pratica può essere complicato, ma in fondo questa emergenza sanitaria non ha fatto altro che mettere in evidenza e accelerare processi già in atto". Se servisse una spinta, a darla ci pensa poi il 29 per cento di chi ha partecipato all'indagine, che confida di poter continuare a lavorare da casa. Quota a cui si aggiunge un ulteriore 14 per cento speranzoso di poter 'aumentare la flessibilità degli orari di lavoro o studio'. Come sottolinea l'analisi, 'l'auspicio di cambiare il proprio rapporto con gli spostamenti quotidiani rispetto a prima del 'lockdown' è molto sentito', al pari della volontà di 'rimettersi in gioco' e migliorare davvero le abitudini di vita. "Riuscire a far riflettere e trarne vantaggio come società sarebbe bello", commenta Grounauer. Lasciando ai singoli e al mondo economico saper cogliere le 'opportunità di innovazione' offerte.

Desideri e aspettative

A infondere speranza, del resto, ci sono i desideri che gli intervistati hanno affidato, in un certo senso, al sondaggio. "Stare chiusi in casa - ribadisce il responsabile Mobilità e trasporti della Comal - ha obbligato, come detto, a fermarsi a riflettere". Più di tutto dalle cifre fa capolino il bisogno di tornare all'esistenza precedente (nel 46 per cento dei casi). Ma non manca chi - è il 7 per cento - confida di poter cambiare mezzo di trasporto. Volendo restare con i piedi ben piantati a terra, ammettono gli analisti, 'tra la speranza e l'effettiva possibilità di attuare un cambiamento possono esserci molti fattori inibitori". Quanto possibilità si danno i partecipanti? Qui il campione si divide, anche se, per il 40 per cento circa rimane 'possibilista', pur nella consapevolezza dell'incertezza in cui ci troviamo. Per il resto, un quarto ritiene i propri auspici 'poco realizzabili' e un terzo, per contro, 'certi o molto probabili'. Sta di fatto che riuscire a ripartire sarà già un successo. 

Treni InterCity: 'Il Ticino finisce a Lugano?'

L'interrogativo è legittimo. Non solo: il Consigliere nazionale Marco Romano ha pensato bene di metterlo sul tavolo del governo federale. A lui, cittadino (nonché municipale) di Mendrisio non è sfuggito, infatti, che il 'Progetto orario 2021' è stato pianificato e messo a punto ragionando su tre poli: Lugano, Bellinzona e Locarno. E Chiasso e Mendrisio? Per i politici del Distretto non è una novità, semmai è una conferma della direzione presa dalla politica dei trasporti su rotaia, almeno a lunga gittata. Che le Ffs pensino al lembo più a sud della Svizzera come a una realtà regionale a misura di Tilo, è chiaro da tempo. Una strategia che non sembra aver trovato resistenze ai piani alti, anche a livello cantonale. Nessuna fermata per gli InterCity da queste parti. Una scelta corroborata oggi dal nuovo orario.

Agli occhi di Romano il Progetto per il 2021 'esclude a priori e senza giustificazioni oggettive, relegandolo a soli collegamenti regionali peraltro penalizzanti per l’utenza negli orari di forte pendolarismo, il Mendrisiotto, con le Città di Mendrisio e Chiasso'. E questo nonostante da dicembre, con il varo della Galleria del Ceneri, 'la mobilità ferroviaria - ricorda lo stesso deputato del Ppd - , e con essa tutta la rete del trasporto pubblico ticinese, vivrà un cambiamento epocale con collegamenti più efficienti e di conseguenza interessanti per l’utenza'. Isomma, ce n'è quanto basta per chiedere conto della situazione locale al Consiglio federale, che si è visto recapitare due atti parlamentari: una interpellanza e una mozione. Se gli interrogativi vanno dritti al punto, la proposta traduce, nella sostanza, una rivendicazione. In effetti, il governo è 'incaricato di prevedere che il Mendrisiotto, tramite le stazioni ferroviarie di Mendrisio e/o Chiasso, sia inserito nella rete di collegamenti IC tra le città svizzere'.

Restano da capire (e farsi spiegare) le ragioni che hanno indotto a non prevedere delle fermate anche nel Distretto. Di più: dall'orario 2021 vengono cancellati i due convogli a lunga percorrenza che oggi fanno tappa la mattina presto e la sera tardi. Al Consigliere nazionale preme, quindi, conoscerne i motivi e soprattutto sapere se si tratta di una decisione definitiva e su 'quali argomenti poggia'. Altro punto è sapere se il Cantone si è fatto avanti; e in caso affermativo, perché non si è dato seguito alla sua richiesta. Appare con tutta evidenza che il Distretto vuole capire cosa gli manca per essere parte della rete che collega su rotaia le città svizzere.

Per Romano al Mendrisiotto, del resto, i numeri non fanno difetto: 51mila abitanti, 27mila addetti e 2'400 tra studenti e insegnanti all'Accademia di Architettura e alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera italiana. 'Alla stazione di Mendrisio - ricorda il parlamentare - fanno capo 10 linee di bus regionali e quotidianamente circa 7mila persone utilizzano le stazioni di Mendrisio e Chiasso'. Senza trascurare il fatto che 'la regione ha un tessuto economico e industriale molto sviluppato e internazionale; decine di migliaia di frontalieri quotidianamente si spostano dalle aree di Como e Varese'. Invece, rimarca, il 'Progetto orario 2021' sulla carta (e domani sulla rotaia) 'ignora' la presenza di veri e propri snodi (come lo è Mendrisio dal 2017) verso i capoluoghi di Varese e Como.

La conclusione è presto tirata per Romano: pensare che il Ticino termini a Lugano, almeno pe ri treni IC, rappresenta una situazione 'politicamente inaccettabile e ingiustificata nei fatti'. Morale: è 'opportuno e urgente aggiornare la guida TLD 'Principi e criteri per il traffico a lunga distanza' che poggia sul Progetto territoriale Svizzera' e fare posto pure al Mendrisiotto.