Tre anni e 9 mesi di carcere al 75enne che, nel marzo del 2018, con la propria auto investì il vicino di casa
Dallo sporco lasciato dal cane alla gestione dei parcheggi. Passando dai comportamenti che, per diversi condomini, non facevano parte delle ‘regole del buon vicinato’. ‘Beghe’ che, in una realtà di edifici residenziali con numerosi appartamenti, possono presentarsi. Ma un epilogo di questo genere nessuno lo avrebbe mai pensato. Per regolare i ‘conti’, infatti, il 9 marzo del 2018 si è passati dalle parole ai fatti (gravi). È questo il preludio a quanto accaduto a Stabio. “Non ragionavo più”, ha risposto oggi in aula l’imputato, un 75enne italiano da decenni residente in Svizzera che, in quel condominio, ha deciso di vivere, comprandosi un appartamento. Imputato, difeso dall’avvocato Gaia Zgraggen, che ha deciso di farsi giustizia da solo. In che modo? Investendo con la propria auto il vicino di casa che “creava problemi”. E per questo la Corte delle assise criminali di Mendrisio, presieduta dal giudice Mauro Ermani, lo ha condannato a 3 anni e 9 mesi per ripetuto tentato omicidio. Quel pomeriggio si è dunque arrivati al gesto che nessuno avrebbe mai voluto vedere. Ma che, in realtà, è stato ben ripreso dalle telecamere della videosorveglianza presenti e dal telefonino della moglie della vittima. La vittima – un 46enne – che fortunatamente, una volta investito, non ha riportato conseguenze fisiche gravi. Ma i filmati, rivisti in aula, non lasciano spazio ai dubbi. I fatti, il 9 marzo, sono cominciati con un alterco. Dalle parole si è passati a un contatto fisico durante il quale l’imputato ha avuto la peggio (cadendo a terra, si scoprirà a distanza di giorni, ha riportato la frattura di una vertebra). Lo scontro, però, non si è esaurito. Meno di due minuti dopo, infatti, il 75enne alla guida della propria auto prova a investire il 46enne. Tentativo fallito al quale la vittima risponde colpendo con un calcio l’auto dell’imputato. Una breve retromarcia ed ecco il secondo tentativo, ancora andato a vuoto. Poi il terzo: altra retromarcia e, questa volta, il 75enne investe la vittima, schiacciandola tra la propria auto e quella parcheggiata dell'antagonista. Tutto, come detto, ripreso da telecamere e telefonino.
Per l’accusa, rappresentata dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis (che ha ereditato l’inchiesta dal procuratore pubblico Antonio Perugini), non ci sono dubbi, si è trattato di ripetuto tentato omicidio. L'imputato «voleva eliminare l'inquilino», ha rimarcato durante la requisitoria. Un’azione che vale, secondo l’accusa, una condanna a 5 anni di carcere. Il tutto, tenendo conto dell’incensuratezza dell’uomo e della scemata imputabilità di grado lieve-medio ravvisata dal perito psichiatrico (“reazione acuta da stress di lieve gravità”, la diagnosi).
Di diverso avviso la difesa. L’avvocato Zgraggen, infatti, ha cominciato la propria arringa difensiva riportando numerosi esempi comprovanti la difficoltà (da parte di numerosi inquilini dello stabili) di convivenza che si erano palesati nei confronti della vittima e di sua moglie. «Agli atti i filmati dimostrano quanto accaduto – ha sottolineato la legale –. Quello che non emerge è la situazione di esasperazione che la vittima aveva creato. Un comportamento molesto e provocatorio. Non siamo in presenza di un imputato che un bel giorno si è svegliato e ha tentato di investirlo – ha proseguito –. Siamo di fronte a una reazione, spropositata ad una serie di angherie». Riconosciuti i fatti – una collaborazione accertata anche dalla pp –, Zgraggen si è comunque battuta per una pena di 12 mesi sospesi condizionalmente, puntando sul reato di lesioni semplici qualificate. Questo perché, alla luce dei fatti, la vittima «ha riportato 'solo' leggere contusioni alle gambe».
Perla Corte, invece, si è trattato di «triplice tentato omicidio – ha sentenziato il giudice Mauro Ermani nel motivare la condanna a 3 anni e 9 mesi di carcere –. Il tentare di investire ripetutamente un pedone è un agire che configura gli elementi costitutivi per il ripetuto tentato omicidio. È infatti evidente che – ha proseguito – la vettura è un’arma potenzialmente molto pericolosa. Capace di causare ferite potenzialmente letali. Se in concreto ciò non è avvenuto è stato solo per una buona dosa di fortuna. L’imputato – ha chiosato infine – ha dimostrato di essere pronto a sacrificare una vita umana pur di dar sfogo alle proprie frustrazioni».