Il direttore degli Istituti sociali del Comune, Maestrini, rinvia le critiche al mittente. 'Oggi i risultati ci danno ragione'
La pandemia da Covid-19 è stata, senza dubbio, un banco di prova doloroso, in particolare per le case per anziani. Il primo a saperne qualcosa è il direttore degli Istituti sociali di Chiasso Fabio Maestrini. Tutta la drammaticità dell'emergenza sanitaria la cittadina l'ha vissuta sulla propria pelle: è stata una delle sue (due) strutture a registrare i primi casi positivi, ma soprattutto a dover segnalare il primo decesso (a livello cantonale). Ecco che ritrovarsi faccia a faccia con le dolenti note di un drappello di dipendenti fa ancora più male. Anche perché, rivendica il direttore, a inizio marzo, agli esordi della crisi, si è reagito subito, ancor prima di ricevere le linee guida del Medico cantonale. Direttive, scandisce, peraltro «seguite e rispettate alla lettera». E quando si è trattato di informare o di rispondere alle sollecitazioni (anche dei sindacati), rammenta, non ci si è mai tirati indietro. «Diciamolo pure, ci abbiamo messo la faccia», rimarca Maestrini quasi a voler scacciare le ombre che qualcuno ha adombrato. Partiamo, allora, subito dal nodo della trasparenza. E qui, però, sgombriamo noi il campo: Chiasso non è fra le cinque sedi 'attenzionate' dalle autorità cantonali.
A fare effetto, almeno agli occhi di chi muove oggi delle critiche, sono state le note interne rivolte al personale, lette come una mossa per 'silenziare' quanto stava avvenendo con la diffusione del virus. Innanzitutto, è così? C'erano dei timori per il possibile contraccolpo sulla popolazione?
Premesso che in Ticino, in particolare in questi mesi, si è diffuso lo sport del senno di poi, di cui, si sa, sono piene le fosse, le nostre comunicazioni - la prima risale alla prima settimana di marzo ed è stata indirizzata anche al Municipio - erano volte, d'un canto, a richiamare i nostri operatori alla riservatezza, dovuta dalla professione, e al senso di responsabilità, e dall'atro a incanalare informazioni e comunicazioni verso un'unica figura. Per essere chiari: nessuna volontà di nascondere alcunché. Lo ribadisco: abbiamo sempre agito nel segno della massima trasparenza.
Passiamo alla gestione del personale. C'è chi ha lamentato la presenza di colleghi al lavoro anche con la febbre.
La tutela della salute di residenti e personale è sempre stata una priorità. A nessuno, febbricitante, è stato permesso di iniziare il turno di lavoro. A meno che ci sia stato qualcuno che non l'ha segnalato.
Un altro aspetto che ha fatto discutere è quello dei turni, unito al fatto di non aver diviso il personale addetto al reparto Covid-19 - e gli spazi comuni - da chi opera negli altri settori.
Siamo stati i primi a creare un reparto Covid-19 separato dagli altri, anticipando, di fatto, le disposizioni cantonali. In questo reparto lavora del personale dedicato, scelto per motivi di competenze, ma altresì di materiale protettivo a disposizione (dobbiamo razionalizzare le risorse). Aggiungo che quando a parenti (per l'ultimo saluto al proprio caro) o ad altre persone è stato permesso entrare, lo hanno fatto con una protezione adeguata. Tant'è che quando abbiamo sorpreso un collaboratore non autorizzato, lo abbiamo richiamato. Per quanto riguarda il carico di lavoro, sarei bugiardo e pure ingenuo se non ammettessi che c'è stato, c'è ed è importante e a tutti i livelli: dalla direzione all'amministrazione, dal settore alberghiero alla cura. È grazie all'impegno di ciascuno che il sistema ha retto e lo si è riconosciuto da più parti: dal direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa (che ci ha inviato una lettera) a scendere.
A suscitare qualche preoccupazione è stato anche l'uso del materiale protettivo: portare la stessa mascherina e lo stesso camice per otto ore filate, ad esempio. Avete avuto difficoltà a reperire quanto necessitava?
Diciamo subito, anche qui, che la durata del materiale è stata indicata dalle direttive cantonali. In ogni caso mai nessuno ha ricevuto strumenti scaduti o non conformi; come mai nessuno ne è rimasto sprovvisto. Da parte nostra non abbiamo avuto difficoltà a reperire quanto ci serviva: come Istituti ci siamo spesi per accaparrarci il necessario. Va detto che abbiamo distribuito mascherine e camici in sicurezza e secondo il bisogno. Anche perché spariva del materiale.
Dovendo tracciare un bilancio?
Inizio da un dato di fatto: siamo stati la prima struttura ad avere dei casi di coronavirus, ma oggi possiamo dire di non registrare più una situazione positiva. E continuiamo a effettuare i tamponi. Posso affermare, insomma, che i numeri ci stanno dando ragione: abbiamo preso la direzione giusta. Certo, lo ammetto, permane il timore, legato alla speranza di non veder riaprire una nuova crisi.