Parla una infermiera degli Istitituti sociali di Chiasso venuta a contatto con il Covid-19
Buongiorno direttore, sono un’infermiera che lavora nel Nucleo protetto presso gli Istituti sociali di Chiasso, questa mattina (giovedì, ndr) ho letto l’articolo uscito nella Sua testata e mi sono sentita indignata e offesa.
Io lavoro come tanti miei colleghi, con senso di responsabilità e animati da una coscienza, prima di tutto etica e poi professionale e in questo periodo così difficile abbiamo cercato di assicurare ai nostri residenti l’assistenza migliore. Noi, come chi ci dirige, abbiamo a cuore i nostri residenti e le loro famiglie, e cerchiamo di garantire la migliore assistenza possibile, cercando di preservare la loro unicità e mantenendo un clima familiare, tutto nella trasparenza di intenti e obiettivi. In questa pandemia, che ci ha colpiti inaspettatamente e per primi, la direzione si è assunta gli oneri per cercare di controllare e arginare i contagi.
È stata costituita una commissione che ha organizzato un piano di interventi dettagliati e mirati, attenendosi alle disposizioni cantonali che via via ci hanno accompagnati in questo periodo di crisi. Nei reparti sono stati attivati tutti gli interventi volti a contenere e prevenire la diffusione: la valutazione clinica e attenta osservazione dei residenti, l’isolamento e il distanziamento sociale, che nel reparto in cui opero non è stato facile, perché i residenti non sempre comprendono e ricordano le regole suggerite. Il nostro compito è stato quello, più che mai, di fare da tramite con le famiglie, attraverso la lettura di lettere e messaggi e organizzare video chiamate e telefonate, per mantenere la comunicazione tra i residenti e i loro cari.
Io le scrivo per fornire una testimonianza di dipendente contagiata in casa anziani. Purtroppo il virus con cui abbiamo a che fare ha un’alta diffusibilità e nonostante i mezzi di protezione, che ci vengono messi a disposizione, mi sono ammalata. All’inizio di marzo, quando si erano presentati i primi due casi, io avevo una sindrome da raffreddamento e la capocure mi ha consigliato di restare a casa e di monitorare i sintomi, e per fare ciò si è attivata, cambiando i miei turni di riposo e consentendomi di riposare per una settimana. In quel periodo non avendo riportato febbre e avendo assistito a una mia graduale ripresa di forma, sono rientrata al lavoro. La capocure, ha pianificato i miei turni evitandomi le notti, sapendo del mio stato di leggera indisposizione e caldeggiava me, come tutti i dipendenti, a riferire in caso di comparsa di sintomi e chiaramente ci invitata a rilevare la febbre almeno due volte al giorno. All’inizio del mese di aprile ho presentato dei disturbi più conclamati, pertanto in mancanza di valutazione da parte del mio medico curante, (che era in quarantena), la direzione mi ha invitata a farmi visitare dal medico competente, che ha richiesto un tampone per la diagnosi e sono risultata positiva al Covid 19. Sono ancora a casa in isolamento fiduciario, in attesa di effettuare i tamponi di controllo.
Volevo sottolineare che in tutto questo periodo la direzione e i colleghi, mi sono stati molto vicini, mi hanno sostenuta e si sono resi disponibili ad aiutarmi, fornendomi anche aiuti pratici. Il clima di lavoro in casa anziani è di piena collaborazione e fiducia. Volevo pubblicamente ringraziare la capodicastero del Comune di Chiasso, Roberta Pantani Tettamanti, il direttore degli Istituti sociali di Chiasso, Fabio Maestrini, e la capocure, Sonia Tettamanti. Non intendo smentire la voce dei collaboratori, che non oso chiamare colleghi, che hanno vissuto un’esperienza differente, ma specificare che ognuno guarda ciò che i propri occhi gli permettono di vedere.
Gentile signora Crivillaro, dice bene: ciascuno guarda con i propri occhi. Proprio per questo ogni testimonianza è preziosa e importante per capire meglio quanto sta accadendo attorno a noi, soprattutto in una situazione emergenziale che ha un po' 'travolto' tutti noi. Se poi questi racconti di vita quotidiana ci permettono di entrare in contatto, seppur a distanza, con una delle realtà che, più di altre, ha pagato un 'prezzo' socialmente ed emotivamente pesante al Covid-19, assumono ancora una valenza in più. Da cronisti, quindi, in questo come in altri casi abbiamo cercato di restituire uno spaccato della quotidianità e delle preoccupazioni fra le mura delle case per anziani ai tempi del coronavirus, certo attraverso la voce di un gruppo di operatori degli Istituti di Chiasso che non hanno, ne siamo convinti, la pretesa di parlare per tutti i colleghi. Infatti, quale doveroso complemento di informazioni - dovuto ai nostri lettori -, abbiamo sottoposto le criticità sollevate all'analisi del direttore, Fabio Maestrini. Del resto, l'intenzione, da parte nostra, non era di sicuro quella di mettere in discussione la dedizione con la quale il personale ospedaliero e sociosanitario si è speso, in particolare in questi ultimi mesi, per fronteggiare la crisi sanitaria. Personale al quale va la gratitudine della comunità ticinese. Nel ringraziarla, quindi, per aver condiviso con 'laRegione' la sua testimonianza diretta, le formuliamo i nostri migliori auguri di pronta guarigione
Daniela Carugati, caposervizio redazione del Mendrisiotto