Mendrisiotto

In aula un 'corriere' di droga fuori dai cliché

Trasporta 2 chili di eroina. Lui ammette. E la Corte delle Assise criminali di Mendrisio lo condanna a 3 anni e mezzo, ma riconosce la situazione familiare

(foto Ti-Press)
16 agosto 2018
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A prima vista la sua storia (giudiziaria) poteva sembrare un ‘déjà vu’. Il ‘solito’ corriere di droga finito nelle maglie dei controlli al confine sud della Svizzera. Quei quasi 2 chili di eroina, già confezionati in 4 ‘panetti’ e sistemati sotto la plastica di protezione del cofano nel vano motore della sua vecchia Mercedes, del resto, restituivano, da soli, quel ‘cliché’. Li aveva ricevuti in consegna da alcune persone in Montenegro, assieme alla promessa di ricevere in cambio 2mila euro (mille per chilo trasportato). La destinazione del carico? L’avrebbe saputa strada facendo, nel suo viaggio di ritorno in Belgio, Paese dove lui, 49 anni e origini albanesi, vive con la famiglia. A casa, però, non ci è arrivato: l’8 marzo scorso è stato fermato e scoperto al valico di Brogeda. Ed è finito in carcere. E lì sconterà i 3 anni e 6 mesi a cui la Corte delle Assise criminali di Mendrisio (in Lugano), presieduta dal giudice Marco Villa, martedì lo ha condannato. Sentenziando altresì che non potrà più mettere piede in Svizzera per 10 anni.

A quel verdetto (l’accusa propendeva per una pena sui 4 anni) l’uomo, difeso dall’avvocato Yasar Ravi, d’altro canto, era già preparato. Una volta scoperto, il marzo scorso, non aveva negato. Come martedì in aula, aveva ammesso la sua colpa. «Perché lo ha fatto?», è stata la domanda diretta del giudice. «Non era la prima volta che acquistavo da ‘loro’ 1 grammo di cocaina – anche a Chiasso gliene è stata trovata un po’ per consumo personale sotto la maniglia di una portiera del veicolo, ndr –. Mi hanno fatto la proposta; di guadagnare qualcosa. E non ci ho pensato». Che avesse necessità di denaro per la sua famiglia – due dei figli sono malati, uno in modo grave – è stato chiaro anche al Tribunale. Così come sono emersi in modo nitido i trascorsi di una vita travagliata e segnata da una faida familiare – che in Albania lo ha portato in prigione per qualche anno per omicidio – e da precedenti penali, tre in particolare per stupefacenti. Fatti che hanno insinuato il dubbio nella Corte che potesse trattarsi di un «‘mulo’ internazionale a disposizione dell’organizzazione». Dubbio conclamato pure nell’atto d’accusa, firmato dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri, nell’aggravante di aver agito, appunto, come membro di una banda dedita al traffico sistematico di droga e nei suoi vari alias.

«Fa parte del giro?», gli ha chiesto ancora senza giri di parole il presidente. «È tutto una coincidenza: mi sono trovato in mezzo a questa cosa». In effetti, riscontri effettivi non ve sono, tant’è che la Corte – «più per dovere di funzione» – ha prosciolto il 49enne da quell’aggravante (come dalla guida in stato di inattitudine). Sia chiaro, ha fatto capire il giudice, «la gravità dei fatti non cambia». Come persistono delle «zone più o meno nebulose del suo racconto». Di cortine fumogene sui suoi rapporti con i ‘mandanti’, invece, non ne ha sollevate. Allo stesso modo non si è potuto non tenere conto delle ricadute – anche fisiche: in carcere l’uomo ha perso 25 chili – che la lontananza dalla famiglia e i problemi di salute dei figli hanno avuto sull’imputato. Una situazione che ha indotto il giudice a consigliare al 49enne di chiedere di poter scontare la sua pena in Belgio, quindi più vicino ai suoi affetti.

«Non dico di essere un santo», ha riconosciuto a un certo punto l’uomo finito alla sbarra. Sin qui, ha lasciato intendere, ha cercato di sbarcare il lunario come ha potuto, finendo anche nei guai. Sbagli per i quali pagherà, anche stavolta. Per il futuro? C’è la promessa di un lavoro in Belgio. «Buona fortuna», è stato, a questo punto, l’augurio della Corte.