Pausa pranzo. Dopo una intensa mattinata scandita dalla testimonianza di Lisa Bosia Mirra, il giudice Siro Quadri chiude il dibattimento. Se ne riparla dalle 14, quando, chiusa l'istruttoria, darà la parola alle parti, per le arringhe di accusa e difesa. La procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, già nel corso della mattina, però, ha richiamato l'attenzione sui fatti. Quegli stessi fatti contestati nel decreto d'accusa – poi impugnato dalla co-fondatrice di Firdaus davanti alla Pretura penale – e che mettono l'accento sul fatto che la 43enne ha aiutato, in nove circostanze diverse, 24 persone, per lo più eritrei e siriani, a entrare in Svizzera per poi passare oltre, e puntare a nord, alla Germania.
«È lodevolissimo l'impegno umanitario di Lisa Bosia Mirra – ha precisato la pp –, ma qui si dibatte dei fatti così come esposti. E come sono stati riconosciuti». Poi la domanda: «Perché ha fatto da staffetta?». E la risposta: «Ero consapevole che, in qualità di granconsigliere, se queste persone fossero state prese, sarebbe stato un pasticcio. Più volte mi sono detta che non potevo e non dovevo fare questa cosa, ma, lo ribadisco, ero conscia delle conseguenze». Lisa Bosia Mirra, d'altro canto, è pronta anche a pagarne il prezzo. «Potevo rifiutare. Agire così ha un costo. Non agire avrebbe avuto un costo più alto rispetto a quello di essere qui, oggi, per essere giudicata».