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Taxi, tutti contro Uber che si mangia il mercato

La piattaforma attira le ire dei suoi stessi collaboratori: parte una petizione. Giro d’orizzonte, a tariffa dimezzata, nel settore sommerso dall’offerta

La protesta andata in scena a Lugano nel febbraio 2024
(Ti-Press)
28 marzo 2025
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Il modello Uber non è riuscito ‘soltanto’ a fagocitare il mercato a Lugano e in tutto il cantone. Pur ‘obbligando’ tassisti con licenza A (concessa dalla Città), e quelli senza, a iscriversi e, di fatto, a lavorare per la piattaforma informatica di trasporto, ha riunito tutti gli operatori che hanno quindi (apparentemente) fatto pace. Tutto ciò a favore di utenti e turisti, che approfittano di tariffe dimezzate. Ora, però, è stata lanciata una petizione contro Uber, che ha raggiunto un centinaio di sottoscrizioni e a firmarla ci sono anche gli stessi tassisti che collaborano con la piattaforma. Una petizione che getta benzina sul fuoco, in un contesto in cui l’offerta supera ampiamente la domanda. In ogni caso, la piattaforma si può permettere di andare in perdita, visto che è probabilmente più interessata all’acquisizione dei dati personali dei clienti.

Benefici per gli utenti, ma...

La raccolta di firme ci è stata segnalata da Matussi Suhail, attivo da anni nel settore, che si rallegra delle riduzioni dei prezzi, perché sono a beneficio di cittadini e turisti. Tuttavia, il mercato in profonda trasformazione genera inquietudine tra gli operatori, confrontati con la deregolamentazione. Quest’ultimo aspetto preoccupa da tempo Giangiorgio Gargantini, segretario cantonale di Unia: «Ci sono due sentenze del Tribunale federale. Entrambe hanno stabilito che il sistema Uber è illegale. La piattaforma deve assumere il ruolo di datore di lavoro e deve versare i contributi sociali previsti dalla Legge». Secondo Unia, «queste sentenze dovrebbero mettere fine al modello Uber, che considera come indipendenti gli autisti che trasportano persone. Come mai non vengono applicate? Unia ha denunciato la situazione anche in Ticino, perché alla base di queste sentenze ci sono le denunce e le mobilitazioni organizzate dal sindacato a Ginevra e al Canton Vaud. Porto avanti il lavoro fatto dai miei colleghi. Ritengo problematico il fatto che Uber possa lavorare nonostante queste sentenze». Continua il segretario di Unia: «Uber ha dimostrato, prima di ottenere l’autorizzazione a operare in Ticino, che il modello che utilizza tiene conto delle decisioni del Tribunale federale, quindi assume un ruolo di datore di lavoro, paga le assicurazioni sociali, mette la sua percentuale per l’Avs, per il secondo pilastro e le varie assicurazioni o no? Se la risposta fosse negativa, è normale che lavori?» Gargantini mette in evidenza che «il modello di lavoro di Uber è basato su un falso statuto di indipendente per fare in modo che il datore di lavoro si possa sottrarre ai suoi obblighi di legge e questa problematica potrebbe a breve essere riscontrata anche in altri settori».

Non ci sono soluzioni in vista

Abbiamo girato questi quesiti al direttore della Divisione dell’economia, che ci rimanda alla risposta fornita dal Consiglio di Stato a un atto parlamentare presentato da Yannick Demaria, deputato socialista, sottolineando “che il segreto d’ufficio non permette di entrare nel merito di fattispecie puntuali”. La risposta si limita a riferire di casi analoghi “di ‘impiego’ attraverso piattaforme online, per le quali non è sempre evidente stabilire la relazione giuridica tra le parti ed effettuare un’analisi della conformità aziendale con le norme federali e cantonali di diritto del lavoro”. E la Città come reagisce? Karin Valenzano Rossi riconosce la questione e si rende conto dei limiti: «Stiamo ragionando se e in quale maniera eventualmente modificare l’ordinanza municipale. È giusto interrogarsi, ma di soluzioni, al momento, non ne abbiamo. Stiamo monitorando la situazione che pone alcuni problemi aggiuntivi a un contesto già complicato. Se tutti collaborano con Uber, di fatto l’ordinanza municipale è superata. Però ha ancora un senso perché riguarda la concessione di un numero determinato di stalli, che sono commisurati al fabbisogno e al numero di autorizzazioni concesse». A livello cantonale, è in consultazione la mozione targata Udc, presentata dai deputati Tiziano Galeazzi e Roberta Soldati, che riprende la precedente depositata dall’allora deputato leghista Giancarlo Seitz. In estrema sintesi, l’atto parlamentare propone al Cantone di prendere le redini della gestione dei taxi, con una nuova legge e un nuovo regolamento, riattivando il gruppo intercomunale, chiamato a trovare una soluzione unica, come una centrale operativa da far gestire a privati, per gli operatori, eliminando le categorie.

È necessario regolamentare il settore

Abbiamo chiesto un parere a Massimo Frassi, esperto del settore. Rispetto a Uber, «sta danneggiando parecchio il mercato. Però, il punto non è quello. Non serve attaccare Uber: comunque vada, di fronte a questo colosso internazionale, anche se i sindacati riuscissero a ‘vincere la partita’, Uber pagherebbe le eventuali sanzioni e resterebbe su questo mercato». Qual è il punto allora? «La politica dovrebbe creare un tavolo di concertazione, con un gruppo di lavoro che includa persone attive nel settore per presentare una proposta di legge per regolamentare il servizio. Altrimenti, non sarà possibile contrastare queste applicazioni – risponde Frassi –. Uber non è l’unica, c’è anche Bolt, che opera a Zurigo e potrebbe arrivare in Ticino. Siamo di fronte a un cambiamento radicale del modo di prenotare i servizi taxi, che non sono più quelli della centrale di una volta. Serve un regolamento chiaro, anche a livello fiscale, perché non è possibile che in Ticino i tassisti vengano tassati sulla base di due franchi al chilometro, mentre a Lucerna la tassazione è su 0,78 centesimi».

Come finirà la vertenza

D’altra parte, Frassi prevede come finirà la vertenza: «Uber non assumerà mai direttamente i conducenti, ma farà accordi con agenzie che dispongono di una propria flotta e di dipendenti. Saranno quindi queste agenzie a versare i contributi sociali, mentre il fatturato generato attraverso Uber rientrerà nei bilanci di queste società». Secondo il nostro interlocutore, attaccare Uber serve a poco, perché «i tassisti sono già penalizzati dall’ordinanza municipale e dalla caotica mobilità, che frena lo sviluppo economico e il fatturato della categoria. Inoltre, l’Ufficio della disoccupazione continua a finanziare start-up per l’acquisto dei dispositivi da installare sulle auto, lanciando persone sul mercato in balia della sorte, senza un’esperienza o preparazione adeguata e che dopo sei mesi o chiudono l’attività o per sopravvivenza deteriorano maggiormente il mercato. A Lugano ci sono più tassisti che abitanti».

Un altro aspetto criticato, continua Frassi, «sono le continue multe per i dischi dei tachigrafi installati nelle vetture, un sistema non utilizzato in nessun’altra parte del mondo, poiché i legislatori non lo ritengono uno strumento adatto alla categoria, che lede il diritto di concorrenza con i vettori esteri e deprezza il valore stesso dei veicoli». Frassi suggerisce un’alternativa alle classiche petizioni, che finiscono per far sentire importanti i politici senza risolvere il problema: «Se tutti i tassisti decidessero di tenere spenta Uber per 3 o 4 giorni scelti a caso, la piattaforma diventerebbe di fatto inservibile. Il cabotaggio è vietato, quindi i conducenti provenienti da oltre confine non potrebbero entrare a coprire il servizio. Così si creerebbe un precedente per tutte le altre applicazioni che intendono operare in Ticino».