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La pandemia e i valori che vanno ricuciti

Il caporeparto infermieristico del Cardiocentro di Lugano, Raffaele Mautone, ha ricevuto la Benemerenza della salute pubblica nel ricordo del Covid-19

Le mascherine
(Ti-Press)
17 marzo 2025
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Nel 2020 Raffaele Mautone, di origini napoletane e residente nel Comasco, era infermiere di emodinamica al Cardiocentro di Lugano. Il Covid-19 stava iniziando a stravolgere le nostre vite e la nostra quotidianità, ingabbiando molte persone in respiratori e abitazioni. Con la paura della pandemia, il dolore delle perdite, la limitazione delle nostre libertà, si è vissuto un periodo fra i più complicati e bui della storia della medicina ticinese. A cinque anni dalla prima comparsa del coronavirus, quelle fatiche e quei sacrifici, sulle spalle di tutto il personale infermieristico e medico, trovano un prezioso riconoscimento. È il titolo di benemerito della salute pubblica di cui è stato investito Mautone, attraverso la figura del prefetto di Como Corrado Conforto Galli, con lo scopo, fin dai suoi esordi a metà dell’Ottocento, “di manifestare la gratitudine verso coloro che si sono prodigati per alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite dalle epidemie che flagellavano (e continuano a flagellare, ndr) l’Europa e il mondo”.

Quali sentimenti si provano nel ricevere uno dei premi più prestigiosi per la sua categoria professionale?

Lavoro al Cardiocentro da undici anni dove, dal 2023, sono caporeparto infermieristico del servizio di cardiologia interventistica. Il 12 febbraio con un decreto del presidente della Repubblica italiano, Sergio Mattarella, mi è stata conferita la “Benemerenza della salute pubblica”, un prestigioso riconoscimento a 5 anni dalla pandemia, un premio che dà forma alla sostanza e che premia tutti gli infermieri che durante il periodo pandemico in Ticino hanno dato dimostrazione di un grande senso di responsabilità e di umanità. Questo premio sottolinea l’efficacia dei servizi sanitari e delle strategie politiche che in Ticino hanno avuto un ruolo centrale per uscire dall’emergenza riscoprendo anche uno spirito condiviso di sacrificio da parte della popolazione.

Cosa le ha lasciato il periodo del Covid?

La pandemia ha avuto un impatto emotivo molto profondo, ho visto esempi straordinari di solidarietà e di sacrificio, la capacità della comunità di unirsi e sostenersi, il parlare attraverso il noi invece che con l’io, l’essere più inclusivi e interconnessi, valori che più ci allontaniamo dalla pandemia e più vanno a svanire… Questo premio ci ricorda la necessità di non dimenticare, di dover ricucire questi valori ormai sempre più sbiaditi. Personalmente mi è rimasta la consapevolezza che ‘tutti insieme si vince’.

Quale ricordo si porta nel cuore di quel febbraio 2020 quando il mondo si fermò?

Il coraggio ‘contagioso’ negli ospedali di uomini e donne. Infermieri, medici, direzione, amministrativi, magazzinieri sono stati un esempio di grande eroismo e altruismo che ricorderò con affetto.

Varcare il confine, in quei giorni, per recarsi al Cardiocentro è stato un gesto di coraggio e altruismo. Crede che il cittadino comune si sia reso realmente conto di tale dono?

L’ho ripetuto diverse volte, tanti infermieri hanno varcato il confine sapendo magari di rientrare a casa solo dopo diversi mesi, lasciando i propri affetti in Italia, soprattutto con la tanta incertezza di come sarebbe andata a finire. Eppure il grande senso di responsabilità e di rispetto verso la popolazione ticinese ha vinto. Lo rifarei altre mille volte! Ricordo che nel parcheggio del Cardiocentro c’era ad accoglierci il direttore Massimo Manserra e il capo infermieristico Stefano Bernasconi, è bastato uno sguardo per dirci tutto. E in questi anni ho percepito l’affetto dei cittadini attraverso piccoli gesti di riconoscenza e gratitudine.

Trova cambiata la sua professione nel prima e dopo la pandemia?

Il cambiamento tra il prima e il dopo la pandemia, a mio avviso, tocca soprattutto l’aspetto mentale. Ciò ha portato una maggiore consapevolezza del ruolo cruciale degli infermieri nel sistema sanitario svizzero. Inoltre la capacità di doversi adattare ai continui cambiamenti organizzativi che la pandemia ci costringeva a mettere in atto, oltre ad aver portato un aumento di stress e carichi di lavoro, ha evidenziato la necessità di supporti psicologici e di benessere del personale sanitario nel loro luogo di lavoro. Un messaggio che voglio in particolare dedicare è rivolto ai giovani: fare l’infermiere oggi offre l’opportunità di svolgere un ruolo fondamentale nella società e di contribuire al benessere e alla salute delle persone attraverso l’aspetto sì professionale, ma anche umano.

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