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Parco solare al Tamaro ‘ha tutti i requisiti necessari’

Alessio Mina, capoprogetto dell'impianto previsto all'alpe Duragno, smentisce gli argomenti sollevati nelle opposizioni e nei ricorsi

Il rendering del progetto previsto all’alpe Duragno
(S’Rock Sa)
7 novembre 2024
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Ha tutte le carte in regola per ottenere le autorizzazioni ed essere realizzato il progetto di parco solare Duragno sulle pendici del Monte Tamaro. Ne sono convinti i promotori che stigmatizzano gli argomenti sollevati nei ricorsi e nelle opposizioni, di cui abbiamo riferito nell’edizione del 31 ottobre. Al di là del fatto che le contestazioni verranno valutate nel merito e giuridicamente, il capoprogetto, l’ingegnere Alessio Mina vuole fare alcune precisazioni e sottolinea il rispetto delle procedure di protezione ambientale che sono obbligatorie anche con la procedura del Solarexpress per impianti di importanza nazionale.

Al Ria hanno lavorato vari professionisti

Cominciamo dal Rapporto di impatto ambientale (Ria), che gli oppositori considerano lacunoso. «Il Ria è imposto a questi tipi di progetto, rientra nella procedura e c’è anche una legge chiara che definisce quali devono essere i suoi contenuti e quali aspetti devono essere considerati – spiega Mina –. Il Ria, che considera tutto il progetto (acque sotterrane e superficiali, flora e biotopi, fauna, suolo, agricoltura, rifiuti, radiazioni ecc.) è stato commissionato a uno studio specialistico ticinese che si chiama EcoControl. Per realizzarlo, questa società ha coinvolto diversi esperti (dall’ornitologo all’ingegnere ambientale) e ha fatto anche il monitoraggio nell’arco di un anno. Per valutare l’impatto sul paesaggio e ridurlo al minimo, hanno lavorato architetti paesaggisti e c’è stato un accompagnamento da parte di vari professionisti. Il risultato è un lavoro, non solo sulla carta, perché sono stati eseguiti monitoraggi, sopralluoghi e rilievi di flora e fauna».

‘La strada esiste già ed è carrozzabile’

Tra le altre contestazioni, si parla anche di un sentiero pedestre che i promotori vorrebbero trasformare in una strada di accesso. In merito, il capoprogetto precisa che «uno dei punti di forza del progetto e del sito individuato è la logistica: Armasuisse ha un cantiere in corso sulla montagna all’interno dell’edificio dell’antenna e per questo Armasuisse ha installato una teleferica di cantiere provvisoria, che è già in funzione. Quindi, le 4’000 tonnellate di materiale dell’impianto verranno trasportate con questa teleferica di cantiere. Non ci sarà alcun andirivieni di veicoli pesanti». Non solo. Per ridurre l’impatto del cantiere ed evitare i trasporti del personale con l’elicottero, la documentazione presentata prevede «di utilizzare la strada che la Swisscom ha realizzato negli anni Ottanta per costruire l’antenna. Una strada che già esiste ed è carrozzabile. Il problema di questa strada è che ha bisogno di 5 o 6 interventi puntuali di messa in sicurezza perché in due punti è crollata una parte e in altri tratti sono franati dei sassi sulla strada. Quindi, non verrà costruita una nuova strada. Gli interventi di messa in sicurezza non modificano né il tracciato, né il calibro, né la larghezza della strada che già esiste».

Compensazioni su 9,4 ettari sul posto

Ricorrenti e oppositori sostengono che le misure di compensazione sono state proposte a diversi chilometri di distanza in una zona del Monte Camoghè. «Non è vero che si è rinunciato alle compensazioni sul posto. Il Ria ha valutato tutti gli aspetti e propone, come detto, sia misure da attuare in fase di cantiere che tre interventi di compensazione – sostiene il capoprogetto –. Due di questi sono in prossimità del parco solare nella stessa valle Duragno e riguardano un’estensione di 9,4 ettari, quindi superiori alla superficie occupata dal parco. La compensazione prevista sul Camoghè rappresenta una misura supplementare ma quindi non è l’unica. È stata proposta al Monte Camoghè, dove esiste un prato secco d’importanza nazionale che, se curato, ha un grande potenziale ecologico. Questa misura, peraltro è stata concertata con le autorità cantonali». Per ridurre l’impatto sul paesaggio, sono state inoltre integrate le indicazioni dalla Fondazione svizzera per la protezione del paesaggio. Inoltre, prosegue Mina, «il Cantone ci ha chiesto di eseguire un monitoraggio del reale impatto che potrebbe avere dell’impianto negli anni successivi alla costruzione. Non essendoci esempi concreti di progetti di parchi solari alpini, il Ria ha considerato prudenzialmente la peggiore delle ipotesi in un’ottica conservativa, in merito al potenziale effetto sulle specie che potrebbero essere toccate dal parco».

Il nostro interlocutore ribadisce che, dallo scorso mese di maggio, il progetto è portato avanti da un consorzio composto dalle Aziende industriali di Lugano (Ail) Sa, da Ebl Genossenschaft Baselland (la cooperativa elettrica di Basilea-Campagna) e da investitori privati ticinesi (tra cui la S’Rok Sa). Al Comune di Mezzovico-Vira è stata inoltre offerta l’opzione di una partecipazione del 10 per cento al capitale della futura società che costruirà e gestirà l’impianto. Nelle opposizioni si punta il dito sul fatto che l’energia del parco verrebbe primariamente utilizzata dalle aziende della famiglia del promotore. «Il problema delle energie rinnovabili e questa è una delle critiche di chi si oppone alla transizione energetica cioè che spesso non sono modulabili né programmabili – spiega Mina –. In altre parole, il parco produce quando c’è il sole ma sulla rete elettrica ci vuole sempre un bilanciamento tra produzione e consumo. Come un proprietario di casa cerca di massimizzare l’autoconsumo anziché vendere l’energia alla rete, anche qui è importante consumare vicino, localmente e temporalmente, alla produzione. Nelle opposizioni viene visto in chiave negativa. Invece, noi lo intendiamo in chiave positiva: una quota, comunque inferiore al 20%, viene consumata dagli utilizzatori in prossimità della rete che sono Swisscom, Armasuisse, Capanna Utoe, Monte Tamaro Sa e Splash&Spa».

Concretizzazione non a rischio

Il capoprogetto rileva inoltre che l’Associazione liberi pensatori della Carvina non ha mai preso contatto con i promotori del parco solare e che non risulta citata nei ricorsi inoltrati. Mina sottolinea invece che Wwf, Pro Natura Ticino, la Società ticinese per l’arte e la natura (Stan) e la Fondazione svizzera per la protezione del paesaggio hanno analizzato il progetto e deciso di non contestarlo. Una delle opposizioni al progetto è invece stata presentata dalla fondazione Helvetia Nostra. L’altra opposizione e i due ricorsi, uno al Tribunale amministrativo cantonale (Tram), l’altro al Consiglio di Stato, sono stati presentati da un privato. I promotori vogliono pure chiarire che il Comune di Monteceneri è interessato dal progetto unicamente su una linea elettrica interrata tra Manera e l’Alpe Foppa. L’approvazione di una linea elettrica è di competenza dell’Ispettorato federale degli impianti a corrente forte e necessita solo del consenso del proprietario del terreno, ossia il Patriziato di Rivera, al quale è stato presentato il progetto. L’Ufficio presidenziale si è già espresso positivamente e l’assemblea dovrà esprimersi prossimamente. A livello di tempistica, il capoprogetto ritiene che le contestazioni non dovrebbero mettere a rischio la concretizzazione del parco solare.

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