Tre avvocati difensori contestano l’ipotesi di truffa ai danni dell'istituto. I controlli non spettavano all’ex direttore della succursale luganese
«La responsabilità dell’erogazione di crediti di costruzione non spettava all’ex direttore della filiale luganese di Banca Wir». Lo ha ribadito a più riprese nella sua arringa l’avvocato Eero De Polo, che tutela Yves Wellauer, 55enne, accusato di ripetuta truffa per mestiere quantificata in oltre 25 milioni di franchi ai danni del suo datore di lavoro, l’istituto di credito. La parola è passata alle difese, oggi, al maxi–processo sul caso Adria Costruzioni e sono stati sollevati altri dubbi e tesi che potrebbero incrinare il castello accusatorio nei confronti dei sette imputati. Prima di De Polo sono intervenuti Niccolò Giovanettina, legale del 55enne e Patrick Bianco, legale del 44enne, nei confronti dei quali la procuratrice pubblica Chiara Borelli, ha chiesto, per il primo, una pena di 18 mesi di detenzione, sospesi per due anni e di due anni di reclusione sospesi per il secondo.
Giavanettina e Bianco hanno invece rivendicato il proscioglimento degli imputati. Bianco ha pure chiesto alla Corte delle assise Criminali di Lugano, presieduta dal giudice Marco Villa (giudici a latere Emilie Mordasini e Monica Sartori-Lombardi, più alcuni assessori giurati) il risarcimento delle spese legali. «Peccato non conoscere l’ammontare dell’indennizzo che ha ricevuto banca Wir per i presunti atti illeciti commessi dall’ex direttore della filiale luganese», ha detto l’avvocato Bianco, che ha contestato il nesso di causalità tra l’agire di Wellauer e il danno patrimoniale all’istituto di credito. Il legale del 44enne ha messo in evidenza che il suo assistito non ha mai nascosto nulla alla banca e non era a conoscenza di ciò che è successo dopo l’erogazione del credito. Secondo Bianco, nell’atto d’accusa e agli atti non ci sono prove a dimostrazione dell’ipotesi di reato di correità nella truffa a Wir, prospettata dalla pp. Del resto, nemmeno il 55enne imputato aveva consapevolezza delle relazioni bancarie tra i Cambria e la banca, gli ha fatto eco Giovanettina. Gli avvocati hanno rilevato che nell’operazione immobiliare di Paradiso e Pregassona, per le quali sono stati accusati, gli imputati non hanno avuto un coinvolgimento determinante. Il 44enne era il promotore che in seguito ha ceduto ed è stato liberato da Wir, mentre al 55enne interessava che il cantiere potesse continuare, tanto che ci ha messo i suoi soldi e quelli suoi amici.
In seguito, ha preso la parola l’avvocato De Polo, che ha sottolineato come sin dall’inizio, l’inchiesta abbia lavorato in maniera unilaterale per dimostrare il danno nei confronti di Wir, ma non sono mai stati sentiti tutti i dirigenti della sede centrale di Basilea. Wellauer, ha continuato De Polo, ha sempre dichiarato che la competenza della liberazione dei crediti di costruzione spettava al Back Office di Basilea. L’avvocato ha citato le severe norme di funzionamento degli istituti di credito, che sono imposte dalla Finma, l’autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari. Si tratta di regole ben precise, che precisano i requisiti operativi per la gestione dei rischi e dei controlli di ogni singola operazione. In altre parole, sono i principi e i criteri da ossequiare nella gestione e nella sorveglianza delle strutture e dei comportamenti dei dirigenti. Principi che, ha aggiunto De Polo, prescrivono una rigida separazione di competenze. L’avvocato ha contestato il rimprovero messo a Wellauer, secondo il quale, l’ex direttore di filare avrebbe tradito e sfruttato il rapporto di fiducia tra lui e il suo datore di lavoro: «Il Back Office deve decidere in totale indipendenza, affinché si possano evitare errori. Il principio dei quattro occhi prevede il controllo accurato di ogni istanza, non si può sostenere che ci si deve fidare». Di conseguenza, se questo lavoro non è stato fatto la banca è perlomeno corresponsabile. Agli atti, ha ricordato De Polo, a confermare la fondamentale separazione tra gli operatori bancari al fronte e quelli che lavorano al Back Office c’è anche il rapporto di Deliotte, una più grandi aziende di revisione al mondo.
Inoltre, De Polo ha citato il diritto bancario, affrontando gli aspetti generali oggetti e soggettivi, rispetto al reato di truffa di cui è accusato Wellauer. L’avvocato ha sottolineato come ogni singola richiesta di credito debba essere sottoposta a un’analisi approfondita a più livelli e da più persone, anche sulla sostenibilità finanziaria del cliente. I controlli avrebbero dovuto essere maggiori. Anche se il gruppo Cambria fosse raccomandabile, non cambia il dovere di verifica». De Polo ha richiamato l'organigramma della banca che prevede proprio una divisione delle competenze bancarie proprio per garantire un'accurata verifica: «È la struttura stessa dell’istituto di credito a smentire l’atto d’accusa, dal punto di vista dl legale. Qualcuno avrebbe dovuto accorgersi se qualcosa non fosse stato in regola». L'avvocato ha posto l’accento sul fatto che in questo caso, «il reato di truffa necessiti di un inganno astuto nei confronti di una decina di dirigenti di banca di Basilea. Nella denegata ipotesi che ciò fosse riconosciuto, c’è perlomeno una chiara corresponsabilità della banca perché è venuta meno al suo dover di controllo».
Agli atti, ha messo in evidenza l’avvocato, ci sono pure le dichiarazioni dei dirigenti di Wir, secondo i quali i controlli non sono avvenuti come avrebbero dovuto. De Polo ha sostenuto che addirittura c’è di più: «In un verbale di riunione del CdA di banca Wir è lo stesso presidente del Consiglio di amministrazione ad ammettere che la banca ha commesso errori incomprensibili e che d’ora in poi il cliente Cambria dovrà essere supportato meglio e che fino a quel momento il controllo non avesse funzionato in maniera adeguata. Il presidente del CdA aveva anche detto che non era necessario separarsi dal cliente Cambria, bastava adottare alcuni correttivi per migliorare i controlli». Poi, come ha dichiarato Filippo Cambria, interrogato in merito lo scorso giugno, il giovane dirigente di Adria venne convocato a Basilea dai vertici di Wir, che gli chiesero spiegazioni sullo stato di avanzamento dei cantieri e sulle questioni legate ai pagamenti».
A proposito di questo aspetto, stando alle parole di Cambria, i dirigenti di Basilea avrebbero riconosciuto l’errore della banca che concesse ad Adria Costruzioni Sagl e AF Invest di incassare tutti i proventi su un unico conto corrente. Quale maniera per migliorare le modalità di controllo, era stato concordato di aprire conti in franchi e in Wir per ogni singola società e operazione. Allora, i dirigenti di Basilea di banca Wir, compreso il Ceo, erano perfettamente a conoscenza di tutti cantieri, dei vari crediti e delle vendite. Inoltre, De Polo ha ricordato che a Basilea si tenevano «riunioni appositamente convocate per l’approvazione dei crediti, come si evince dalla dichiarazione a verbale dell’allora direttore generale di Wir». Ecco perché non sussisterebbe alcun inganno astuto. L’avvocato continuerà la sua arringa domani.