Lo ha richiesto la procuratrice pubblica Chiara Borelli per evitare il pericolo di fuga, mentre si sono opposti i tre avvocati difensori
C’è un pericolo di fuga, per cui occorre che siano messi in detenzione Yves Wellauer, ex direttore di banca Wir, Filippo e Adriano Cambria ex dirigenti di Adria Costruzioni, appena dopo la sentenza, nel caso in cui venisse pronunciata una pena detentiva da espiare nei loro confronti. La procuratrice pubblica Chiara Borelli ha formulato la richiesta oggi alla Corte delle assise criminali di Lugano. Il giudice Marco Villa ne ha preso atto, mentre si sono opposti gli avvocati difensori dei tre principali imputati al maxiprocesso ricominciato lunedì. Gli interventi di accusa e difesa rappresentano l’antipasto della requisitoria e delle arringhe: la pp chiederà una condanna superiore ai cinque anni di reclusione nei confronti di Wellauer, di papà e figlio Cambria, le difese invocheranno il proscioglimento dei tre prevenuti.
Borelli approfondirà giovedì la sua richiesta, che si fonda sul pericolo che i tre principali imputati possano sottrarsi a un’eventuale esecuzione della pena, fuggendo all’estero. Un pericolo che sussisterebbe anche per il 55enne, ha detto Borelli, perché l’ex direttore della filiale luganese di Wir, sebbene sia di nazionalità svizzera, ha fatto sapere che trascorre il tempo libero e la vacanze nel Paese d’origine della moglie, nei Balcani. Quella della pp è apparsa una richiesta esagerata a Eero De Polo, legale del 55enne, che si è sempre messo a disposizione degli inquirenti in questo lungo procedimento penale. Wellauer è cittadino svizzero, ha sempre vissuto in Svizzera, dove lavora e per la professione viaggia in diversi istituti medici nel Paese, ha sostenuto l’avvocato, mettendo in evidenza che anche la moglie del 55enne è svizzera ed è impiegata in Svizzera. Di conseguenza, non c’è alcun pericolo di fuga, ha sostenuto De Polo, che si è riservato la possibilità di approfondire l’argomento in sede di arringa.
Carlo Borradori, legale del 34enne Filippo Cambria, non ha nascosto disagio e sgomento nell’apprendere la richiesta formulata dalla pp. A quasi dieci anni dai fatti, questa rappresenta, per certi versi, una sorpresa. Tutti gli imputati si sono trovati un’altra professione e hanno, di fatto, cominciato una nuova vita. Invece, è necessario che un’eventuale sentenza di condanna possa crescere in giudicato, ha affermato l'avvocato. Il ritardo del procedimento non si può certo attribuire alla difesa, visto che sono stati ben due gli atti d’accusa rimandati al mittente dal Tribunale penale. Il primo lo aveva firmato l’ex procuratore generale John Noseda nel 2016, il secondo è stato firmato dalla pp Borelli il 30 giugno 2021. Filippo Cambria, che ha trascorso tre mesi e mezzo in carcere preventivo, ha proseguito Borradori, vive ora in Italia solo per esigenze famigliari, ma sono anni che lavora in Svizzera, per cui non è vero quanto affermato da Borelli che non avrebbe legami con il territorio e che il suo interesse per la Svizzera sia squisitamente affaristico. Gli ha fatto eco Sabrina Aldi, legale di Adriano Cambria, 61 anni. L’avvocata si è opposta perché il suo assistito si è presentato al processo già in giugno, nonostante risieda in Italia e malgrado il rischio di subire una condanna penale da espiare. Aldi ha chiesto alla Corte il rispetto del principio di proporzionalità e di tener conto delle circostanze attenuanti: l’età e lo stato di salute di Adriano Cambria. A quasi dieci anni dai fatti, una carcerazione di sicurezza appare sproporzionata, bisogna che l’effetto sospensivo sia riconosciuto, in caso di ricorso, fino al Tribunale federale. Invece, Borelli ha sostenuto che il 61enne vive in Italia, non ha patito un giorno di detenzione e potrebbe sottrarsi alla condanna.
Nel frattempo, la fase dibattimentale di assunzione delle prove è quasi giunta al capolinea. In mattinata, il giudice Marco Villa ha prospettato le corpose istanze di risarcimento a tutti gli accusati, che non le hanno riconosciute. Tra queste, spicca la pretesa di banca Wir, che si è costituita accusatrice privata e rivendica oltre venti milioni di franchi. Non ha mancato di far storcere il naso degli avvocati difensori neppure la parcella presentata dai legali dell’istituto di credito, che supera i 2,3 milioni di franchi. Inoltre, la Corte ha acquisito agli atti l’accordo siglato tra Wir e l’assicurazione, attraverso il quale la banca ha ricevuto una somma di indennizzo per il danno patrimoniale subito. Una somma, tuttavia, non quantificata. Non c'è il rischio di un sovra-indennizzo a favore dell’istituto di credito, ha chiarito la legale Mariella Orelli. Alcuni avvocati difensori hanno espresso perplessità in merito e non la pensano allo stesso modo. Intanto, perché non è stato possibile dire quanto ha ricevuto Wir e se quindi è stata tacitata, in parte, o completamente. L’avvocato Nadir Guglielmoni, che tutela l'imputato 44enne con un ruolo minore nella vicenda, si è opposto all’acquisizione dell’accordo tra l’assicurazione e la banca, perché questo tema coincide con l’istanza probatoria presentata in giugno e respinta dalla Corte. Permettere a una parte di produrre tale documento rimette in discussione la decisione presa dalla Corte in giugno, ha sostenuto Guglielmoni. Di più, questo equivale a delegare a una parte, alla quale si lascia il libero arbitrio senza concedere la possibilità alle altre parti di verificare cosa sia rilevante ai fini del giudizio. Questo modo di procedere è in contrasto con il diritto, secondo l’avvocato.
Nel dibattimento celebrato lunedì, l’ex direttore della filiale di Wir non ha riconosciuto l’accusa di truffa contenuta nell’atto d’accusa aggiuntivo firmato da Borelli. Il caso è quello relativo al cantiere per le tre palazzine della residenza Rivasole a Riva San Vitale. Tre palazzine andate all’asta nel giugno scorso e aggiudicate a banca Wir, per 3,3 milioni di franchi, a fronte di un valore di stima di 6,7 milioni. Adria Costruzioni non è coinvolta in questa vicenda. L’ipotesi accusatoria che riguarda il filone principale del procedimento, lo ricordiamo, sostiene che una parte dei crediti di costruzione destinati ai cantieri delle società di Filippo e Adriano Cambria siano stati concessi dall’istituto di credito, che sarebbe stato ingannato, anche dal suo ex direttore 55enne, alla ditta che li avrebbe usati impropriamente, per finanziare altre operazioni immobiliari e per spese personali dei due dirigenti. Le accuse nei loro confronti vanno dalla truffa per mestiere e ripetuta amministrazione infedele aggravata, all’appropriazione indebita fino alla concorrenza sleale. Complessivamente, l’impresa di costruzione, però, ha ottenuto circa 115 milioni di franchi da Wir. Gli altri quattro imputati avrebbero avuto un ruolo minore in tutta questa storia, che probabilmente riserverà ancora qualche sorpresa, in occasione delle arringhe dei sette difensori.