Dal Fondo per la solidarietà al programma specifico: le misure messe in atto dall’università per accompagnare i giovani nell’integrazione accademica
Anche l’Università della Svizzera italiana ha aperto le porte ai rifugiati. L’Usi, infatti, grazie ai propri progetti a sostegno dell’integrazione di studenti con statuto di rifugiato meritevoli, ha dato l’opportunità negli ultimi quattro anni a 10 studenti provenienti da Ucraina, Turchia, Iran e Siria di frequentare i corsi accademici come uditori e i corsi di lingua, insieme agli altri studenti. Inoltre, nell’anno accademico 2023/24 35 studenti con statuto di rifugiato hanno iniziato una formazione universitaria regolare. Ne abbiamo parlato con Maurizia Ruinelli, responsabile del progetto e collaboratrice del servizio Relazioni internazionali e mobilità.
Lo scorso maggio l’Usi ha vinto un bando finanziato dal fondo ‘Progetti per i rifugiati nelle scuole superiori’ promosso da Perspectives-Études per l’implementazione di un programma specifico (intitolato InclUSIone) per il periodo 2024-26. «Questo finanziamento, per un periodo di 2 anni, ci permetterà di assumere una persona che lavorerà esclusivamente a questo progetto». L’essenza di queste misure viene spiegata da Ruinelli come un’opportunità di integrazione nella comunità Usi attraverso, per esempio, l’accesso ai servizi agli studenti (per esempio la tessera studente, servizio sport, servizio pari opportunità, eventi dedicati). «Lo studente ammesso al programma uditore ha accesso ad alcuni corsi curriculari e ai corsi di lingua italiana o/e inglese, per raggiungere i requisiti linguistici necessari all’ammissione». I riscontri degli studenti che hanno preso parte al progetto pilota dalla sua prima attuazione nel 2022 hanno avuto un ruolo importante nello sviluppo di questa seconda fase. «Anche se i numeri non sono elevati, siamo contenti dei risultati che abbiamo raggiunto, e hanno confermato la necessità di un progetto più strutturato».
L’università è interessata sia all’integrazione, sia all’accompagnamento durante gli studi. Il sistema universitario svizzero ha le sue peculiarità e per qualcuno che arriva da fuori «si evidenzia la necessità di un orientamento e un accompagnamento anche nel seguire tutte le procedure di iscrizione». Ruinelli sottolinea però come sia importante «accompagnare gli studenti con statuto di rifugiato anche durante il loro percorso di studio».
«I requisiti devono essere gli stessi per tutti. Non ci sono delle facilitazioni a livello di requisiti di entrata. In taluni casi si può eventualmente concedere un’eccezione nella verifica dei documenti richiesti, se questi sono stati tradotti o persi». Dal punto di vista finanziario, uno studente con statuto di rifugiato ha diritto a una riduzione della retta in linea con il regolamento delle ammissioni dell’ateneo. Per gli ucraini con il permesso S è stato inoltre istituito un Fondo di solidarietà che ha reso possibile sostenere con delle borse di studio un numero cospicuo di studenti. «Ora il ‘Fondo di solidarietà’ è stato esteso a studenti con comprovate difficoltà finanziarie». Il progetto vorrebbe accompagnare anche un’altra categoria di studenti rifugiati: quelli iscritti regolarmente, che attualmente sono 35 (di questi, 28 con permesso S). Tra gli strumenti per l’integrazione si prevedono programmi di mentoring e tutoring e attività extracurriculari dedicate. Oltre al livello istituzionale, anche altre componenti dell’Usi sono attivate. «A sostegno degli studenti ucraini è nata dall’iniziativa di una studentessa ucraina l’associazione studentesca ‘Student Association for Ukraine’ con la quale il servizio collabora su progetti specifici».
Quasi tutte le discipline offerte all’Usi sono disponibili per gli studenti con il permesso di rifugiati. Attualmente, la facoltà che conta il maggior numero di studenti con statuto di rifugiato è la facoltà di Informatica, verosimilmente perché tutti i corsi sono tenuti in lingua inglese. Sebbene il finanziamento al nuovo progetto InclUSIone si esaurirà nel 2026, le azioni che verranno attivate non termineranno. Uno degli scopi che ci si prefigge di raggiungere è «istituzionalizzare le misure e i programmi e integrarli nei processi esistenti».
Il progetto permette l’accesso a quasi tutte le materie. La più gettonata dagli studenti ucraini è Informatica. Secondo la responsabile, c’è facilità con la lingua perché «sono più le persone che conoscono l’inglese a un livello buono, piuttosto che l’italiano». Ivan ha 19 anni, è arrivato quasi due anni e mezzo fa dall’Ucraina, dove ha già finito il secondo anno di università in remoto. Si è iscritto al progetto per i rifugiati all’Usi. Gli abbiamo chiesto quali sono le sue impressioni.
«All’inizio è stato uno shock, non capivo bene la lingua. Ma è stato interessante. Ho capito che volevo imparare. Quello che mi è piaciuto di più è forse il modo nel quale si tengono le lezioni: i professori non si limitano a leggere il materiale, ma preparano una presentazione, raccontano e fanno degli esempi. In Ucraina, la presentazione del materiale è diversa». Ivan racconta inoltre che la sua integrazione nel nuovo Paese è stata accelerata con la partecipazione al progetto e l’opportunità di frequentare le lezioni. In un anno ha avanzato il suo italiano dal livello A1-A2 al B2, perché ha frequentato i corsi d’italiano, soprattutto quelli all’Usi, che gli sono stati utili per imparare la grammatica e saper parlare. Nel suo percorso di un anno come uditore, che fortunatamente per lui è stato pagato dalla borsa di studio, ha capito le cose che gli sembrano importanti nel nuovo ambito scolastico. «Per i primi due mesi è stato molto difficile, i professori parlano molto velocemente. In seguito, sono riuscito a prendere il ritmo. Bisogna prendere questo impegno sul serio».