Sette imputati per un ‘buco’ di svariati milioni di franchi dopo il clamoroso fallimento, nel 2015, della ditta edile che aveva sede a Pregassona
Un lungo periodo di tempo dai fatti, ben sette imputati e una voragine economica che si aggirerebbe sulla trentina di milioni di franchi, oltre alla perdita di lavoro per una cinquantina di lavoratori. Sono questi gli ingredienti del maxiprocesso sul caso Adria Costruzioni, che comincia stamattina. La società con sede a Pregassona era attiva nell’edilizia ed era cresciuta parecchio in termini di cantieri e dipendenti. Fino al fallimento, decretato nel 2015, che suscitò un grosso clamore e fece scattare un’inchiesta penale che si è trascinata per tanti anni, forse troppi.
Anomalo è il luogo in cui si svolgerà il dibattimento: è stata scelta la sala del Consiglio comunale di Paradiso per fare spazio ai numerosi avvocati degli imputati, ai legali che rappresentano gli accusatori privati, agli assessori giurati, ai media e probabilmente ai diversi cittadini interessati alla storia. La Corte delle Assise criminali di Lugano sarà presieduta dal giudice Marco Villa (giudici a latere Emilie Mordasini e Monica Sartori-Lombardi). Il processo si protrarrà per alcuni giorni. A sostenere l’accusa sarà la procuratrice pubblica Chiara Borelli, che ha ereditato l’incarto dall’ex pp Andrea Minesso, che a sua volta lo riprese dal compianto procuratore generale John Noseda.
Ai sette imputati è prospettata, a vario titolo, una lunga serie di reati, che vanno dalla ripetuta truffa per mestiere alla ripetuta amministrazione infedele aggravata; dalla cattiva gestione alla complicità in frode fiscale; dalla ripetuta amministrazione infedele aggravata alla ripetuta concorrenza sleale; dalla appropriazione indebita alla ripetuta falsità in documenti e alla frode fiscale. Gli imputati principali, però, sono tre: l’ex direttore della succursale luganese della banca Wir Yves Wellauer e gli ex titolari di Adria Costruzioni e altre ditte a loro riconducibili (nel frattempo fallite), Adriano e Filippo Cambria (padre e figlio). Tra le ipotesi accusatorie prioritarie figura quella che attribuisce all'ex direttore dell’istituto bancario luganese l'avvenuta concessione di crediti di costruzione, per diversi progetti immobiliari, pur sapendo che non vi erano le necessarie garanzie finanziarie. I crediti di costruzione, una volta ottenuti, sarebbero stati in parte usati impropriamente.
Ottenuto il primo prestito, i due dirigenti di Adria Costruzioni si sarebbero presentati nuovamente dal dirigente dell’istituto di credito, millantando di possedere mezzi finanziari propri, quando in realtà le somme esibite non erano altro che le cifre ricevute a credito. La strategia si sarebbe ripetuta per una quindicina di volte per somme a sei zeri, generando così l’insanabile voragine. Decine di milioni di franchi le somme prestate dall’ex dirigente della banca Wir e mai più rientrate. La complessa vicenda giudiziaria conosce anche, tra i suoi capitoli, quello riguardante Novazzano, dove avrebbe dovuto sorgere l’Adria Village: un complesso di 25 villette (le modine spuntarono nel 2014). Un progetto faraonico del quale era rimasto solo lo ‘scheletro’, dopo il fallimento di Adria Costruzioni e l’arresto dei due dirigenti.
Un fallimento, quello della ditta di costruzioni, che ha lasciato alle spalle una voragine di decine di milioni di franchi. Le cifre precise, anche in merito ai debiti stimati alcuni anni fa dall’Ufficio fallimenti e sugli oltre cento creditori che hanno avanzato pretese nei confronti della società, emergeranno nel processo che comincia oggi. Lo scandalo edilizio e finanziario era scoppiato nell’ottobre del 2015, quando i sindacati Ocst e Unia avevano inoltrato in Pretura un'istanza di fallimento della ditta, perché da qualche mese non versava più gli stipendi ai dipendenti.