Luganese

Lugano, ladri d'arte condannati a tre anni

La Corte ha stabilito che i due hanno tentato di appropriarsi delle opere. Dovranno rimborsare oltre 100mila franchi a testa

In sintesi:
  • ‘Non hanno mai avuto intenzione di restituire i quadri’ ha detto il giudice
  • Hanno truffato una nota galleria d'arte luganese
L’unica arte era quella della truffa
(Ti-Press)
21 dicembre 2023
|

«Non avevano alcuna intenzione di restituire le opere d’arte dopo che ne sono entrati in possesso». Si è espresso così il giudice Amos Pagnamenta, durante la lettura della sentenza nei confronti dei due cittadini italiani, un 60enne residente in Russia e un 65enne domiciliato a Lugano, accusati di essersi illecitamente appropriati di diverse opere, a scapito soprattutto di un gallerista del Luganese. Contrariamente a quanto sostenuto dal difensore del 60enne Felice Dafond, non si tratterebbe dunque di un «pasticcio» amministrativo, ma di una vera e propria appropriazione indebita, imputazione a cui vanno aggiunte quella di falsità in documenti e truffa. Il 65enne è stato inoltre condannato per aver beneficiato illecitamente dei crediti Covid concessi dallo Stato, a cui ha potuto accedere grazie all’aiuto – seppur marginale – del 60enne, che lo ha aiutato a produrre fatture false per giustificare la richiesta.

Il 60enne è stato dunque condannato a una pena detentiva di tre anni, di cui 18 mesi sospesi per due anni, mentre il 65enne a tre anni di carcere, di cui 22 mesi sospesi, sempre per due anni. Entrambi dovranno inoltre rimborsare centinaia di migliaia di franchi. Il 65enne dovrà restituire i circa 100mila franchi di crediti Covid ricevuti illegalmente, mentre il 60enne dovrà rimborsare due delle sue vittime per circa 120mila franchi, oltre alla famiglia del gallerista (nel frattempo deceduto). La quota di risarcimento verrà decisa in sede civile.

‘Tutta una messinscena’

I due imputati erano venuti in possesso delle opere del gallerista, con l’impegno di rivenderle ma dopo la morte di quest’ultimo, avevano dichiarato a suo figlio, che si trattava di opere false e che volevano essere rimborsati della caparra che avevano versato. Quando però il figlio della vittima ha chiesto di riavere le opere, i due hanno affermato di averle vendute a un sedicente avvocato italiano, producendo anche documentazione falsa per provare la transazione. Entrambi chiesero poi all’erede della galleria di consegnargli immediatamente i certificati di autenticità (seppur non fosse chiaro di quali opere dato che il gallerista non registrava le transazioni in maniera accurata), altrimenti sarebbero stati costretti a chiedergli 600mila franchi come compenso. Questa richiesta spinse il legale della famiglia, Marino Di Pietro, ad aprire un procedimento penale, il quale ha portato all’apertura dell’inchiesta, condotta dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli, e al conseguente arresto dei due imputati nell’aprile del 2023. I due hanno continuato a confermare la vendita dei quadri, fino al ritrovamento di questi in un deposito a Caslano. Ritrovatisi con le spalle al muro, gli imputati hanno dunque ammesso che la vendita fosse solo una messinscena, per mettere pressione e farsi consegnare i certificati di autenticità. In seguito, il 65enne, difeso dall’avvocata Francesca Piffaretti-Lanz, ha pure ammesso di aver cercato senza successo di vendere alcuni quadri, proprio per mancanza di questi certificati.

Prendi i quadri e scappa

Il 60enne ha anche truffato due donne, costituitesi accusatrici private, che dovranno essere rimborsate. A una di loro ha venduto un quadro per 60mila franchi, per poi riprenderselo con la scusa che lo avrebbe fatto restaurare, facendosi dare altri duemila franchi per il servizio offerto. Anche all’altra donna ha venduto un quadro per la medesima cifra, opera che però la vittima non ha mai visto, poiché l’imputato le aveva promesso di rivenderlo, promettendole un lauto guadagno, ovviamente mai avvenuto.

Leggi anche: