Luganese

Bruciò l’auto del suo medico: Mon Repos conferma la condanna

Il 60enne domiciliato nel Locarnese aveva già provato a ricorrere in Appello, ma anche la Carp lo ha ritenuto colpevole di incendio intenzionale

Tracce di Dna sull’accendino
(Ti-Press)
21 giugno 2023
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Condannato in primo grado e successivamente dalla Corte di appello e revisione penale (Carp) per incendio intenzionale, il 60enne del Locarnese che nel 2015 diede fuoco all’auto del proprio neurochirurgo, ha presentato ricorso anche al Tribunale federale (Tf). Tentativo però fallito: Mon Repos ha respinto la richiesta dell’uomo di essere prosciolto dall’imputazione. Come i giudici cantonali, anche il Tf non ha nutrito dubbi sulla sua colpevolezza, ritenuta certa. Viene dunque confermata la condanna di 12 mesi sospesi condizionalmente per un periodo di prova di due anni.

Sminuisce gli elementi a suo carico

L’uomo, difeso dall’avvocato Stefano Steiger, criticava sostanzialmente l’accertamento dei fatti e la valutazione delle prove da parte della Carp, sminuendo la rilevanza degli elementi a suo carico. Il giudizio di condanna trae origine dal fatto che il medico aveva eseguito nel 2006 un intervento chirurgico sul 60enne, che non aveva tuttavia avuto il decorso auspicato.

Il paziente: ‘Chi la fa l’aspetti’

Motivo per il quale il paziente ha iniziato a nutrire nei suoi confronti un forte risentimento, dimostrato anche dai messaggi minatori che gli aveva inviato, accusandolo di averlo reso invalido: da se non avesse ricevuto i soldi avrebbe "fatto un disastro" a "chi la fa l'aspetti" continuando con "le preparo io la sorpresa". Sorpresa che effettivamente c’è stata, ma non nella sua connotazione positiva.

La notte tra il 17 e il 18 marzo 2015 l’uomo si recò infatti davanti alla casa del neurochirurgo, residente nel Luganese, munito di tanica di benzina e accendino, incendiandone poi l’auto e causando un danno di oltre 75mila franchi. Nonostante l’uomo avesse affermato che il suo stato di salute non gli avrebbe permesso di affrontare una trasferta in macchina di oltre 100 chilometri quella notte, erano state già evidenziate le prove del Dna sull’accendino rinvenuto vicino a quanto è rimasto del veicolo. Versione dunque, quella del 60enne, che non combacerebbe con la misteriosa migrazione del materiale genetico.

A ogni modo, l’accertamento della Corte cantonale secondo cui il ricorrente nutriva un forte sdegno nei confronti del medico, patrocinato dall’avvocato Yves Flückiger, che era convinto di avere subìto un’ingiustizia che andava risarcita, è per il Tribunale federale vincolante.