L’ex deputato prende atto della mancata rielezione, mentre sul crollo esorta il movimento a correre da solo o a dettare i termini del futuro accordo
Non è ancora tempo di bilanci per Giancarlo Seitz, anche se l’età (78 anni) avanza inesorabile. L’ex deputato in Gran Consiglio della Lega dei Ticinesi conta di restare attivo a livello comunale ad Agno, dove dirige il Dicastero sicurezza. Dopo tre legislature nel Parlamento cantonale, l’ha presa sportivamente la mancata rielezione. Non sono bastati i 18’204 voti ottenuti che l’hanno relegato a quinto subentrante, mentre quattro anni fa, ne aveva ottenuti 26’186, risultando il terzo subentrante (poi entrato in carica al posto di Amanda Rückert che ha lasciato per via della nomina a responsabile del Servizio giuridico di Lugano).
«Rispetto alle origini, della Lega dei Ticinesi è rimasto solo il nome», dichiara Seitz. Come interpreta il risultato negativo del suo movimento? «La Lega deve liberarsi dall’accordo con l’Udc, lo sostengo da ben otto anni». Non è troppo tardi adesso? «Abbiamo un vantaggio – replica Seitz –. Tra qualche mese ci sono le elezioni federali... Senza di noi, Marco Chiesa non sarebbe mai stato eletto a Berna nel 2019. Non siamo tenuti a lavorare per l’Udc, dobbiamo ringraziarli per la collaborazione, ma abbiamo alle spalle trent’anni di politica. Dobbiamo avere il coraggio di guardare indietro per dare un futuro al Paese e metterci a disposizione del cittadino: meglio soli che male accompagnati». Anche per le elezioni comunali tra un anno? «Secondo me sì, oppure che sia la Lega a dettare le condizioni di un futuro accordo».
La Lega dovrebbe insomma voltare pagina: «Ho sempre preferito le collaborazioni alle congiunzioni (o liste uniche), perché dietro queste ultime c’è spesso l’opportunismo», dice Seitz. In merito ai risultati negativi del movimento di via Monte Boglia, Seitz ritiene «che la campagna elettorale sia stata troppo centralizzata sui due consiglieri di Stato uscenti Norman Gobbi e Claudio Zali: è importante avere i generali ma occorre anche l’esercito: in Gran Consiglio l’emorragia è stata significativa». In generale, e questo vale per tutti i partiti, «non ci sono più i leader, come Giuliano Bignasca, o Pier Felice Barchi e Giuseppe Buffi (per il Plr, ndr)», sostiene Seitz che, con il suo particolarissimo sistema delle etichette portate agli eventi elettorali, ha intuito che alle recenti elezioni non sarebbe andata bene: in questa tornata ne sono rimaste troppe.
Tornando alla sua mancata rielezione, Seitz commenta così: «Sa, sono stato in una dozzina di associazioni sportive e ho sempre detto ai giovani, che la prima cosa da imparare, quando si pratica sport, è accettare la sconfitta. Poi si ricomincia. Avrei potuto fare un po’ più di campagna elettorale. Sono sereno, il verdetto del Popolo non si discute. Continuerò a lavorare in Municipio». A livello comunale, il capodicastero Sicurezza pubblica tiene parecchio all’idea di creare una polizia unica del Malcantone: «Sono molto contento della Malcantone Est, cominciammo con quattro agenti, ora sono 17. Abbiamo un comandante in gamba (Patrice Delévaux) e negli ultimi anni abbiamo integrato 5 o 6 agenti, che erano attivi nella Polizia cantonale».
Una carriera politica anomala quella di Seitz, che cominciò nel 1988, quando aveva ancora la panetteria in città e il Plr lo convinse a candidarsi: di famiglia massonica e liberale accettò e venne eletto. Ricorda l’elezione celebrata al Canvetto Luganese e, con affetto, il collega di Consiglio comunale Giancarlo Re: «Una brava persona, intelligente, molto preparato e modesto». Dopo diverse legislature come membro del legislativo cittadino, uscì dal partito, per la questione legata al domicilio, fondò il movimento ‘Lugano domani’, poi se ne andò ad Agno, «dove entrai nei socialisti (che storcevano il naso perché arrivavo dal Plr) fino alla chiamata di via Monte Boglia».
Comincia così un’altra storia, più recente. «Dovrò sempre ringraziare Giuliano Bignasca, che mi telefonò, nel 2011, invitandomi in via Monte Boglia a sottoscrivere il mio inserimento in lista». Seitz aveva conti in sospeso con il Plr, che l’aveva abbandonato ‘costringendolo a emigrare’ ad Agno, e diede le dimissioni dai socialisti, senza fornire spiegazioni su consiglio dell’ex municipale Ps Giovanni Cansani, per ragioni personali: «Giovanni è stato un mio grande amico, mi ha insegnato a fare politica».
Dodici anni fa la Lega era ancora il movimento delle origini, che nacque nel 1992 «al Grotto del Bosco a Gentilino, dove Giuliano Bignasca, Flavio Maspoli, Angelo Paparelli svilupparono l’idea del partito. All’inizio non volli entrare perché conoscevo bene il Nano e lo ritenevo uno scriteriato, ma bisogna riconoscere che ebbe il fiuto politico, riuscì a coinvolgere Giorgio Salvadè e grazie a lui ebbe il sostegno di Comunione e liberazione e soprattutto Marco Borradori, che nel 1992 era un perfetto sconosciuto, poi divenne un punto di riferimento».
In quegli anni, ricorda Seitz, «mi battei a fondo per il salvataggio del Canvetto Luganese. Venni a conoscenza di un progetto in cui erano coinvolti i vertici del Plr e l’allora sindaco di Lugano, che prevedeva la vendita dello stabile Mizar, che era di proprietà della Posta, all’Ubs e li smascherai in Consiglio comunale. Tra le battaglie che ricorda con piacere, spicca «l’iniziativa lanciata nel 1990 per salvare l’Ospedale Italiano (la Lega si accodò due anni dopo) e riuscimmo a convincere il consigliere di Stato Giuseppe Buffi».