Luganese

Messicani alla Tri-Star: contratti due giorni prima di partire

Diciotto operai latinoamericani ‘ospiti’ e il direttore accusati di infrazione alla Legge federale sugli stranieri, dopo una segnalazione di Unia

Azienda nella bufera
(Ti-Press)
22 marzo 2023
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Quasi 8’000 franchi di multa, il divieto di lavoro per gli operai ‘ospiti’ in formazione e un’inchiesta penale per infrazione alla Legge federale sugli stranieri. Sono pesanti le conseguenze del controllo congiunto di Polizia cantonale, Polizia Malcantone Est e Ispettorato del lavoro, effettuato stamattina alla Tri-Star Electronics di Bioggio. Già alla ribalta della cronaca a causa della chiusura e della delocalizzazione in Messico, nuova tegola per l’azienda attiva nel settore dei contatti elettrici. Casus belli: i diciotto messicani inviati in Ticino dalla casa madre, la statunitense Carlisle Interconnect Technologies, per un periodo di formazione in vista del trasferimento della produzione nel loro Paese, previsto entro fine 2023. Una formazione per la quale non avrebbero le dovute autorizzazioni.

‘Mancavano le notifiche d’impiego’

L’azienda di Bioggio è finita nel mirino degli inquirenti dopo una segnalazione sindacale. «Durante le consultazioni relative alla delocalizzazione – ci spiega il segretario di Unia Sottoceneri Vincenzo Cicero – è emersa la questione delle formazioni e ci è sorto il sospetto che non fosse tutto in regola. Abbiamo chiesto di fare delle verifiche e da queste è emerso che non ci fossero delle notifiche di impiego, necessarie anche per una formazione pratica come questa. In sostanza questi lavoratori non figuravano da nessuna parte, è come se non esistessero. E quindi sono stati fatti approfondimenti ulteriori che hanno portato al controllo». Il controllo, precisano Ministero pubblico e Polizia cantonale in una nota, ha comportato l’interrogatorio dei diciotto operai, come anche del direttore dell’azienda. Al termine degli interrogatori, da nostre informazioni, gli indagati sono stati tutti multati (400 franchi a testa) ed è stato emesso un divieto di lavoro per i messicani.

‘Abbiamo agito in buona fede’

«Avevamo ricevuto indicazioni verbali dal nostro avvocato alcune settimane fa che, configurandosi come formazione, non erano necessarie notifiche – precisa a ‘laRegione’ il direttore della Tri-Star Paolo Conti –. Abbiamo agito in totale buona fede, non siamo dei ‘padroncini’ che fanno queste cose. I messicani sono qui per la formazione, non per lavorare, infatti non vengono nemmeno pagati. È stata una leggerezza dettata dall’aver prestato fede a un’indicazione che ci era stata data. Questa procedura non fa chiaramente bene all’immagine dell’azienda e purtroppo neanche alla mia, anche se non mi ritengo responsabile». Conti ha già avvisato la Carlisle dell’accaduto e «stiamo capendo se si può raddrizzare in corsa l’accaduto». Come? «Chiedendo a posteriori un’autorizzazione per continuare la formazione. Ma non siamo molto fiduciosi. Se non verrà rilasciata una deroga, si creerà un problema anche per la formazione e di conseguenza per il progetto voluto dalla casa madre. Ma questo non necessariamente è un male perché si potrebbe ritardare la delocalizzazione».

L’annuncio su ‘Facebook’ e il contratto due giorni prima della partenza

Arrivati il 13 marzo per cinque settimane di formazione, gli operai messicani ne hanno portate a termine di fatto una mezza. Per le restanti tre e mezzo potrebbero restarsene in albergo. «Ma in una formazione di questo tipo, la pratica è indispensabile per acquisire competenze. Ci auguriamo che la Carlisle capisca di aver commesso un errore a mettere in piedi un’operazione così azzardata, con queste tempistiche», auspica Cicero. «Per un’operazione di questo tipo – continua il sindacalista – ci si aspetterebbe che il gruppo mandi gli operai migliori che ha in casa. In realtà, non è andata così. Una parte dei lavoratori arrivati erano già parte del gruppo ma non avevano particolari competenze. Il fatto veramente assurdo è che la metà di questi si sono conosciuti in aeroporto perché hanno risposto a un annuncio su ‘Facebook’. Venivano offerte cinque settimane di formazione nella patria della meccanica di precisione, con tutti i costi pagati. Si tratta chiaramente di un’offerta allettante. C’è gente che ha firmato il contratto di lavoro due giorni prima della partenza per la Svizzera e sono arrivati senza nemmeno saper leggere un disegno».

‘Una perdita, ma non un grosso impatto fiscale’

E sulla partenza della Tri-Star da Bioggio, abbiamo interpellato anche il sindaco Eolo Alberti. «Mi spiace molto che un’ulteriore società, storicamente (dal 1984, ndr) con sede da noi, se ne vada. Non è il primo caso di società a gestione famigliare ceduta a una multinazionale che poi viene chiusa. Sono molto dispiaciuto in particolare per i collaboratori che rimarranno a casa e per le loro famiglie». La chiusura dell’azienda non è un impoverimento solo del tessuto industriale ma anche dal profilo fiscale, per un Comune che – a causa del caso rimborsi alla Kering –, pur restando molto ricco, sta navigando in acque agitate dal profilo finanziario. «Sì, è una perdita, ma non avrà un grosso impatto a livello fiscale – replica Alberti –. Ci preoccupa, ma ci rendiamo conto che siamo totalmente impotenti di fronte a queste partenze».

Moltiplicatore basso? ‘Serve, dipende dai settori’

E qui contestiamo al sindaco un suo cavallo di battaglia politico. A cosa serve battersi per un moltiplicatore d’imposta così basso e per incentivi fiscali per attrarre le aziende, se poi per queste è comunque più conveniente delocalizzare? «Dipende dal tipo di produzione. Se, pur avendo un comparto industriale ad alta tecnologia e pur essendo ben serviti dai servizi, non siamo in grado di trattenerle, la ragione è una: il costo della manodopera. Ritengo però che siamo competitivi quando la forza lavoro ha un’alta incidenza sulla produzione, molto meno quando a produrre sono soprattutto le macchine. Le ultime tre società partite da Bioggio erano tutte attive nella metalmeccanica di precisione. La tassazione rimane importante, le società di altri settori restano ben radicate».

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