Confermati la condanna a tre anni, di cui 6 mesi da scontare, il divieto a vita di lavorare con minorenni e un trattamento ambulatoriale
Tre anni di detenzione, di cui 6 mesi da espiare e il resto sospeso per un periodo di prova di 3 anni, l’interdizione a vita dall’esercizio di qualsiasi attività che implichi un contatto regolare con minorenni e un trattamento ambulatoriale. È questa la sentenza emessa oggi, giovedì, nei confronti dell’ex direttore di una scuola media del Luganese (che al momento dei fatti ricopriva il ruolo di vicedirettore), comparso questa mattina davanti alla Corte delle Assise criminali per rispondere di ripetuti atti sessuali con fanciulli e somministrazione a fanciulli di sostanze pericolose per la salute. Una ventina di episodi che l’imputato ha integralmente ammesso. Il giudice Mauro Ermani ha confermato l’accordo presentato dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri e dall’avvocato Davide Ceroni. «A livello oggettivo, la colpa riferita al bene protetto è di lieve gravità nella misura in cui la ragazza non soffre per aver avuto rapporti prematuri con un adulto, ma perché si è sentita tradita, perché è successo con un suo docente e perché un adulto non ha impedito o fermato quello che dice di aver anche voluto – sono state le parole di Ermani –. Sotto questo punto di vista non va passato sotto silenzio che l’adulto e il docente ha agito incurante di quelle che potevano essere le conseguenze. È soprattutto sotto l’aspetto soggettivo che la colpa è molto grave, ha violato tutte le regole dell’insegnamento e di segnali anche diretti ne aveva avuti». Quello esaminato in aula penale è l’articolo 187 del Codice penale. Un articolo che, ha spiegato il giudice, «unisce ogni e qualsiasi atto sessuale che sia indotto, fatto o riferito a una persona minore di 16 anni se l’autore ha più di tre anni di differenza. Per la legge, non è questione di consenso o del ruolo del docente, vi fossero vizi, costrizioni o pressioni non ci troveremmo in una procedura di rito abbreviato. La legge impone all’adulto di astenersi da qualsiasi atto sessuale nei confronti di una persona che non ha ancora compiuto 16 anni, indipendentemente da eventuali rapporti personali. È proibito».
L’ex direttore, un 40enne svizzero a cui la perizia psichiatrica ha diagnosticato un disturbo di personalità narcisistico e immaturo, è stato arrestato nel settembre scorso. Tra la fine di maggio e la metà di luglio ha avuto una relazione con una sua allieva. Una relazione consenziente ma vietata dalla legge in quanto la giovane aveva meno di 16 anni. Fatti, dai toccamenti ai rapporti completi, avvenuti a casa sua, in alberghi di lusso, in auto e anche all’interno dell’istituto scolastico (nel suo ufficio e in un’aula nel sottotetto). L’uomo ha inoltre riservato attenzioni anche a una seconda ragazza, che ha palpeggiato in un’occasione, in presenza dell’altra ragazza. Il giudice ha letto l’atto d’accusa, chiedendo punto dopo punto conferma del reato. «Confermo», è stata l’unica risposta data dall’ormai ex docente. Anche al momento della lettura delle sue generalità, l’imputato ha precisato che «la professione docente non è più attuale».
Interrogato dalla Corte in merito a un suo giudizio sui fatti, il 40enne ha detto che «è stato chiaramente un errore». Dopo che il presidente della Corte gli ha fatto notare che «è stato un po’ più di uno», l’uomo ha precisato che «tutto quanto è stato un errore. A me sembrava di non porre pressione o costrizione in alcun modo. Ma il fatto stesso che io, in quanto figura esempio ed educante, accettassi questa relazione, ha influenzato la decisione della ragazza». Le due studentesse coinvolte nella vicenda non si sono costituite accusatrici private. A loro, prima della camera di consiglio, sono state riservate parole di scuse. «Vorrei scusarmi con le vittime e le loro famiglie per quello che hanno passato negli scorsi mesi quando c’è stata una grande pressione su tutti, con la scuola, i colleghi docenti e le istituzioni per la fiducia tradita».
La Corte ha voluto fare chiarezza anche sul periodo che ha preceduto gli atti sessuali, ovvero quando la moglie dell’imputato, nel corso del mese di aprile, ha scoperto delle chat legate a temi sessuali, ne ha parlato con l’allora direttore dell’istituto e le voci hanno iniziato a circolare. «I colleghi e il direttore l’hanno messa in guardia – sono state le parole di Ermani –. La trasferta a Roma è stata inopportuna. Perché non si è messo in discussione visto i suoi comportamenti manifestamente inadeguati perché non ci si può comportare come adolescenti?». Il 40enne ha spiegato che «quello che ha fatto crollare tutto, erano le voci che io avessi interessi sessuali con allieve e che avessi tentato di agire. Non era mai successo e non ho mai fatto niente: questa consapevolezza che mi è caduta addosso mi ha fatto crollare. Se fossi stato più maturo avrei agito diversamente: in quel momento la ragazza era l’unica che mi era vicina». Ermani ha inoltre voluto sottolineare che la giovane «non ha avuto nessuna contropartita dal punto di vista scolastico: era brava di suo», anche se «la sua immagine è stata lesa». Durante l’inchiesta «è stata abbastanza brava e solida nel dire che l’ha fatta soffrire il fatto di essersi sentita tradita dalla sua amica». La segnalazione di questa amica è stata quella che ha dato il la all’inchiesta penale.
«Non solo per gli atti sessuali, ma lei non si è comportato da docente», ha aggiunto il giudice. «Se girano certe voci, io alla gita non vado. A chi nuocevano queste voci?». «All’istituzione – è stata la risposta –. Quella gita dipendeva da me, non andarci significava annullarla». L’ex direttore in carcere ha già iniziato a incontrare una psichiatra. «Parliamo dei reati, della presa di coscienza della mia responsabilità e in alcuni casi di stati d’animo del momento. È un intervento opportuno e necessario». Un percorso di cura che «porterà anche progetti e obiettivi. Quello primario – ha concluso l’imputato – è curarmi, stare meglio e costruire un rapporto perlomeno con i miei figli».