Luganese

Schlein a Massagno ‘senza padrini né padroni’

La candidata alla segreteria del Pd incontra Marina Carobbio. “Il Pd si può riformare”

(Keystone)
6 febbraio 2023
|

Fa un certo effetto, vedere accostati negli inviti i simboli del Partito democratico italiano e di quello socialista nostrano. Ma l’occasione spiega tutto, proprio come spiega la presenza di oltre 150 persone presso il Lux di Massagno: la candidata alla segreteria Pd Elly Schlein è qui per un dibattito con Marina Carobbio, a sua volta in campagna elettorale per il Consiglio di Stato.

Il 26 febbraio, la ‘luganese’ si contenderà la guida dell’agonizzante Pd con Stefano Bonaccini: il suo ‘capo’ alla presidenza della regione Emilia-Romagna, prima che Schlein lasciasse il ruolo di vice per entrare alla Camera dei deputati (ci sarebbero poi altri due sfidanti, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo, ma hanno poche speranze). L’incontro con Carobbio – alla quale si dice legata da «un’amicizia e una vicinanza politica che nascono molto tempo fa» – serve pure a far capire che «molte lotte ci uniscono anche oltre le frontiere», specie quando si tratta di contrastare il paradosso di un’arrembante «internazionale di nazionalisti».

Resta il fatto che la segreteria del Pd è un triangolo delle Bermude, come da azzeccata definizione del comico Luca Bizzarri: chi passa da lì – da Matteo Renzi a Enrico Letta – scompare nei flutti. Cosa glielo fa fare, a Schlein, di rischiare la stessa fine? «Ho piena consapevolezza dello stato di difficoltà in cui versa il partito», ci risponde dopo una risata, «ma penso che sia proprio questo il punto: non basta cambiare frettolosamente leader e gruppo dirigente se non cambia anche il modo in cui si sta insieme». Per la 37enne italo-elvetico-americana, «la sfida nella sfida» è proprio quella di «cambiare modello di leadership, perché non ci serve l’uomo solo – e neanche la donna sola – al comando» (il riferimento a Giorgia Meloni, prima donna alla Presidenza del consiglio, è esplicito: «Il soffitto di cristallo non si rompe con un solo punto di pressione»). Il cambiamento dovrebbe passare da «una comunità politica che si mobilita facendo leva sull’intelligenza collettiva», costruendo «un ponte tra la piazza e la rappresentanza». Per arrivarci, Schlein punta sul suo ruolo di outsider «senza padrini né padroni» rispetto al gruppo dirigente odierno o recente, lo stesso dal quale provengono bene o male gli altri candidati.

Intanto il Pd è al collasso: in quattro anni gli iscritti si sono dimezzati, crollando a quota 150mila. Alle elezioni di settembre ha preso una scoppola senza precedenti, scendendo sotto la soglia psicologica del 20%. «Non abbandonare il territorio» è l’antidoto di Schlein, unito a un certo ottimismo per la riformabilità dell’«unico partito non personale in Italia in questo momento, l’unico che può cambiare idea, cambiare gruppo dirigente, ritrovare credibilità sui temi circa i quali in questi anni sono mancati il coraggio e la chiarezza». Ovvero «il contrasto a ogni forma di disuguaglianza, alla precarietà nel lavoro e all’emergenza climatica», tre ambiti nei quali c’è bisogno di «ricucire» lo strappo con coloro che il partito di centrosinistra vorrebbe rappresentare. Ferite profonde, specie sul lavoro: «In questi anni sono stati fatti degli errori» (è nota l’avversione di Schlein per il Jobs Act di Renzi, che giudica un pericoloso contributo alla precarizzazione).

Alcuni osservatori contestano alla candidata una certa ambiguità sul tema della guerra in Ucraina, in particolare sulla fornitura di armamenti a Kiev da parte dell’Italia. Lei non ci sta: «Ho votato a favore del supporto anche militare alla resistenza. La mia posizione è sempre stata chiara: vengo dalla cultura pacifista, e mentre non ho dubbi a essere fortemente contraria all’aumento della spesa militare che sta avvenendo in tutti i Paesi europei, non credo sia sbagliato sostenere la resistenza ucraina che si sta difendendo da un’aggressione unilaterale criminale. Da federalista europea soffro però l’assenza di un protagonismo politico e diplomatico dell’Ue per riuscire a far cessare il fuoco e avviare una conferenza di pace multilaterale».

Schlein ce la farà? Per ora Bonaccini è dato in vantaggio di circa il 10%, ma la mobilitazione dei giovani ai gazebo – dopo questa prima fase di voto riservato ai circoli del partito, notoriamente anzianotti – potrebbe ribaltare la partita. Comunque sia «le lotte pagano sempre, anche quando le perdiamo».