Luganese

‘Vogliamo San Martino e San Provino iscritti all’Unesco’

Una petizione chiede che le due manifestazioni rurali siano riconosciute come beni immateriali. Un’iniziativa che parte dal basso, una prima in Svizzera

La fiera a Mendrisio e quella ad Agno
(Ti-Press)
2 febbraio 2023
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Accoppiate nella lista delle tradizioni viventi in Svizzera, le fiere di San Martino e San Provino potrebbero presto diventare beni immateriali tutelati dall’Unesco. E se accadesse, si tratterebbe della prima richiesta in Svizzera partita dal basso, in quanto avviata tramite petizione da un gruppo di promotori che ha lanciato proprio oggi una raccolta firme. I due eventi andrebbero ad affiancare le Processioni storiche di Mendrisio, riconosciute come beni immateriali nel 2019. «Bisogna avere il coraggio di farlo partire dalla popolazione per dimostrare quanto queste due manifestazioni stiano a cuore ai cittadini – ha spiegato Simona Genini, portavoce del gruppo di promotori durante l’insolita conferenza stampa odierna tenutasi su un tram della Flp –. Se non si prova e non si inizia non si saprà mai».

Un’iniziativa apartitica per la popolazione

L’idea, partita dal gruppo di promotori composto da Genini, Frank (Lupo) Moser, Maurizio Taiana, Matteo Quadranti e dalle associazioni di Gioventù rurale del Mendrisiotto e del Luganese, è quella di «far partire questa petizione dalla gente in modo tale che chi vive tradizioni come San Martino e San Provino percepisca questo senso di appartenenza al territorio e questo senso di origine rurale che ci caratterizza». Non si tratta di un’iniziativa politica o partitica «ma di un’iniziativa per tutta la popolazione, per la nostra storia». L’obiettivo, ha indicato la portavoce, è di raccogliere più firme possibile. «Diecimila non sarebbero sufficienti, sarebbe un flop. Dobbiamo dimostrare quanto queste due fiere siano vive».

Un rinnovato slancio grazie a Gioventù rurale

L’importanza del patrimonio culturale immateriale, lo dice la stessa Unesco, "non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra". In Ticino, ha proseguito Genini, «salvaguardare San Martino e San Provino equivale a promuovere la produzione artigianale locale e le sue tradizioni, la sua lingua, la sua storia». Durante la pandemia, «abbiamo visto quante difficoltà sono state riscontrate dalle associazioni come Gioventù rurale nel salvaguardare questo tipo di manifestazioni». Con la nomina di queste due sagre quali tradizioni viventi da parte dell’Unesco, «entrambe verrebbero maggiormente protette e promosse». Una fiera «è composta da persone che mantengono viva una certa cultura. Per mantenere in vita questi eventi caratteristici e unici del nostro territorio vanno invogliati i cittadini».

«Vogliamo proprio sensibilizzare le persone a queste caratteristiche, che, a nostro giudizio, vanno tutelate. Motivo per il quale abbiamo subito coinvolto le associazioni di Gioventù rurale perché, insieme ai Municipi di Agno e Mendrisio, tengono vive queste tradizioni (le intenzioni di salvaguardia sono dimostrate dallo stesso slogan in dialetto: ‘I rurái mantégnan i tradizziún’, ndr). Ed è importantissimo che tutta la popolazione sia sensibilizzata e quindi firmi questa petizione che invieremo all’Ufficio cantonale e a Berna affinché prendano in considerazione che le due fiere possano essere proposte come beni immateriali dell’Unesco». Saranno poi l’Ufficio federale della cultura e il Consiglio federale a valutare se sottoporre la candidatura nelle mani dell’Unesco.

Traversi: ‘Un’iniziativa anche a favore della pace’

Alla conferenza stampa erano presenti anche due rappresentanti del Club per l’Unesco Ticino, Eleonora Traversi (attuale presidente) ed Elisabetta Ghini, le quali hanno espresso da subito il loro appoggio nei confronti di quest’idea. L’Unesco, ha raccontato Traversi, «non avrebbe aderito se si fosse trattato di un’iniziativa connotata solo politicamente. Noi la vediamo anche come una proposta a favore della pace: tutti i movimenti nati nel dopoguerra volevano dare un senso ai periodi di pace, promuovere la non-distruzione anche dei beni culturali e le tradizioni popolari. Ed è questo lo spirito dell’Unesco». Questa iniziativa, ha aggiunto Ghini, «entra proprio nella cultura della pace. La pace non è solo assenza della guerra, ma è anche un modo di ragionare e abbiamo visto in questo progetto proprio uno slancio positivo. Anche per i giovani, per il futuro».

La Svizzera ha ratificato nel 2008 la Convenzione dell’Unesco del 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Da allora ha intrapreso una politica globale di tutela, promozione e ricerca in relazione alle tradizioni viventi esistenti sul territorio elvetico. Una prima importante fase di questo processo, svoltasi dal settembre 2010 al settembre 2012, si era conclusa con la realizzazione di un inventario nazionale, la Lista delle tradizioni viventi in Svizzera. Lista che è stata in seguito aggiornata nel 2017 che ha visto l’aggiunta di 34 iscrizioni portando il totale a 199 forme rappresentative del patrimonio culturale immateriale.

Fiere che risalgono al Quindicesimo e Diciassettesimo secolo

Perché proporre proprio queste due manifestazioni? «Le fiere di San Provino e San Martino – ha motivato Genini – sono eventi della comunità che esistono dalla fine dell’alto Medioevo nel primo caso e da diverse centinaia di anni nel secondo. Salvo rare eccezioni, si sono succedute con cadenza annuale e offrono ai visitatori una visione d’insieme della realtà rurale ticinese». E forse sulle radici di queste due fiere rurali è il caso di soffermarsi. La fiera di San Martino si svolge a Mendrisio, nei prati che circondano la chiesa tardoromanica di San Martino e San Rocco, risale alla fine del Diciassettesimo secolo. Mentre quella di San Provino, la più antica, ha luogo ad Agno, capoluogo dell’antica Pieve, nei pressi della Collegiata dei santi Giovanni Battista e Provino, le cui prime attestazioni risalgono al Quindicesimo secolo.

La prima si tiene l’11 novembre e comprende anche il fine settimana che precede o che segue questa data. La seconda ha luogo nel fine settimana e il lunedì seguente più prossimi all’8 marzo. Entrambe le manifestazioni si caratterizzano per l’esposizione di capi di bestiame, veicoli e macchinari agricoli, a testimoniare il legame con l’antica civiltà contadina di cui, fino a qualche decennio fa, erano espressione manifesta e irrinunciabile. Negli ultimi cinquant’anni la componente agricola è andata progressivamente diminuendo lasciando più spazio alle bancarelle con prodotti locali (salumi, miele, formaggi, vini), vestiti, giocattoli e qualche giostra.

Sono fiere che rappresentano oggi un momento di incontro sociale, di avvicinamento alla cultura rurale che ha a lungo caratterizzato il nostro territorio. Un’occasione per riscoprire i sapori locali, per incontrare i tipici animali da fattoria e lasciarsi trasportare indietro nel tempo, ricordando le origini. Origini che secondo il gruppo dei promotori non possono andare perdute.