Inflitti 22 mesi da espiare a un 23enne che, in pochi giorni, ha commesso diversi reati. Pena sostituita con il ricovero in una struttura chiusa
Scorribande, ruberie, la partecipazione alla rissa nei pressi del bar Viale di Bellinzona e il suo presunto coinvolgimento nell’aggressione, per il quale è stato tuttavia prosciolto, che è avvenuta nella notte folle alla Foce del Cassarate di Lugano tra il 20 e il 21 marzo del 2021, quando venne attaccata anche la polizia. Ha solo 23 anni, il siriano comparso oggi in aula penale a Lugano, ma vanta un vasto curriculum criminale, ha dovuto rispondere di parecchie ipotesi di reato e, nei suoi confronti, è già stato spiccato un decreto d’accusa per aggressione. Prima dei fatti oggetto del processo, giocava a calcio in una squadra del Sopraceneri ma è stato sospeso per due anni e quattro mesi per aver preso a calci l’arbitro.
Il giudice Marco Villa, presidente della Corte delle Assise criminali, ha dipinto il comportamento dell’imputato come ‘bravate’, salvo poi tratteggiare la sua attività delittuosa come grave. Il giovane è in prigione da poco più di un anno, in espiazione anticipata della pena dal 25 febbraio del 2022, dopo che l’istanza di scarcerazione è stata respinta dalla Crp, per il rischio di recidiva. Un rischio messo in luce dalla perizia psichiatrica. Il 23enne chiede un ricovero stazionario per uscire dalla dipendenza dalla cocaina e dai conseguenti scatti d’ira che scatenano la sua violenza incontrollata. Vorrebbe cominciare un apprendistato di muratore. Al termine del dibattimento, ha chiesto scusa affermando di non voler tornare più in Siria.
A carico del 23enne ci sono undici furti, in parte tentati, con i relativi danneggiamenti, le violazioni di domicilio e relative richieste di risarcimento di poco meno di 13’800 franchi. Il tutto nel giro di una manciata di giorni. Questi reati sono stati ammessi dal giovane, che ha invece contestato l’aggressione alla Foce del Cassarate. Nei suoi confronti, in mattinata il procuratore pubblico Moreno Capella ha chiesto una pena di 30 mesi da espiare, parlando dell’imputato come di una persona a cui piace menar le mani. L’atto d’accusa dev’essere confermato, secondo l’accusa che non si è opposta alla richiesta di trattamento stazionario in una struttura chiusa, come richiesto dallo stesso 23enne e dal suo avvocato Michele Barchi che, in sede di arringa aveva invocato un pena massima di 18 mesi da dedursi il periodo scontato in carcere.
La Corte delle Assise criminali, presiedute da Marco Villa (giudici a latere Aurelio Facchi e Luca Zorzi), ha parzialmente accolto l’atto d’accusa ma non accettato nemmeno le attenuanti specifiche richieste dalla difesa, il sincero pentimento, la grave angustia e la scemata imputabilità. Nella breve motivazione della sentenza, Villa ha spiegato perché non ha ritenuto l’aggravante del mestiere, per i reati di furto. In quei pochi giorni durante i quali l’imputato ha compiuto ruberie, soprattutto in locali pubblici del Locarnese, c’è stata costanza ma la refurtiva è stata relativamente bassa. Grave è stato piuttosto il fatto che il 23enne abbia commesso questi reati appena è stato scarcerato, visto che è stato fermato in almeno quattro occasioni, sempre nel Locarnese e sempre per i furti. In sostanza, Villa ha condannato il 23enne a 22 mesi di prigione da espiare, una pena che è stata sostituita dal trattamento stazionario in una struttura chiusa, verosimilmente a Villa Argentina a Lugano.
Il giudice e la Corte in sostanza hanno voluto dare fiducia al giovane. Il 23enne non ha potuto evitare di essere condannato per lesioni semplici e vie di fatto, per aver preso a cazzotti due coetanei nel Locarnese. L’imputato è stato altresì riconosciuto colpevole di aver partecipato alla rissa avvenuta tra il 28 e il 29 agosto 2021 a Bellinzona, per aver consumato droga, per aver minacciato un suo coetaneo, mentre è stato prosciolto dall’accusa di spaccio di stupefacenti, siccome non c’erano prove a suo carico. Il giovane è stato pure prosciolto dall’accusa di aggressione alla Foce del Cassarate. Ha sempre sostenuto di non essere stato presente quella sera movimentata a Lugano, ma è stato riconosciuto dal coetaneo picchiato e da un’altra persona. Il riconoscimento è tuttavia stato indiretto per cui non c’è certezza e il dubbio va a favore dell’imputato, ha precisato Villa, che ha confermato le pretese di risarcimento avanzate dalle parti lese, rimandando la questione al foro civile.
La Corte ha confermato che l’imputato non verrà espulso dalla Svizzera anche se in base ai reati dei quali si è macchiato ci sarebbero stati i presupposti per ordinare l’espulsione dal Paese. Il giovane però vive in Ticino dal 2015, quando ha raggiunto i genitori fuggiti dalla Siria in guerra. Assieme alla famiglia ha ottenuto lo statuto di rifugiato e rimandarlo nel Paese dal quale è fuggito non avrebbe avuto senso.
Nell’arringa, l’avvocato Michele Barchi ha riconosciuto che, forse, in parte, corrisponde al vero che al suo assistito piaceva menar le mani come ha sostenuto l’accusa. La difesa ha tuttavia ricordato l’adolescenza difficile del 23enne cresciuto in un paese in guerra, dove ha peraltro dovuto assistere a sparatorie nella quali sono deceduti suoi coetanei e a un’esplosione, che causò l’amputazione di una gamba alla sorella. L’imputato è un ‘figlio della guerra’, che ha raggiunto la famiglia in Ticino quando aveva 15 anni, dopo aver vissuto in un campo profughi. Ora, si trova in assistenza non essendo riuscito a concludere un apprendistato.
Secondo l’avvocato, le risultanze della perizia psichiatrica parlano di un disturbo della personalità, che ha messo a repentaglio la capacità di agire del suo assistito. Il 23enne, ha continuato Barchi, però, ha preso coscienza di quanto ha fatto durante la detenzione, ha chiesto l’espiazione anticipata della pena, ha mostrato di voler uscire dalla dipendenza dalla droga e di voler ricominciare in base a migliori premesse.