Discorso incentrato sulla generosità della Città, ma anche dei suoi abitanti, quello del sindaco Michele Foletti, per un Capodanno che torna in presenza
Anno nuovo, tradizioni vecchie. E non vuol essere una critica: il ritorno al cerimoniale parzialmente accantonato durante gli ultimi due inverni di pandemia risulta rassicurante. Per il suo Capodanno, Lugano ritrova dunque i rituali del passato: il corteo di autorità e associazioni cittadine da piazza della Riforma a Palazzo dei congressi; il saluto e il passaggio in rassegna del sindaco Michele Foletti ai Corpi dei Civici pompieri e dei volontari luganesi; l’esibizione della Civica Filarmonica di Lugano; i discorsi ufficiali – oltre al sindaco, è intervenuto anche Markus Krienke, professore di Filosofia moderna ed etica sociale alla Facoltà di teologia dell’Usi – e, infine, l’aperitivo offerto.
Una breve ma sentita ‘apologia’ della generosità e della solidarietà di Lugano e dei suoi abitanti. Possiamo forse riassumere così l’intervento del sindaco, che per primo ha preso parola di fronte a una platea con diverse personalità di spicco. Presenti, fra gli altri, i consiglieri di Stato Raffaele De Rosa, Christian Vitta e Claudio Zali e l’amministratore apostolico della Diocesi di Lugano Alain de Raemy. Per la politica cittadina, oltre a numerosi consiglieri comunali e al primo cittadino Gian Maria Bianchetti, c’erano tutti i municipali, tranne Filippo Lombardi e Tiziano Galeazzi.
«Generosità e solidarietà, sono le parole che racchiudono l’anno appena trascorso» ha esordito, si diceva, Foletti dopo un pensiero all’ex sindaco Marco Borradori. «Rappresentano uno dei valori cardine sui quali si fonda la nostra comunità», ha proseguito ricordando il dramma della guerra in Ucraina e di quanto «in un contesto così delicato e complesso, la nostra città ha dato prova ancora una volta di grande generosità e vicinanza, attivandosi per alleviare le sofferenze dei civili. Il Municipio, i servizi cittadini, la popolazione si sono adoperati fin dall’inizio del conflitto nell’accoglienza e nel sostegno dei profughi. Lugano ha accolto complessivamente 565 rifugiati, 89 bambini ucraini frequentano l’Istituto scolastico comunale. Non da ultimo, Lugano ha dato il proprio contributo per la pace ospitando l’estate scorsa l’Ukraine Recovery Conference».
«La solidarietà può essere declinata in molti modi» ha aggiunto il sindaco, citando diverse cifre. In ambito istituzionale, ad esempio, «Lugano gioca un ruolo da protagonista nel sistema di perequazione finanziaria intercomunale» con i suoi 28 milioni versati nel 2021 al fondo di compensazione, mentre sommandoli ai contributi di perequazione indiretta come il finanziamento delle case per anziani si arriva a 45 milioni di oneri. «La Città non intende lasciare indietro nessuno» ha aggiunto poi Foletti, ribadendo quanto già espresso durante l’ultima seduta di Consiglio comunale (Cc) quando c’è stata un’animata discussione sul Preventivo 2023, durante la quale è stato bocciato l’emendamento di Centro e Ps-Pc che chiedeva un aiuto per i ceti medio e basso. E già come quella sera, il sindaco ha ricordato che il nuovo Regolamento sulle prestazioni comunali in ambito sociale, attualmente al vaglio della Commissione delle petizioni del Cc, «è uno strumento importante che ci consentirà di adeguare misura ed entità delle prestazioni al mutato contesto sociale».
E intanto, «nel 2022 sono stati effettuati 900 interventi a favore di persone in situazione di particolare disagio economico e sono stati erogati 830’000 franchi di aiuti. È inoltre stata svolta un’importante attività di consulenza, con oltre 2’000 fra colloqui e richieste di formazione. Sono state poi potenziate le misure di intervento e accompagnamento per favorire l’inserimento professionale, il recupero formativo di chi non ha una formazione post-obbligatoria e dei disoccupati. Il Servizio spazio, lavoro e formazione, attivo dal 2020, sostiene le persone alla ricerca di una professione o di una formazione». Ma «la solidarietà si nutre anche di piccoli e grandi gesti» ha precisato il sindaco, ricordando il «bacino numeroso di volontari» e invitando le nuove generazioni a darsi da fare in tal senso.
«La Svizzera, non dimentichiamolo, ha dato i natali alla Croce Rossa, una nostra lunga tradizione di volontariato che deve essere mantenuta e rafforzata» ha aggiunto, ricordando in ambito internazionale che «la Città sostiene numerosi progetti nell’ambito del volontariato, della prevenzione, della convivenza sociale e della promozione della salute. Ogni anno stanziamo due fondi per la cooperazione internazionale allo sviluppo». Insomma, ce n’è a sufficienza secondo Foletti affinché «tutti noi cittadini di Lugano siamo orgogliosi di vivere in una città così solidale e generosa. L’auspicio è che nel 2023 prenda sempre più corpo questa consapevolezza. Penso infatti che la positività e la fiducia siano una base per fare sempre meglio, al contrario della lamentela che affossa invece lo spirito e l’operatività».
E se Foletti si è appoggiato a ‘La ginestra’ di Giacomo Leopardi, Krienke è partito da uno degli ‘immigrati’ più illustri del Luganese, Hermann Hesse. «Ogni inizio contiene una magia che ci protegge e a vivere ci aiuta» ha detto il professore, citando lo scrittore di Montagnola e il suo «gioco delle perle di vetro», ossia quel contesto nel quale scienza, cultura e società avevano perso la spinta innovatrice. «La magia, la sentiamo? Forse non ne siamo più capaci in quanto ormai viviamo in uno stato di "permacrisi", come molti dicono con questa parola che si candida per diventare la triste parola del 2022». La parola chiave durante la pandemia per Krienke è stata la resilienza, «ma, ora che abbiamo ripreso con una velocità come mai prima la nostra ‘vecchia vita’, ci chiediamo: tutta questa celebrazione della ‘magia’, della ‘resilienza’, dov’è finita? Non abbiamo l’impressione che la società, invece di compattarsi durante la crisi, sia diventata più ruvida, ancora più competitiva, e più incurante dell’altro?».
La risposta a questa domanda secondo il professore sta nei tratti più individualistici e narcisistici della nostra società, con conseguenza che «non c’è più capacità di ascolto» in una «società della produttività che diventa una società della stanchezza, dell’esaurimento, del burnout. È una stanchezza che distrugge la prossimità, la relazione, la comunità, e ci fa rinchiudere nelle nostre ‘bolle’», oltre a essere sempre meno capaci di accettare i limiti nostri e degli altri. «Ma in questo modo, la società diventa un insieme di bolle, una sorta di schiuma. Una schiuma non è più una società, le bolle in essa non formano più un ‘noi’, non si accettano a vicenda come altri e diversi. E come una schiuma, le nostre indignazioni e rabbie crescono facilmente e velocemente, ma senza cambiare concretamente qualcosa».
Per Krienke la ripartenza sta «nel ricostituire l’umanità a partire dall’altro. Il prendersi tempo per fare con l’altro qualcosa che per la società della produttività sembra ‘inutile’. Dobbiamo in questo modo trovare e realizzare un nuovo Umanesimo. Possiamo farci portatori della gentilezza che consiste innanzitutto nell’ascolto e nell’ospitalità, cioè l’essere disposti ad accettare l’altro. Sono questi gli ingredienti di una cultura dell’umanità e della pace, di cui oggi abbiamo così urgentemente bisogno. Facciamo diventare quest’inizio dell’anno il momento di una nuova partenza, alla scoperta dell’umanità a partire dall’altro. Rendiamo questo anno non quello della ‘resilienza’ ma dell’interruzione, della gentilezza e dell’ospitalità: ritroviamo l’altro che rende noi stessi più umani».