Il collettivo, dopo il caso dell’ex direttore di una scuola media arrestato, chiede che si realizzi un numero unico per le violenze sulle donne
In occasione del dibattito parlamentare sul caso dell’ex direttore di una scuola media di Lugano arrestato per presunti atti sessuali con fanciulli, per il collettivo femminista Io l’8 ogni giorno, hanno suscitato sdegno e sconcerto le parole del consigliere di Stato Manuele Bertoli che avrebbe qualificato tale reato come ‘grave, ma quanto meno non violento e che comporta un certo consenso’. Secondo il collettivo si tratta di affermazioni gravissime che meritano di essere riportate e analizzate.
"Valutare la gravità di un reato di natura sessuale sulla base del livello di violenza e coercizione messo in atto dall’autore per obbligare la vittima a subire le sue avance e i suoi abusi significa non aver capito nulla della realtà delle violenze sessuali", ha espresso Io l’8 ogni giorno in un comunicato stampa.
L’assenza di violenza fisica o di coercizione "non rende dunque meno grave quanto accaduto. Non capirlo vuol dire non essere in grado di cogliere il significato della regolamentazione, a livello di Codice penale, di un’età del consenso. In Svizzera, qualsiasi bambina/o e ragazza/o con meno di 16 anni non può acconsentire a relazioni sessuali con persone che sono più grandi di loro di almeno tre anni". Se il legislatore ha fissato un’età del consenso "è proprio perché sa bene che gli strumenti, le ‘armi’, di cui possono fare uso gli aggressori e i pedofili con le loro vittime minorenni sono ben raramente i coltelli e le minacce, quanto piuttosto l’inganno, le lusinghe, le manipolazioni e la seduzione di giovani adolescenti ancora fragili nel loro cammino di costruzione personale. Per questo motivo non si può e non si deve definire come consenzienti le relazioni tra minori di 16 anni e persone più adulte di loro".
"Come può un direttore del Decs – riferendosi al consigliere di Stato Bertoli, ndr – non capire che quella tra allieva e docente è una relazione fondata proprio sulla disparità – di potere, di ruolo, di conoscenza, di autorità, oltre che di età anagrafica? E che tale disparità è la base stessa su cui si fonda l’operazione di manipolazione e inganno messa in atto dal docente per abusare dell’alunna? Come può non capire che proprio il non vedersi riconosciuta pienamente come vittima, in quanto ‘consenziente’ (a soli 14 o 15 anni), non faciliterà certo il percorso di elaborazione di quanto subìto da parte della giovanissima ragazza?"
Il collettivo Io l’8 ogni giorno si sta da tempo attivando a favore di una modifica del nostro Codice penale, con l’introduzione di una definizione di stupro fondata sul concetto di consenso (‘solo sì è sì’), criticando e opponendosi dunque all’attuale proposta in discussione a Berna, fondata invece sulla logica del ‘no è no’, ossia sulla presunzione di una disponibilità per default delle donne a qualsiasi atto sessuale, con qualsiasi persona e in qualsiasi momento.
"La soluzione del ‘solo sì è sì’, invece, permette di spostare l’attenzione e la responsabilità dalla vittima all’autore: non sarà più la vittima a dover dimostrare di aver espresso con sufficiente chiarezza il suo rifiuto o di essersi opposta con tutte le sue forze all’aggressore, ma sarà quest’ultimo che dovrà provare di essersi accertato del consenso della sua partner. Si tratta di un cambiamento legislativo che potrà avere un’influenza profonda sull’intera società e sui rapporti tra i sessi". Mettere al centro la nozione di consenso "significa approfondire le discussioni su cosa esso significhi realmente, e sulle condizioni necessarie affinché il consenso sia veramente sempre libero e consapevole. Abbiamo bisogno di questa legge e abbiamo bisogno di questo cambiamento di mentalità".
Il caso del direttore di scuola media arrestato, "conferma la necessità e l’urgenza di una delle misure che il nostro collettivo richiede ormai da quasi due anni: il numero unico per le violenze sulle donne. Un numero facile da memorizzare, un servizio attivo 24/7, gestito da personale qualificato, cui chiunque può rivolgersi (anche la ragazzina importunata da un docente, o il genitore che non sa quali siano i canali adeguati per trasmettere le sue segnalazioni) per ricevere ascolto, informazioni e sostegno da persone competenti e formate. Siamo stufe di vaghe promesse: il numero unico serve ora, basta aspettare!", ha concluso il collettivo femminista.