Nel Sottoceneri molti sono stati gli addii di personalità che hanno contribuito al benessere sociale ed economico. Eppure in pochi lo hanno ricordato...
Pare che ultimamente non si pubblichino più neppure i necrologi, da quelli familiari a quelli istituzionali. E moltissimi protagonisti della nostra storia, locale o globale, se ne siano andati senza il giusto ricordo. Perché? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Zois, giornalista che «per scelta – come lui stesso ci dice – ha sempre dedicato spazio e attenzione alle biografie dei faticatori di schiena piegata, quelli che non fanno conferenze stampa a getto continuo, che non si mettono in pole position, ma si impegnano e lavorano per gli altri, per costruire una comunità più umana. Il popolo che lavora e si prodiga nell’ombra».
Sono diverse le personalità che in questi ultimi mesi ci hanno lasciato. Spesso sono stati addii nel silenzio, funerali a partecipazione limitata per prudenza, con obbligo di green pass. Si ha talvolta l’impressione che stiamo diventando una società senza gratitudine…
Molte persone che erano simbolo di comunità se ne sono andate accompagnate da pochi parenti, ciò che ha reso ancor più mesto il distacco. È innegabile tuttavia che nel tempo dell’efficienza si appanna presto l’immagine quando si va in pensione e si entra nel cono d’ombra. Il Covid in questi due anni ha purtroppo aggiunto i suoi numerosi lutti e cancellato in fretta molti ricordi. Il corpo, ogni corpo, è il racconto di un animo, di un vissuto. Con la perdita di parenti e amici siamo rimasti privi di riferimenti. Ci è anche mancato il tempo per interiorizzare i vuoti e le lacerazioni che lasciavano. Tutti meritano un fiore. È bene però non farsi illusioni sulla riconoscenza, che è un sentimento della vigilia.
Nei giorni scorsi è mancato Daniel Schmidhauser, per oltre 35 anni regista totale del Centro shopping Serfontana di Morbio Inferiore. Prima di lui ci avevano lasciato, sempre nel Mendrisiotto, Egidio Binaghi, Giorgio Zappa, Fabio Rezzonico, Gianna Bernasconi, solo per citarne altri. Spesso si ha l’impressione che lo spazio della memoria sia alquanto sottodimensionato, talvolta addirittura inesistente rispetto all’impegno profuso... Eppure sono stati uomini e donne che hanno contribuito al benessere sociale ed economico ticinese…
Gli elenchi sono sempre ingenerosi perché lasciano nella scia dimenticanze che feriscono gli affetti di chi resta. La costellazione dei benemeriti è sconfinata, ciascuno con la sua testimonianza di altruismo, perché la vita è relazione. Qualcuno ha raggi più lunghi di azione. Daniel Schmidhauser nella sua cabina di regia al Serfontana ha espresso una spinta propulsiva straordinaria. Doveva promuovere visibilità, quindi consumi: è riuscito a far cultura di massa con un’infinità di mostre che rispecchiavano stagioni di storia e di cronaca, da ricorrenze legate a grandi nomi, uno per tutti Giuseppe Verdi, a eventi epocali come l’apertura del tunnel autostradale del San Gottardo. E faceva viaggiare queste proposte anche oltre San Gottardo. Un impresario culturale. In questa prospettiva luminosa rientrano Giorgio Zappa e Fabio Rezzonico, uomini di comunità per il loro impegno nella scuola, nell’Ente ospedaliero cantonale, nella politica, da Mendrisio con irradiazione sul Ticino. Gianna Bernasconi meriterebbe un monumento come icona di solidarietà totale, Egidio Binaghi è stato un divulgatore di conoscenze e cultura con le sue enciclopedie, quando internet era di là da venire. Sergio Vorpe e le sue scoperte inerenti al Monte Generoso; lo storico e fisico Paolo Brenni, il giovane docente di filosofia Giacomo Lardelli...
Lutti che anche nel Luganese non sono mancati: Fabio Pessina, Urbano Bizzozero, Ambrogio Dolfini. Tutti addii passati nel (quasi) silenzio. Eppure, anche qui, i ‘valori’ non erano indifferenti...
In effetti, cominciando dall’architetto Franco Pessina, egli seppe unire a un rigoroso profilo tecnico e professionale grande rispetto per le dimensioni storiche e religiose degli edifici non secondari di cui dovette occuparsi, si pensi solo al restauro della Cattedrale di Lugano; Urbano Bizzozero, figura di sindacalista e di storico sindaco di Canobbio, una vita intera dalla parte della difesa e promozione della dignità della persona; il benedettino Ambrogio Dolfini, originario di Bioggio e morto a Chevetogne in Belgio, un monaco infaticabile costruttore di ponti fra la Chiesa latina e quella orientale; il professore Mauro Valli che sapeva unire padronanza della materia, capacità di appassionare, autorevolezza ed empatia.
Si parla spesso di tempi moderni senza memoria, facendo riferimento soprattutto ai tragici fatti che hanno contraddistinto la storia del secolo scorso. Non crede che, piano piano la memoria si accorci pericolosamente, venendo meno anche su eventi di pochi anni prima?
Nella civiltà contadina, cioè fino all’altroieri, di un fatto, anche di paese, si parlava per giorni e non era frivolezza. Adesso è già straordinario se dalla tavola di pranzo riesce ad arrivare a quella di cena. Viviamo in un vortice che non giova alla memoria. Gino Pedroli con le sue immagini ha documentato uomini e storie e ha fatto memoria. Con i selfie non arriviamo lontano. Si sa che la storia divora la cronaca: il flusso è diventato uno tsunami impetuoso che rischia di travolgere tutto.
Come si spiega questa volontà, o inconsapevolezza, di non ricordare figure che hanno influito positivamente sul nostro territorio, spesso peraltro nell’ombra e senza smania di ribalte?
Oltre che dal coronavirus, siamo contagiati anche dalla fretta. Soffriamo la diffusa condizione del “non ho tempo”. Facciamo tutto di corsa e non ci concediamo quello che i saggi contadini si prendevano per ripigliare fiato. Non le considero neppure dimenticanze volontarie: ignoriamo, ce ne scordiamo, siamo protesi verso il futuro. E nei giornali in genere sono venute a mancare quelle figure che erano decisive nel far memoria, anche nella documentazione fotografica. C’era chi – ricevendo un annuncio funebre – si rendeva conto del ruolo di una persona e faceva partire la notizia. Ora, a volte, passano giorni. Sintomatico.
Vede, oggi, personalità in grado di apportare quello stesso impulso che seppero dare alla regione quanti abbiamo nominato precedentemente?
Le nostre comunità odierne continuano a essere popolate da donne e uomini protesi e indaffarati a dare il loro contributo perché la società cresca, migliori, resti umana. Si tratta forse di riorientare l’obiettivo dando visibilità ai molti che la meritano con il loro impegno, nel silenzio. Vogliamo parlare del firmamento dei volontari? Qui mi viene in mente Alex Pedrazzini, addirittura brancardier a Lourdes, oltre che mobilitato in prima persona accanto agli svantaggiati. Proviamo a puntare di più i riflettori su quelli che “fanno”, seminatori e costruttori di buone notizie sulla frontiera del domani: e sono tanti, per fortuna. Onoriamoli da vivi prima ancora che con lapidi.
È possibile, e come, cambiare, in particolare nelle nuove generazioni, il brutto sentimento di far morire nell’oblio coloro che si sono spesi per un’idea e un ideale?
Il primo necessario passo, perché si sappia, è favorire la conoscenza delle molte persone che si sono prodigate e si spendono nell’esteso campo della cura per gli altri, dagli avamposti di ognuno: dalla socialità alla solidarietà, dalla politica al volontariato, uscendo dalle strettoie del punto di vista e dell’autoreferenzialità. A Rovio, con un’esemplare iniziativa, hanno voluto intitolare una via ad Angelo Frigerio per la sua biografia, in senso totale, di “Sciur Maestru”. Lo stesso hanno fatto a Vezio, onorando Lidia Cremona Boschetti, prima sindaca nel Ticino, con l’intitolazione di un parco. In ogni paese ci sono stelle che rischiarano un cammino e che sono ancor più preziose nei momenti di oscurità perché scacciano le solitudini, infondono coraggio e scaldano il cuore. E molti di loro meriterebbero una via, assicurando futuro al passato e garanzia di memoria nelle nuove generazioni.