C’è un ricorso pendente al Tribunale amministrativo ma i finestroni son già stati posati al numero civico 54 del salotto cittadino
C’è un ricorso pendente al Tribunale amministrativo cantonale (Tram), tuttavia l’intervento è già stato eseguito. Succede, meglio dire è successo, a Lugano nella centralissima e supertutelata via Nassa. Ma come è stato possibile? Il lavoro di cui stiamo parlando è stato effettuato al numero civico 54, quasi all’altezza di piazza Carlo Battaglini. In estrema sintesi, le precedenti finestre storiche sono state sostituite. L’opera è, però, contestata per una presunta violazione delle norme di applicazione del Piano regolatore di Lugano (Napr) che salvaguardano il nucleo storico. Il ricorrente fa notare anzitutto che i lavori avrebbero stravolto il nucleo e sarebbero in palese contrasto con l’articolo 19 delle Napr che stabiliscono regole chiare sul recupero delle facciate originali degli edifici. L’intervento è stato tuttavia portato a termine nonostante la procedura ricorsuale sia tuttora aperta e c’è quindi il rischio che l’istante, nel caso perdesse la vertenza, debba ripristinare lo stato originario dei piani superiori della facciata.
Per capire come sia potuto accadere, occorre fare due passi indietro e ricominciare la storia dall’ottobre 2019 quando, in un articolo, laRegione mise in evidenza la stranezza di quel rendering apparso lungo il salotto buono di Lugano. Già allora, di primo acchito, la cosa incuriosì. Nessuno pensò si trattasse di una domanda di costruzione, tanto meno il ricorrente, che aveva chiesto spiegazioni al Municipio evocando tale possibilità. Pertanto, presentò la lettera che fece valere come opposizione visto che via Nassa di Lugano è tutelata. In subordine, richiese l’eventuale revoca della licenza, aggiungendo inoltre la richiesta di avere accesso agli atti. Nel settembre del 2019, sempre lo stesso ricorrente inoltrò un nuovo sollecito all’esecutivo cittadino, che non indusse il proprietario a opporsi. In quell’occasione, il ricorrente scoprì che la licenza edilizia era già stata rilasciata nel 2016, poi rinnovata nel 2018 con scadenza il 29 giugno del 2020. Dal canto suo, il Municipio rispose oltre un anno dopo alla prima lettera, ossia nell’agosto del 2020, e respinse il ricorso sostenendo che il ricorrente avrebbe dovuto fare opposizione a tempo debito e rifiutò di entrare nel merito della domanda di revoca della licenza. Tale decisione venne successivamente confermata nel febbraio dell’anno scorso dal Consiglio di Stato che ha evocato la sicurezza del diritto, affermando che non si può impedire a chi ha ottenuto la licenza di procedere, solo perché il ricorrente non sapeva che era stata presentata una domanda di costruzione. Una decisione contro la quale, come detto, è stato presentato ricorso al Tram.
Le contestazioni e le censure non sono finora valse a ottenere un intervento dell’autorità, nonostante i lavori non fossero ancora cominciati (inizieranno a fine giugno del 2020, per concludersi nell’autunno scorso). Nel frattempo, gli interventi sono stati addirittura ultimati, ma la vertenza è ancora aperta. Il ricorrente mette in evidenza che l’articolo 6 della legge prevede che, quando viene inoltrata una domanda di costruzione, si debbano posare le modine e, se non è possibile, occorre segnalare la modifica dello stato dei luoghi, affinché sia resa di dominio pubblico. L’unica esposizione è però apparsa nel giugno 2019, quindi i termini di ricorso dovrebbero iniziare a decorrere da quel momento. Il ricorrente segnala pure l’incongruenza dei due preavvisi dei servizi cantonali. Dapprima, nel novembre 2015, l’Ufficio della natura e del paesaggio aveva negato il permesso in quanto i nuovi elementi non concorrevano a un adeguato inserimento paesaggistico e sarebbero dovuti essere rivisti in un’ottica di maggiore integrazione o conservazione delle caratteristiche dell’edificio: l’eliminazione delle caratteristiche dello zoccolo per inserire uno spazio commerciale a doppia altezza senza riferimento con altre aperture presenti sul fronte, la suddivisione arbitraria del fronte principale dell’edificio in due parti distinte e senza relazioni fra loro, la dimensioni delle nuove vetrine al primo piano che non trovano riscontro nella tipologia delle aperture presenti, né si armonizzano con queste ultime o le adiacenze. Tuttavia, con il secondo parere, risalente a cinque mesi dopo, venne data luce verde all’intervento, benché nulla fosse sostanzialmente cambiato rispetto al progetto precedente e dopo un incontro con la Commissione nucleo di Lugano (che, però, sostiene il ricorrente, non c’è mai stato). Per questi motivi, secondo il ricorrente, è palese come il rilascio della licenza, prima, e il successivo rinnovo, siano avvenuti al termine di una procedura irregolare e in violazione delle norme applicabili.