Successo di pubblico all’evento che ha portato in Ticino la serie televisiva sudcoreana che ha sbancato i botteghini di Netflix
C’è il sapore del mistero nella sala che accoglie i 150 partecipanti dello Squid Game in salsa ticinese fra palloncini neri, luce soffusa e un motivetto che si ripresenterà nella testa di tutti almeno per la successiva settimana. Un successo mondiale, quello della serie televisiva sudcoreana, che l’eco di Netflix ha lanciato nell’Olimpo delle più viste da sempre.
E se il nome, “il gioco del calamaro”, pare essere un innocuo passatempo per ‘teen’, i nove episodi narrano, invece, la storia di un gruppo di persone che pur di vincere oltre 45 miliardi di won (35 milioni di franchi), rischiano la vita in un mortale gioco di sopravvivenza. Tutti, uomini o donne, giovani o anziani, ricchi o poveri, nessuno escluso.
Alla Sala Aragonite di Manno in palio c’erano ‘solo’ mille franchi, ma la voglia di vincerli è stata lo stesso tanta, peraltro con la ‘leggerezza’ di non ritrovarsi, se perdenti, in un cimitero, ma semplicemente con un palloncino rosso scoppiato (incarnazione della propria vita) e un applauso di consolazione. Francesco Laganara, il presentatore dell’intensa giornata tenutasi sabato, è stato un ottimo padrone di casa. Brillante, divertente, con la giusta severità: “Tu fuori! Hai perso!”. Lo abbiamo incrociato nella pausa pranzo: «Dirigere i giochi è una grandissima responsabilità. C’è l’orgoglio di essere stati i primi a portarli in Ticino, ma soprattutto la soddisfazione di essere riusciti a portare qualcosa di nuovo di cui tutti parlano, anche chi non l’ha visto. Siamo riusciti a unire tante persone e di tutte le età, con il dispiacere di aver dovuto dire no a tanti altri, avendo avuto moltissime richieste in più. Il bello di questo evento è anche lo stare insieme, divertendosi. Ho visto anche signori e signore di mezza età, non solo ragazzi e bambini. Una manifestazione dove vedo la gente stare volentieri, anche se eliminati».
Certo, come naturale, un facsimile del programma originale. A Manno è stata chiaramente eliminata la parte più violenta. Di questo ne abbiamo parlato con Jaspreet Singh Pabla, di Prosper che con ‘laRegione’, Ticino Tour, Pizza Doc, Ef e Golden Water hanno promosso l’evento: «Le tante sfide sono state riadattate e il feedback è stato molto buono, tutti si sono divertiti. È stato un esperimento, una prima prova ed è andata bene, anche perché è da un mese e mezzo che ci stavamo lavorando. I biglietti d’entrata, infatti, sono stati aggiudicati una parte, a sorteggio, tramite la pagina Instagram, gli altri biglietti sono stati invece seminati un po’ in tutto il cantone, una sorta di caccia al tesoro. Oggi è solo l’apice. Devo ammettere che ci aspettavano un target più giovane, una fascia d’età più bassa, invece siamo rimasti sorpresi e ciò ci ha fatto piacere. Questo dimostra che sempre più spesso i fenomeni televisivi vengono condivisi all’interno dell’intera famiglia. Anche se, non bisogna dimenticarlo, Squid Game è una serie non propriamente indicata per i bambini. Purtroppo, evidentemente, molti genitori permettono comunque la visione... La violenza? Alla fine delle puntate, la morale ci porta a un’immagine della società modera, alla corsa al denaro, al mettere il proprio beneficio davanti a quello degli altri, a dare importanza all’individuo prima della collettività. Qui, in effetti, il vincitore è solo uno. E chi aiuta un altro partecipante può anche ritrovarsi il favore non ripagato... Uno specchio, triste ma reale, del mondo di oggi. È questo non può che farci riflettere, tutti».
Perché hai partecipato abbiamo chiesto a un gruppo di persone? Chi per vincere la somma in palio, chi per curiosità, chi per divertirsi. Eppure ogni volta, avvenuta l’eliminazione, erano più quelli dispiaciuti che quelli con il sorriso del “l’importante è partecipare”. Perché anche qui alla fine, scortato dalle guardie (i bravissimi componenti del gruppo Parkour della Chaotic Family) c’è stato solo un vincitore: Vincenzo Vona Spartano.