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L’aria che respiriamo. ‘Ma inquinamento non è solo traffico’

Il capo del Dipartimento del territorio, Zali: ‘Da oltre un anno la misura d’urgenza degli 80 all’ora in autostrada è scattata per pochi giorni’.

Il Consigliere di Stato, Claudio Zali
(Ti-Press)
4 novembre 2021
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Tredici stazioni di rilevamento di sostanze inquinanti sono disseminate in Ticino, formando la Rete cantonale di misura. Ogni tanto qualcuna suona l’allarme. Facile intuire le località più esposte: Mendrisio e Chiasso, ma, per il Luganese, talora anche Pregassona, nei picchi di smog estivo o invernale, oltrepassa i valori di soglia stabiliti dall’Ordinanza federale contro l’inquinamento atmosferico. Se c’è un fattore preponderante responsabile nel rendere l’aria poco salubre, questo è il traffico: il 70% dell’inquinamento proviene da lì. Ma allora che aria tira nel Sottoceneri? Lo abbiamo chiesto a Claudio Zali, direttore del Dipartimento del territorio. «Indiscutibilmente il traffico rappresenta una fonte importante d’inquinamento - osserva il Consigliere di Stato, al quale proponiamo di tornare per un istante al marzo 2020, quando per l’insorgere della pandemia tutto si fermò, restituendo un paesaggio di strade e città deserte. «Bisogna tornare alle domeniche senz’auto, alla crisi petrolifera degli anni Settanta per riprodurre situazioni straordinarie di questo genere»

Lockdown: prima il deserto sulle strade, poi il ritorno al veicolo privato

Quell’evento straordinario ha contribuito a risanare l’aria? «No. In tema d’inquinamento, mobilità e abitudini il lockdown ha avuto un effetto duplice: perché da una parte è stato controproducente laddove ha portato il valore del distanziamento sociale, come misura preventiva e necessaria, e quindi naturalmente ha scoraggiato l’utilizzo del trasporto pubblico e la condivisione del veicolo. E ha spinto nuovamente in favore del trasporto individuale. Da questo punto di vista, le conseguenze sono negative. Ciò che è positivo, invece, è che la pandemia ci ha fatto scoprire modalità alternative di lavoro e di comunicazione, non necessariamente solo di telelavoro ma tante videoconferenze per cui questa fame bulimica di mobilità della nostra società un pochino si è placata». Forse, tuttavia, non abbiamo imparato abbastanza nella misura in cui l’estate di quello stesso anno il traffico è tornato agli stessi livelli del passato? «Non proprio come prima. Secondo le nostre cifre - le misurazioni relative a quest’anno non sono ancora disponibili - non ancora ai livelli precedenti». Abbiamo comunque imparato poco dall’allarme sanitario? «Ma questa pandemia non è stata un’emergenza ambientale. L’ambiente è certo importante, ma è solo una delle componenti. Io credo che la transizione deve avvenire nelle vie ordinarie e non traendo lezioni da un evento nefasto e straordinario».

‘I veri progressi ce li attendiamo dall’elettrificazione del parco veicoli’

Ecco, venendo alle vie ordinarie e concentrandoci su Luganese e Mendrisiotto, secondo quali criteri viene regolato il dosaggio delle velocità sull’autostrada, i cosiddetti “limiti dinamici” - che oscillano dagli 80 chilometri orari, ai 100, di nuovo agli 80 per poi ritoccare i 120? «Servono a gestire i picchi di traffico allo scopo di creare un flusso più regolare, con il duplice intento di garantire maggiore sicurezza e aumentare la capacità della tratta. Possono avere un effetto positivo anche sull’inquinamento, mantenere il traffico fluido è preferibile a una situazione di velocità a 120 all’ora con brusche frenate e ripartenze a scossoni. Il giovamento per l’ambiente è tuttavia relativo. I veri progressi ce li attendiamo dall’elettrificazione del parco veicoli e dal suo svecchiamento, non tanto da una misura di limite di velocità dovuta a un traffico congestionato. La competenza di questi “limiti dinamici” è dell’Ufficio federale delle strade (Ustra)». Rimanendo sulla A2, da decenni è afflitta da cantieri e restringimenti: la causa è conseguenza del carico di veicoli? «Indubbiamente, come pure l’usura del tempo - comincia infatti a datare di una quarantina di anni. Il passaggio di veicoli è aumentato esponenzialmente. Una cifra: per Grancia parliamo di 75-80 mila veicoli al giorno. Una cifra folle che può arrivare anche a 100 mila. Inoltre, l’apertura alle 40 tonnellate dei Tir non ha giovato ai manufatti. Che si debba fare manutenzione laddove passano milioni di veicoli al mese è fisiologico. È inoltre enormemente difficile intervenire su un tratto di strada, lasciandolo aperto». Il traffico deve dunque essere un “sorvegliato speciale” imprescindibile ai fini del rispetto del limite di emissioni fissato dall’Ordinanza federale contro l’inquinamento atmosferico? «Per questo abbiamo il decreto sulle misure d’urgenza, per l’introduzione dell’80 all’ora che entra in vigore quando si raggiungono dei picchi di ozono o di polveri fini. Il superamento dei limiti non si è quasi verificato. A memoria, è stato necessario ricorrere a questo decreto unicamente l’inverno scorso per uno o due giorni. Il traffico è un corresponsabile dell’inquinamento ma non è l’unico. Le polveri fini dei mesi invernali sono legati anche all’utilizzo degli impianti di riscaldamento, perché altrimenti avremmo l’allarme di polveri fini tutto l’anno, invece ce li abbiamo solo in inverno. La meteo, poi, è una concausa importante: impedisce all’inquinamento di disperdersi perché le polveri fini, se la pressione atmosferica è alta, rimangono sul posto e quindi si accumulano. Tutti i dati sulla qualità dell’aria sono disponibili in tempo reale online, sul sito dell’Osservatorio Ambientale della Svizzera italiana, Oasi.ti.ch».

Parola magica: incentivi per l’auto elettrica

I limiti fissati dall’Ordinanza federale contro l’inquinamento atmosferico si superano meno rispetto al passato? «Assistiamo a una diminuzione costante negli anni del numero di giorni di superamento dei limiti e non è un caso: questo è dovuto al miglioramento del parco veicoli e di quello degli impianti di riscaldamento. Ogni bruciatore che spegniamo con un incentivo per mettere una termopompa significa migliaia di litri di nafta che l’anno dopo non si bruceranno». In tema di auto elettriche, a che punto siamo? C’è un aumento delle richieste? «Con il primo pacchetto d’incentivi abbiamo registrato attorno ai 1500 veicoli elettrici immessi sul mercato nell’ultimo biennio. Abbiamo inoltre un nuovo e più importante pacchetto d’incentivi, approvato dal Consiglio di Stato e attualmente al vaglio del Parlamento. Come pure incentivi per gli scooter elettrici, nonché per la rottamazione di vetture inquinanti, indipendentemente dall’acquisto di un veicolo elettrico. Le vecchie vetture inquinano fino a 10 volte in più - se è un diesel anche 20 in più - rispetto a un’auto moderna. La nostra politica d’incentivi è all’avanguardia anche a livello nazionale: abbiamo raddoppiato il ritmo per le termopompe e per la produzione di energia rinnovabile. Raddoppiato è pure l’importo messo a disposizione rispetto al quadriennio precedente, un importo già accolto dal Gran Consiglio». Navigando sul vostro sito, il Piano dei provvedimenti è aggiornato al 2003. «Penso sia un problema informatico. Stiamo aggiornando il Piano di risanamento dell’aria del Luganese e quello del Mendrisiotto, ma siamo comunque lontani dai dati d’inizio Duemila. In generale sulle questioni ambientali siamo davvero sul pezzo. Al di là dei documenti programmatici... che conta sono i soldi. La questione è ancora e sempre una sola:quanti soldi mettiamo in questo settore». Se ne mettono a sufficienza? «È un equilibrio tra il denaro disponibile, di cui si parla molto in questo momento, e le priorità del paese». Si ritiene ottimista? «Ritengo che si stia compiendo un buon lavoro strategico di medio-lungo termine mettendo a disposizione mezzi importanti. Ogni giorno viene spento un impianto di riscaldamento a combustibile fossile o si lavora su una rete di teleriscaldamento... È un lavoro di lungo termine che va fatto e stiamo facendo».