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Malcantone, dalla miniera di Sessa al parco minerario

Sotto la lente il progetto, già sottoposto agli enti turistici e di sviluppo, di valorizzazione di siti noti e quasi sconosciuti della regione

23 settembre 2021
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Dalla miniera d’oro di Sessa al parco minerario del Malcantone il passo, sulla carta, è breve. Nella realtà, bisogna concretizzare MinerAlp, un nome che racchiude il senso di un progetto Interreg. L’obiettivo è quello di far conoscere le miniere dell’arco alpino anche attraverso un portale unico. Come? Anzitutto, alle nostre latitudini, alcuni tasselli ci sono, ma per comporre l’intero puzzle mancano diversi pezzi. L’iniziativa, che ha raccolto il sostegno dell’Istituto di geologia del Politecnico di Zurigo, include sette partner (Parchi naturali della Val D’Ossola, la Comunità dei Comuni della Val Sesia, la Regione Valle D’Aosta, la Società delle Cave di Baveno, un Comune a nord di Torino, la Miniera d’oro di Sessa e il Parco della Bintart in Vallese). Il progetto malcantonese, potenzialmente, rappresenta un salto di qualità nell’offerta turistica e culturale della regione, perché integra e lega tra loro i vari elementi del territorio stimolando così anche eventuali iniziative micro-imprenditoriali nel turismo e nella valorizzazione dei prodotti agricoli e artigianali locali. L’idea è di coinvolgere gli altri della zona, come il Museo del Malcantone.

Il cucchiaio di bronzo dei Romani

Ne abbiamo parlato con Daniele Ryser, già segretario della Regione Malcantone e ora attivo, per conto dell’Associazione Miniera d’Oro di Sessa e per l’Associazione Acqua Fregia, nello sviluppare un discorso logico di messa in relazione tra quanto esiste in zona con altri aspetti specifici che caratterizzano il Malcantone. Dal punto di vista storico, le attività minerarie dell’Ottocento e del Novecento sono documentate. Probabilmente anche nei secoli precedenti, ma finora mancano documenti e testimonianze. «Abbiamo invece una prova evidente di un’attività mineraria che risale all’epoca romana e forse celtica nelle aurifodine di Garavèe situate in territorio di Curio, frazione di Bombinasco – racconta Ryser –. Sono mucchi di ciottoli depositati a monte dei resti di un mulino accanto al fiume Lisora. L’anno scorso mentre eravamo sul posto, abbiamo trovato un cucchiaio di bronzo risalente all’epoca romana. Mucchi simili sono stati rinvenuti nel Biellese e comproverebbero una tecnica mineraria attribuita ai celti e ai romani. Da lì ricavavano l’oro, il ferro per gli attrezzi e dal silicio il vetro». Non sarebbe il caso di fare altri scavi? «Abbiamo scritto al Servizio archeologia dell’Ufficio dei beni culturali», risponde il nostro interlocutore. È una testimonianza importante che corrobora la presenza di un’attività mineraria nelle zone dove ci sono resti di dolmen e ritrovamenti di tombe celtiche e romane. Il luogo rientra nel percorso, in fase di elaborazione, che dalla miniera di Sessa prosegue fino a Bombinasco e raggiunge il laghetto di Astano e il confine con l’Italia. «Ad Astano ci sono pure i massi coppellari e abbiamo trovato un menhir che faceva da calendario. Un percorso tematico lungo il quale abbiamo proposto di posare totem esplicativi da abbinare all’offerta enogastronomica e di tempo libero della regione» annota Ryser.

Testimonianze esistenti e da scoprire

Per cominciare, dunque, è stato allestito un rilievo di ciò che esiste. Oltre a quella di Sessa, ci sono miniere e siti che meritano di essere segnalati e valorizzati. Quali? «Sono diverse, come quella per estrarre il ferro, sopra Fescoggia sul monte Torri, con ancora i cunicoli e un forno restaurato dove cuocevano i sassi per estrarre il ferro grezzo», risponde Ryser che parla anche di altri posti situati lungo il sentiero delle Meraviglie: «Sotto il paese di Miglieglia, ci sono le miniere Franzi e Baglioni, attive a più riprese dal 1848 al 1920, con due filoni di arsenopirite e quarzo, dove si è cercato anche l’oro (con scarsi risultati). Entrambe sono segnalate con le spiegazioni. Dopo il Maglio, in territorio di Aranno c’è la miniera della Monda: in questo caso si seguì un filone di blenda (minerale costituito da solfuro di zinco in cristalli di colore bruno o giallo) e, a Novaggio, nel 1918 si tentò senza fortuna, seguendo un filone di quarzo e antimonite, una prospezione mineraria che si potrebbe rendere accessibile».

La prima fase del progetto è stata sottoposta all’Ente turistico e all’Ente regionale di sviluppo del Luganese. Inizialmente, prosegue Ryser, «dovremo sistemare alcune tratte del percorso per accedere alle varie testimonianze nel territorio: i passaggi per l’impianto di flottazione a Beredino (da restaurare) e l’accesso allo sbocco del camino di aerazione della Miniera d’oro di Sessa; l’accesso da Bombinasco al sentiero dell’alpe di Paz verso Astano, poi allo scavo di prospezione sopra Nocor ad Astano, alla palude degli Erbagni e al collegamento con il sentiero delle Guardie e al menhir del Motto del Risc, che va raddrizzato. Il tutto con un’adeguata posa di segnaletica e i pannelli esplicativi collegati alle app dei telefonini».

Dal Carbonifero all’inventario del castagno

Dietro il paese di Manno, il Comune ha già recuperato le cave di conglomerato, uno dei luoghi di maggior interesse geologico nazionale, con le sue rocce sedimentarie, le formazioni più antiche del cantone. Si trova in località Boschetti, a nord-ovest dell’abitato, dove sono emerse importanti tracce del Carbonifero: due grossi tronchi fossili che attestano, insieme ad altri reperti vegetali (tracce della presenza di felci arboree, equiseti, licopodi giganti), come Manno e il Sottoceneri in generale fossero compresi, circa 300 milioni di anni fa, in una fascia tropicale, con condizioni climatiche e vegetative parecchio diverse da quelle attuali. La zona è attrezzata ma non valorizzata come si dovrebbe. Nella seconda fase del progetto, prosegue Ryser, «abbiamo proposto pure un percorso che, da Manno, continua su un crinale seguendo il sentiero fino al percorso vita di Bosco Luganese, dove si osservano affioramenti del Carbonifero alternati a depositi morenici e gneiss del Monte Ceneri. A quota 509 metri, si incontrano i resti di un castello o una torre di guardia medievale. Il percorso poi conduce alla parte alta del Vallone tra Gravesano e Arosio e si vedono le rocce porfiriche che indicano una geologia di origine vulcanica, con formazioni che probabilmente risalgono al Permiano». In seguito, si raggiunge il sentiero del castagno fino a Cademario dove c’è l’inventario delle varietà del castagno in Ticino. Nel percorso rientra anche il monte di Caslano, che appartiene all’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali d’importanza nazionale, dove esiste già un sentiero geologico, peraltro non pubblicizzato. Un monte particolare che offre diversi elementi di interesse botanico e geologico.

Ryser mette in evidenza che «il restauro della miniera d’oro di Sessa in località La Costa è stato apprezzato dalla popolazione, sia locale (in particolare le scuole) sia turistica. Ciò dimostra la valenza culturale ed economica rappresentata da questo patrimonio storico-minerario del Malcantone. Siamo in contatto con l’Istituto di geologia del Politecnico di Zurigo che ha mostrato interesse per la miniera di Sessa e il territorio circostante». Insomma, sembrerebbero date tutte le premesse per portare a termine l’iniziativa.