Studio di scienza partecipativa mostra che in quattro aree la media delle PM 2.5 è stata oltre la soglia dell’organizzazione mondiale della sanità
Sono tanto minuscole da essere invisibili e nuocciono alla salute. La loro presenza inquieta ma le autorità faticano a individuare i rimedi giusti per contrastarne la diffusione. Parliamo di polveri sottili e quindi anche d'inquinamento atmosferico. In Ticino non siamo messi per niente bene. Soprattutto nel periodo invernale. Come dimostrano i risultati del progetto di scienza partecipativa fra Croazia e Ticino concluso di recente. Uno studio di scienza partecipativa (Citizen Science), che ha raccolto dati atmosferici sull’arco di cinque mesi nell'ambito del programma di cooperazione Svizzera-Croazia finanziato dalla Confederazione e dall'Ufficio governativo della Croazia per la cooperazione con le Ong. Vi ha preso parte, assieme all’associazione croata Irim, la fondazione Innovabridge di Caslano che ha realizzato il progetto didattico rivolto al pubblico nei settori di scienza e tecnologia. L'analisi è stata effettuata in collaborazione con la biblioteca cantonale LaFilanda di Mendrisio, con il coinvolgimento delle biblioteche delle scuole medie di Breganzona, Caslano e Arbedo-Castione, della biblioteca comunale di Montagnola e del Laboratorio di artigianato digitale (Lad) del Centro di risorse didattiche e digitali (Cerdd) del Cantone a LaFilanda e 106 biblioteche distribuite in tutta la Croazia.
Cominciamo dalla scienza partecipativa, cosa s'intende? «In estrema sintesi, la partecipazione della cittadinanza non accademica ai processi della ricerca scientifica – risponde Simone Merlo, di Innovabridge, ricercatore in scienze ambientali –. Uno degli obiettivi del progetto è stato il rafforzamento delle istituzioni sociali in Croazia. Tramite il coinvolgimento delle biblioteche si è voluto anche approfittare per educare il cittadino sulla tecnologia, soprattutto in Ticino, in tutti gli aspetti del processo scientifico, dalla raccolta dei dati fino alla loro interpretazione e analisi. Questo lavoro dimostra come tramite la partecipazione pubblica sia possibile fornire indicazioni ai professionisti, alle autorità e al pubblico sull’andamento dei parametri meteorologici e delle loro conseguenze sull’ambiente e sulla salute». In concreto, l'impegno della popolazione è stato quello di fornire aiuto nella raccolta d'informazioni con i dispositivi elettronici programmabili nel periodo invernale-primaverile. I risultati sono abbastanza inquietanti: il valore limite di 10 μg/m3 (microgrammi per metro cubo) proposto dall’Organizzazione mondiale della sanità è stato sistematicamente superato in tutte le aree ticinesi studiate. Non solo: sono stati superati i valori obiettivo di 25 μg/m3 indicati dalla Commissione Europea, dimostrando un accresciuto rischio per la salute provocato dall’inquinamento atmosferico per entrambi i paesi. Non sarebbe il caso d'introdurre un'ordinanza e il monitoraggio di queste polveri fini definite PM2.5? «Ci vorrebbe un sistema di rilevamento con un informazione chiara per la popolazione ma quando si parla di misure la questione diventa politica – osserva Merlo –. Le PM2,5 sono principalmente generate a livello locale. In Ticino i principali responsabili sono il traffico stradale e i sistemi di riscaldamento a nafta, carbone o legna».
In base a quali criteri sono state scelte le aree di studio? «La partecipazione era volontaria quindi la selezione delle aree è stata causale ma c'è stata una buona copertura del territorio cantonale: le biblioteche coinvolte in Ticino sono state cinque, le zone corrispondono a Lugano–Canobbio; Morbio Inferiore–Mendrisio; Claro–Arbedo e Montagnola–Caslano – continua il giovane ricercatore –. Abbiamo monitorato le zone circostanti il deposito di pneumatici di Mendrisio dove è divampato un incendio nel dicembre 2020, proprio vicino a casa mia, dove ho posizionato l'apparecchio di misurazione. I dati emersi sono preoccupanti (vedi tabella)». La ricerca ha descritto l’incidenza di eventi isolati sui livelli di inquinamento atmosferico. L'incendio al deposito di pneumatici ha provocato un’impennata dei livelli di PM2.5 con valori puntuali massimi di 150 μg/m3, mentre un periodo di forti venti ha azzerato le polveri fini per un periodo di oltre 4 giorni. «Però, non spariscono né col vento né con la pioggia, vengono assorbite dal suolo e dall'acqua», precisa Merlo. E questo è il problema. Diversi studi dimostrano come l’esposizione a lungo termine a tenori elevati di polveri fini sia dannoso per la salute e possa portare a tumori e infarti. Uno di questi studi ha dimostrato che nelle città europee, la riduzione dell’esposizione a lungo termine a livelli di PM2.5 inferiori a 15 μg/m3 potrebbe evitare 16’926 decessi prematuri ogni anno e al contempo aumentare significativamente l’aspettativa di vita. La ricerca ha confermato che valori di particelle fini elevati con relativi rischi per la salute sono verosimilmente dovuti allo smog invernale provocato dal traffico stradale e dai riscaldamenti.
Le PM10 possono essere inalate e penetrare nel tratto superiore dell'apparato respiratorio, dal naso alla laringe. Le PM2.5 possono invece essere respirate e spingersi nella parte più profonda dell'apparato, fino a raggiungere i bronchi. Le polveri ultrafini potrebbero essere addirittura in grado di filtrare fino agli alveoli e ancora più in profondità nell'organismo e, si sospetta, entrare nel circolo sanguigno e poi nelle cellule. Mentre per le PM10, informazioni dettagliate sui valori giornalieri si trovano sul sito web dell’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (OASI) all’indirizzo www.ti.ch/oasi, per le PM2.5 non ci sono indicazioni.
PM (Particulate Matter) è il termine con il quale si definisce un mix di particelle solide e liquide (particolato) che si trovano in sospensione nell’aria. Può avere origine sia da fenomeni naturali (processi di erosione del suolo, incendi boschivi, dispersione di pollini ecc.) sia principalmente da attività antropiche, in particolar modo dai processi di combustione e dal traffico veicolare (particolato primario). Le PM10 sono particelle con diametro inferiore a 10 micrometri (10 µm) e PM2.5 quelle con un diametro inferiore a 2.5 micrometri. Il problema è noto alle autorità federali e cantonali, entrambe convinte della necessità di ulteriori misure incisive. Soprattutto in inverno, infatti, nelle città e nelle aree in prossimità delle vie di comunicazione vengono rilevate ancora concentrazioni eccessive di particelle fini. Per poter garantire il rispetto dei valori limite in vigore, in Svizzera le emissioni di polveri fini e devono essere ridotte di circa il 50 per cento rispetto ai valori attuali, si legge sul sito della confederazione (https://www.bafu.admin.ch/bafu/it/home/temi/aria/info-specialisti/qualita-dell-aria-in-svizzera/polveri-fini.html).