L'avvistamento odierno testimonia l'avanzata nelle nostre acque delle specie non autoctone dannose per l'ecosistema
C’erano una volta l’alborella e l’agone, specie ittiche che il Ceresio ha visto via via diminuire, sopraffatte da altri inquilini dell’era moderna giunti da lontano, come i voraci lucioperca, aspio, storioni e mettiamoci pure i siluri come pure, piombati letteralmente dal cielo, i famelici cormorani. E, perché no, anche le ‘pacifiche’ tartarughe, specialmente di origine esotica. Come quella che una giovane ha filmato questa mattina mentre ‘si aggirava’ davanti al molo del Circolo velico di Campione d’Italia. Una presenza non nuova nel lago di Lugano e nel Verbano (avvistamenti erano già stati segnalati nel golfo di Agno e nel Gambarogno), ma affatto facile da immortalare mentre perlustra la riva probabilmente in cerca di cibo o di un approdo.
Presenza anomala che può certamente incuriosire e strappare un sorriso, ma che in realtà rappresenta un serio problema per l’ecosistema lacustre, come ha spiegato qualche anno fa il presidente della Società protezione animali di Bellinzona Emanuele Besomi. Intervistato da Tio, evidenziava che si tratta delle classiche tartarughine “guance rosse o gialle” che si possono acquistare per pochi franchi in tenera età. Animali non indigeni, a differenza della testuggine palustre, che finiscono poi nel lago quando i proprietari scoprono che crescendo emanano un cattivo odore. Innocue per l'uomo ma, come detto, non per l'ambiente essendo «carnivore, invasive, distruttive e dotate di enorme capacità di adattamento e resistenza. Sopravvivono, si moltiplicano e distruggono la fauna indigena, decimando rane, girini e salamandre. I nostri laghi ne sono pieni e catturarle non è semplice». Perciò il presidente della Spab ne sconsigliava l'acquisto.
Un discorso a parte merita invece il progetto del Wwf per la reintroduzione della testuggine d’acqua in ambienti plaustri protetti, come le Bolle di Magadino, le Isole di Brissago, nonché i laghetti di Origlio, Muzzano e della Colombera a Stabio. Una specie tipica che vanta una lunga presenza alle nostre latitudini e che una ventina d’anni fa sembrava ormai essere scomparsa, fino a quando appunto il Wwf si è di nuovo interessato a essa avviando un progetto di ripopolamento che prosegue tutt’oggi.