In Capriasca un progetto a favore della conoscenza dei piccoli e laboriosi insetti con un occhio sulla cura del territorio e della biodiversità
Era sembrato un inverno fin troppo tranquillo, per le api di Castensago, quello che ci siamo lasciati alle spalle con l’arrivo della primavera 2021. “Così tranquillo – veniamo a sapere dai responsabili – da far temere che fossero morte o quasi”. Fortunatamente i laboriosi insetti avevano deciso semplicemente di spostarsi all’interno dell’arnia facendo perdere le proprie tracce ai sensori di temperatura e umidità. Tirato un sospiro di sollievo la nuova stagione è dunque iniziata, anche se in ritardo rispetto all’anno scorso. «Ma è stato così per tutte le colonie, a causa dell’inverno freddo e prolungato che ha prorogato di parecchio la fioritura delle piante che portano il primo polline, cioè i noccioli, senza il quale non c’è nutrimento per le larve» ci ha spiegato la copresidente della Sezione luganese degli apicoltori, Ilaria Jermini-Gianinazzi, in occasione dell’inaugurazione dell’apiario didattico della Capriasca.
L’apiario, nato da un progetto degli apicoltori del Luganese, al quale ha aderito il Municipio di Capriasca, che l’ha finanziato e contribuito a realizzare, consiste al momento in un’unica arnia (ne sarà aggiunta una seconda più avanti) in grado di permettere l’osservazione delle api nella selva castanile poco lontano dall’aula nel bosco e dall’area di sosta attrezzata creata qualche anno fa. Gli scopi che questo apiario persegue sono molteplici: «In primo luogo, si accresce l’offerta della zona di svago permettendo ai visitatori di acquisire più familiarità con questi straordinari e utilissimi insetti, in parte tramite una serie di cartelli didattici, ma soprattutto permettendo di visitare l’apiario in sicurezza con la guida di un apicoltore» evidenzia la responsabile. Intento didattico che però non si esaurisce nei pannelli e nelle spiegazioni degli apicoltori, ma viene esteso e approfondito in uno specifico sito web (www.apiariodidattico.ch), che è dunque parte integrante del progetto. Sulla pagina online si possono trovare informazioni aggiuntive sulla vita delle api con riferimento agli eventi stagionali e ai particolari scientifici: «E quest’ultimo è forse l’aspetto più innovativo del progetto. Le arnie – ci svelano i contorni del progetto Ilaria Jermini-Gianinazzi e il copresidente Davide Gargantini – sono munite di sensori che registrano i parametri fisiologici delle api (peso, temperatura e umidità dell’arnia), e la porta di volo è ripresa costantemente da una telecamera che mostra l’andirivieni delle api. I dati e le immagini acquisite sono riportati sul sito, e costituiscono spesso lo spunto per gli articoli del blog».
Un lavoro, insomma, di squadra che vede in diversi protagonisti la realizzazione del progetto: dall’Azienda elettrica di Massagno (Aem), che ha portato l’elettricità e la connessione internet necessari al funzionamento delle componenti elettroniche, alla Bitcrib che contribuisce con l’hosting e l’organizzazione dei dati che vengono raccolti tramite i sensori e le bilance per apicoltura che hanno prodotto, alla Bee Clever di Bioggio, il rivenditore di materiali apistici che ha fornito le tute di protezione a un prezzo scontato. Senza dimenticare gli apicoltori che si prestano, a titolo volontario, come accompagnatori dei visitatori, e due fra le anime del progetto capriaschese, l’ex municipale Lorenzo Orsi e Daniele Besomi.
Sezione, quella luganese, infatti, fra le più dinamiche oltre a essere la più grande per iscritti nella Svizzera italiana con i suoi 115 apicoltori (apilugano.ch) che si aggiornano continuamente: «Tutti lo fanno per hobby ad eccezione di uno o due con una media di 10-15 casse a testa e un totale circa in ogni cassa di 50mila api – ci riporta i numeri la copresidente –. Purtroppo in questo ultimo inverno abbiamo dovuto registrare una mortalità del 40% che nel Mendrisiotto ha toccato il 70%. Diversi i fattori che hanno concorso: la sfida più grossa è sempre quella contro la varroa, un parassita molto pericoloso per le colonie di api. Vi è poi un generale impoverimento del territorio dovuto alla crescente cementificazione e alla mancanza di biodiversità dei giardini. Calcoli che per noi fine luglio lo consideriamo già inverno in quanto non ci sono più fiori, con la necessità da settembre di dover nutrire le api con lo sciroppo. La nostra maggiore produzione è senz’altro il miele e in parte il polline, c’è poi chi ricava un po’ di propoli per uso esterno. Ma se con il miele abbiamo un buon commercio, gli altri prodotti sono prevalentemente di nicchia».