È l'ipotesi più papabile sul tavolo del Municipio, che tuttavia non vuole sbilanciarsi. La struttura passerà a breve nelle mani della Città
Ex Macello, e poi? Mentre le vie di Lugano sono ormai quotidianamente percorse dai manifestanti pro-Molino in seguito allo sgombero e alla demolizione del centro sociale, ci si interroga sul futuro dell'autogestione. Già da mesi i servizi comunali erano al lavoro per trovare delle alternative alla sede demolita e che ci siano degli scenari sul tavolo lo hanno confermato i municipali stessi nei giorni scorsi. Un nome non era ancora emerso, solo una localizzazione geografica: il Piano della Stampa. Ebbene, secondo nostre informazioni, quest'alternativa, riconosciuta sin qui come la più papabile, è l'ex impianto di depurazione delle acque di Cadro.
Entrato in servizio nel 1989 e inaugurato ufficialmente due anni dopo, l'impianto – gestito dal Consorzio Depurazione Acque del Medio Cassarate (Cmc) – è stato in funzione fino al 2017. «Il nostro Consorzio ha realizzato una serie di infrastrutture che permettono a tutti i liquami della valle del Cassarate di essere convogliati all'impianto di depurazione delle acque di Bioggio», ricorda il presidente del Cmc Erminio Della Torre. Da allora le acque luride di circa 13'000 persone non sono più convogliate lì, ma l'edificio «non è disabitato, abbiamo lì ancora i nostri uffici, l'archivio». Ciononostante, sempre da nostre informazioni, i servizi della Città si sono recati in loco un paio di settimane fa per ispezionare il sedime. «Sì, con la Città abbiamo un rapporto ottimale e già oggi la Divisione spazi urbani utilizza questi spazi con il nostro accordo». Ma «a noi degli autogestiti non è stato detto nulla, è una novità».
Eppure, la costellazione di pianeti potrebbe allinearsi proprio in quella direzione. Sebbene sia ancora formalmente di proprietà del Cmc, il terreno sta per passare al Comune. «Abbiamo fatto la domanda di scioglimento del consorzio – spiega Della Torre –, il Consiglio di Stato l'ha approvata e siamo in attesa che cresca in giudicato: è imminente. Dopo dovranno essere espletate delle formalità già discusse e approvate e in seguito il terreno diventerà di proprietà della Città, come previsto nell'atto di scioglimento concordato con Cantone ed enti consorziati. Dovranno essere espletate ancora delle formalità affinché questo avvenga, ma dovrebbe volerci relativamente poco». Ma neanche allora lo stabile sarà, chiaramente, subito utilizzabile. «Credo che un impianto di depurazione delle acque non rispetterebbe le norme fissate dalla Suva per quanto concerne la messa in pericolo delle persone. Andrebbe fatto un investimento importante e i lavori durerebbero un po'».
Sullo scenario abbiamo interpellato anche la capodicastero Sicurezza Karin Valenzano Rossi e il sindaco Marco Borradori. «Siamo a uno stadio dove abbiamo delle alternative sul tavolo, che meritano degli approfondimenti – ci dice la prima –. In parte sono stati fatti quelli che potevamo fare, ma siccome non c'è stato un coinvolgimento per ora degli autogestiti e visto che sul tema non c'è unanimità è importante essere prudenti. Per questo non vorrei che si facesse il nome di nessuna alternativa, perché quella – come le altre – in questo momento si brucerebbe. Sarebbe un'improvvisazione». «Dopo aver esaminato il rapporto del gruppo di lavoro siamo giunti alla conclusione che un'ubicazione è in modo piuttosto decisivo superiore alle altre – svela invece il secondo –, per diversi motivi: dalla raggiungibilità dei trasporti pubblici alle presumibili esigenze dell'autogestione. All'interno del Municipio non c'è unanimità però. Io personalmente inoltre, in questo momento, non mi sento ancora del tutto pronto a trattare sebbene vi sia un'apertura a farlo, bisogna abbassare un po' i toni. Credo quindi che anche la questione dell'alternativa in questo momento sia congelata, anche se c'è».
Eh sì, perché per arrivare a una soluzione condivisa dialogare è indispensabile. «Sì, è fondamentale riaprire il canale di discussione – concorda la municipale – e faccio in quest'occasione un nuovo appello affinché questo avvenga. Fare delle fughe in avanti sulle delle ipotesi che con loro non sono ancora state condivise e che necessiterebbero degli interventi che attiverebbero anche delle risorse della Città per le quali bisognerebbe passare dal Consiglio comunale è prematuro». Un dialogo che da Valenzano Rossi e dall'altro neo-collega Filippo Lombardi è stato già tentato settimana scorsa. «Sì, siamo andati al Macello, avvisando, con l'intento di parlargli. Ci siamo incontrati nel cortile, sono stati gentili, alcuni si sono detti anche sorpresi di questo nostro gesto. Non siamo venuti a dare false speranze sulla loro possibilità di rimanere lì: ho spiegato che c'erano delle decisioni antecedenti dalle quali partire. Ciononostante ho detto che c'erano possibilità di trovare soluzioni alternative insieme e che eravamo lì per quello e che avevamo bisogno di avere un'interlocuzione. Ci hanno risposto che dovevano parlarne in assemblea, gli abbiamo detto che saremmo rimasti lì vicino. Abbiamo atteso per tre ore, non siamo stati interpellati e quindi ce ne siamo andati».
Le difficoltà di comunicazione col Municipio d'altra parte non sono una novità. Non sarebbe quindi il caso, Marco Borradori, di rivolgersi a un mediatore così come richiesto ad esempio dalla municipale Zanini Barzaghi? «In questo momento non lo vedo bene. Sarebbe difficile trovare qualcuno che non sia o tendenzialmente dalla nostra parte o tendenzialmente dalla loro. Credo che si possa arrivare a dialogare direttamente e preferirei quell'opzione. Chiaramente non sarà facile. E anche il Cantone deve fare la sua parte, non fosse altro che perché ha firmato anch'esso la convenzione. E non è questione che riguarda solo Lugano. Io resto ottimista comunque. Da sempre ci vuole una crisi per far ripartire le cose». E anche Valenzano Rossi concorda sulla figura del mediatore: «Io vorrei che parlassero con noi. Se si tratta di andare alle loro assemblee, lo farò».