Il procuratore pubblico ha chiesto venti mesi di pena per il 44enne accusato di amministrazione infedele. La difesa chiede l'assoluzione.
«Aveva brama di denaro, brama di guadagnare, brama di definirsi imprenditore». Questo, secondo il procuratore pubblico Andrea Gianini, il profilo del 44enne italiano accusato di amministrazione infedele nel gestire un paio di società che avrebbero dovuto portare alla realizzazione di un maxi centro polisportivo a Bedano una decina d'anni fa. Durante la sua requisitoria il pp, ammettendo la violazione del principio di celerità e la conseguente prescrizione anche di uno dei capi d'accusa, ha chiesto venti mesi di pena, non necessariamente da espiare, per un periodo di prova di tre anni.
«Se c'è stata una costante in questa inchiesta è un sistematico respingimento di ogni contestazione da parte dell'imputato – ha detto Gianini –. Ha portato fino in fondo il berretto da capitano d'industria, peccato che di soldi lui non ne avesse». Di puntato in particolar modo sul rapporto fra i due promotori del mega progetto. L'imputato è accusato di aver tradito la fiducia dell'altro promotore, oggi defunto, che gli avrebbe versato circa 330'000 franchi in sette tranches sul conto della società semplice fondata assieme con lo scopo di ottenere la licenza edilizia per costruire il mai realizzato centro polisportivo. «Dal conto della società semplice venivano girati su altri conti, entrambi gestiti dall'imputati – ha detto il pp –. Erano dei conti di passaggio». Soldi che poi sarebbero stati utilizzati per i famosi scopi personali, che l'imputato durante l'interrogatorio ha definito spese di gestione.
Oltre ad aver violato la fiducia del proprio partner, secondo il pp l'imputato avrebbe anche sfruttato per i propri scopi persone in difficoltà: «Fragili, che non lavoravano e che erano indebitate. Uno addirittura era senza fissa dimora». Persone alle quali sarebbero stati promessi impieghi, impieghi fittizi in realtà ma presentati come tali all'Ufficio regionale di collocamento. Sull'altro fronte, durante un periodo di circa due anni i soldi del socio sarebbero stati spesi praticamente integralmente, ma altri finanziatori – per un progetto che ricordiamo era di circa 160 milioni di franchi –, «se non simpatizzanti sulla carta», non ce n'erano.
Il progetto di Bedano è naufragato in Consiglio comunale nel 2012, ma nonostante questo «invece di depositare i bilanci, quale era il suo dovere di amministratore, si è aumentato gli stipendi. Un approccio che ha aggravato le spese delle società (dichiarate fallite nel 2014, ndr)».
Il pp ha ricordato che fra i numerosi incarti relativi alla vicenda, tre si sono concretizzati in non luoghi a procedere e due in decreti d'abbandono. Prescritto il reato di esercizio abusivo della professione, dato che l'imputato avrebbe esercitato da fiduciario commercialista senza averne le qualifiche.
«La colpa per me è grave – ha detto infine il pp –, per la determinazione a reiterare l'illecito. Diverse le aggravanti: i crimini sono stati commessi per la maggior parte sull'arco di diversi anni (2009-16, ndr), non c'è stato alcuno scrupolo nel coinvolgere terzi, non c'è stata alcuna collaborazione, ha occultato i documenti, ha negato i conti bancari, ha mentito in qualità di teste, ha manovrato persone in difficoltà».
Dal canto suo, l'avvocato della difesa ha tentato di smontare i capi d'accusa uno per uno, arrivando infine a chiedere l'assoluzione. Basandosi talvolta sul principio dell'in dubio pro reo, rovesciando il punto di vista del pp per altri punti, Fulvio Pezzati ha sostenuto che «l'inganno astuto è riconosciuto soltanto se sin dall'inizio vi è l'idea di realizzare una truffa».
La tesi difensiva è infatti diversa: «Il mio assistito è convinto di aver gestito il progetto al meglio delle sue possibilità e capacità. Non si arriva a presentare una variante di Piano regolatore se non c'è dietro un lavoro serio. Ci sono persone che ci hanno messo la faccia, persone serie. Poi certo, il progetto è fallito, ma non è stato voluto». Pezzati sottolinea inoltre che l'altro promotore che ci ha messo i 330'000 franchi l'ha fatto «conoscendo benissimo il percorso del progetto», che 1,2 milioni di franchi erano garantiti da parte di una banca e riguardo ai soldi spesi nei night club, si tratterebbe di «spese di rappresentanza che sono il minimo che possa succedere in progetti di questo tipo». L'arringa si è conclusa chiedendo alla Corte, qualora si arrivi a una condanna, di tenere conto di attenuanti legate al peggioramento di salute dell'imputato e alla buona volontà dimostrata di lasciarsi alle spalle il passato.