Il giudice Amos Pagnamenta ha ordinato la misura restrittiva di sicurezza per pericolo di fuga nei confronti dell'imprenditore espulso
Sentenza, con arresto in aula. Questo l'epilogo serale del processo svoltosi oggi davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano, per furti nel Luganese. Nei confronti di uno dei due imputati, il 36enne imprenditore kosovaro, richiedente l'asilo in Ticino dal 2007, il giudice Amos Pagnamenta ha richiesto l'arresto al termine della lettura della sentenza, come misura restrittiva di sicurezza per un pericolo concreto di fuga. La Corte ha infatti condannato il 36enne a 2 anni di carcere e all'espulsione dalla Svizzera per 7 anni. Il suo avvocato, Yasar Ravi, ha dichiarato di voler ricorrere contro questa misura e che presenterà reclamo alla Corte dei reclami penali. Il legale si era battuto per esonerare il proprio cliente dall'espulsione e aveva chiesto una pena sospesa, ma la Corte ha deciso diversamente. Anche contro la condanna, Ravi ha fatto sapere di ricorrere in Appello.
L'altro imputato, un 42enne albanese, è pure tornato in carcere, ma era già in espiazione di pena: è stato riconosciuto colpevole di 57 furti nelle abitazioni del Luganese ed è stato condannato a 3 anni e 3 mesi di detenzione e a 10 anni di espulsione dalla Svizzera. L'avvocato di difesa, Stefano Camponovo, si era battuto per una parziale sospensione condizionale.
La vicenda processuale riguarda una serie considerevole di colpi compiuti all'interno di abitazioni e uffici. Il 36enne imprenditore offriva base logistica nel proprio appartamento del Vedeggio al cittadino albanese, al quale inizialmente aveva prospettato un'assunzione nella propria azienda, ma che poi ha accettato di diventare suo complice. L'attività? Furti. I due imputati stamane si sono ritrovati sul banco degli imputati davanti alle Assise criminali di Lugano per furti in banda. I furti sono stati compiuti nell'arco di soli tre mesi, dal novembre 2019 al gennaio 2020, quando ai loro polsi sono scattate le manette - per una refurtiva del valore complessivo di oltre mezzo milione di franchi.
La maggioranza dei furti, avvenuti principalmente nel Vedeggio sono stati commessi dal 42enne. Il più giovane dei due lo accompagnava in auto, nella vicinanze degli obiettivi e poi aspettava in macchina; altre volte svolgeva tutto il cittadino albanese, viaggio, furto e ritorno, che in aula ha dichiarato: «Sceglievo a caso dove andare a rubare. A me interessavano i soldi e qualche orologio. I gioielli? Li abbiamo buttati nel cestino dell'immondizia». Una versione ritenuta poco credibile dall'avvocato, Franco Ghidoni, accusatore privato di una delle maggiori vittime, che si è vista sottrarre la cassaforte con preziosi del valore di 90 mila franchi.
Tre, in totale, le casseforti asportate dalle abitazioni prese di mira dai due malviventi. E, per queste, vista la loro mole - superiore ai 100 chili - anche l'imprenditore ha preso parte fisicamente al prelievo degli armadi metallici per la custodia dei preziosi e - ancora una volta - ha prestato la propria base logistica, mettendo a disposizione il suo magazzino in un Comune del Vedeggio, dove le cassaforti sono state aperte e svuotate dei loro importanti valori. Il malloppo veniva diviso. Il 36enne ha dichiarato di aver ricevuto come compenso dai furti (complessivamente 8 quelli ai quali ha partecipato attivamente), 4 mila franchi. Il guadagno dell'esecutore materiale ammonta a oltre 10 mila franchi, stando sempre alle sue affermazioni all'attenzione della Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Il ladro professionista ha così potuto appianare i suoi debiti e pagare l'affitto al suo complice.
Il procuratore pubblico, Pablo Fäh, al termine della sua requisitoria, ha chiesto 4 anni di carcere per il 42enne e l'espulsione dalla Svizzera per 12 anni; e 2 anni e 4 mesi di detenzione per il 36enne ed espulsione per 7 anni. Soggettivamente il magistrato ha ritenuto grave la condotta del 36enne: «È grazie alla sua ospitalità se il 42enne ha potuto delinquere». Secondo il pp l'imprenditore era perfettamente a conoscenza sin da subito delle malsane intenzioni del suo inquilino. La pena più alta è naturalmente stata avanzata per l'esecutore materiale dei furti, il quale ha sostanzialmente ammesso le proprie responsabilità, contestando tuttavia la refurtiva denunciata dalle vittime (alcune delle quali presenti in aula) e alcuni furti. Ma gli inquirenti non hanno dubbi: le sue scarpe, un paio numero 42 e uno 43, hanno lasciato evidenti tracce sui luoghi dei crimini, così come il suo Dna, e gli agenti della scientifica hanno trovato i rilievi. La il 36enne la richiesta di pena ha tenuto conto anche di altri reati da lui commessi, fra cui un pugno in pieno volto sferrato all'avventore di una discoteca di Lugano per la quale nei week end svolgeva il buttafuori, ciò che ha configurato il reato di lesioni semplici.