Luganese

Lugano: sottrasse 4,5 milioni fingendosi avvocato, condannato

Un 40enne è stato condannato alle Assise criminali per truffa e riciclaggio a quattro anni e tre mesi e all'espulsione dalla Svizzera per dieci anni

Dei 4,5 milioni, circa 2,9 sono stari riciclati. Forse al Casinò di Campione d'Italia (Foto Ti-Press)
30 dicembre 2019
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In meno di quattro anni è riuscito a sottrarre oltre 4,5 milioni di franchi alle proprie clienti, fingendosi avvocato. Contesto, sceneggiatura e importi impressionanti sono quelli di un film hollywoodiano, ma è tutto successo invece fra Lugano, Milano e Campione d'Italia. E rigorosamente reale.

A Lugano per recuperare un'eredità non dichiarata al Fisco italiano

Un 40enne cittadino italiano residente a Lugano ha infatti ingannato, fra il 2013 e il 2017, due facoltose donne italiane: madre e figlia. Le due erano arrivate in riva al Ceresio per recuperare un'ingente somma di denaro – l'eredità del defunto marito e padre – depositata in Svizzera, non correttamente dichiarata alle autorità fiscali della Penisola. In quell'occasione l'imputato – che lavorava nella società finanziaria, oggi in liquidazione, alla quale le donne si erano rivolte – si presentò loro come avvocato, pur non avendo nemmeno effettuato studi in giurisprudenza. Dichiarò di essersi messo in proprio e di potersi occupare delle loro pratiche amministrative e legali. Grazie alla fiducia aumentata man mano fra le parti, il 40enne prese poi a gestire diversi aspetti della vita quotidiana e famigliare, fino ad arrivare a gestirne il patrimonio e le relazioni bancarie.

Due società aperte 'per avere il permesso di dimora'

La truffa, che la Corte delle Assise criminali presieduta da Mauro Ermani ha riconosciuto nella forma dell'aggravante per mestieri così come proposta dal procuratore pubblico Andrea Minesso, era ben ingegnata. Consigliando le proprie clienti di aprire diversi conti in vari istituti, l'uomo è riuscito a impossessarsi delle credenziali necessarie per l'e-banking e per l'utilizzo delle carte Maestro. È riuscito pure a suggerire l'apertura di due società – facendosi nominare amministratore unico –, ingannando le vittime. In particolare, facendo loro credere che fosse necessario aprirle per esercitare un'attività professionale in Svizzera e ottenere il permesso di dimora. In realtà, le due società fittizie servivano unicamente a fare da ricettacolo al patrimonio delle clienti, per impossessarsi di ulteriori soldi. Un meccanismo rottosi quando le vittime si sono accorte che mancavano (molti) soldi nei propri conti.

Il gioco al Casinò di Campione e l'interrogativo del riciclaggio

Una consistente parte di questo denaro (2,9 milioni) è stato poi riciclato, anche se non è stato possibile risalire in inchiesta alla destinazione precisa di questi soldi. «Una larga parte li ha spesi per mantenere il proprio elevato tenore di vita – ha spiegato il pp – e poi un'ipotesi è che li abbia spesi giocando». Pare infatti che l'imputato fosse un assiduo frequentatore del Casinò di Campione d'Italia e, sebbene non siano emersi elementi ufficiali per avvalore questa tesi, una delle piste più credibili è che molti soldi siano stati riciclati, giocandoli e perdendoli, proprio lì. Modus operandi che per altro non sarebbe nuovo alle aule penali ticinesi.

Coinvolta (e indagata) anche la moglie

L'imputato – difeso dall'avvocato Flavio Amadò – ha ammesso i fatti e si è arrivati pertanto a sostenere un processo nella formula del rito abbreviato, che l'ha portato a essere condannato a quattro anni e tre mesi di carcere (dove si trova già da un anno e mezzo). A breve dovrebbe arrivare in aula anche la moglie dell'uomo, pure coinvolta nei fatti in quanto più volte si sarebbe spacciata per una delle vittime e alcuni conti sarebbero stati intestati a suo nome. «La sua colpa – ha detto infine il giudice – è stata aggravata sia dagli importi che dal numero di prelevamenti (migliaia, ndr) effettuati. Ha dimostrato una capacità delinquenziale non trascurabile».