Lo slittamento potrebbe durare due anni. Intanto nell'enclave di discute su chi sia stato a provocare l'infausto provvedimento
Sembra profilarsi una soluzione per evitare l'entrata in vigore dal prossimo 1° gennaio la Direttiva Eu che prevede l'inclusione di Campione d'Italia e le acque del Ceresio da Ponte Ceresio a Lavena Ponte Tresa nell'ambito doganale europeo. Un terremoto epocale destinato a penalizzare ogni cittadino campionese. Il governo italiano ha la possibilità di prorogare l'entrata in vigore della direttiva dello scorso marzo di un anno senza dover rendere conto a Bruxelles.
Lo potrebbe fare per due anni. A quel punto la Commissione Europea potrebbe chiedere spiegazioni a Roma, ma con tutti i problemi che ci sono a Bruxelles il 'caso Campione' sarebbe l'ultimo dei problemi. Roma potrebbe motivare il rinvio sostenendo di non aver avuto tempo a mettere in cantiere i decreti attuativi che, e non potrebbe essere diversamente, dovranno essere studiati assieme alla Confederazione elvetica e il Canton Ticino. A questo proposito nei mesi scorsi il commissario prefettizio Giorgio Zanzi ha avuto incontri a Bellinzona. L'ex prefetto di Varese oggi sarà a Roma, per incontri sia al Viminale che al Mef (Ministero economia e finanze): sul tavolo la riapertura del Casinò e la richiesta di rinvio dell'inclusione di Campione d'Italia nello spazio doganale europeo.
Nel frattempo in riva al Ceresio continua la discussione sulla paternità della Direttiva Ue. “Sono inesatte le dichiarazioni del commissario prefettizio Giorgio Zanzi: dalle motivazioni che accompagnano la Direttiva Ue, non risultano sollecitazioni da parte di componenti della comunità campionese. C'è stato invece il tentativo unilaterale della Svizzera, di attribuirsi la sovranità doganale sul territorio e sulle acque lacuali campionesi. A questo tentativo il governo Gentiloni reagì d'accordo con la Comissione Ue, facendo approvare la famosa direttiva, predisposta dal Mef, Direzione generale delle finanze”. E' quanto afferma Massimo D'Amico, presidente dell'Associazione operatori economici campionesi,, in merito all'articolo apparso su laRegione. D'Amico sostiene che “tale direttiva è stata predisposta e mandata avanti senza alcun confronto con la comunità campionese. L’Associazione operatori economici ha messo in evidenza i problemi che si aprivano con questa decisione e suggerì (purtroppo senza riscontro) di dare invece esecuzione all’accordo italo/svizzero siglato nel dicembre 2015 (che prevedeva di identificare contingenti per le varie merceologie da importare a Campione senza pagare le imposte indirette svizzere, e senza entrare nel merito della sovranità doganale)”. In quell’occasione, evidenzia D’Amico, “l'amministrazione comunale in carica brillò per la sua latitanza. Purtroppo, non sono stati approfonditi gli effetti negativi sulla vita dell’enclave, dell’entrata in vigore della direttiva e del connesso regolamento doganale”.
Dal canto suo, Zanzi conferma la sua dichiarazione sottolineando che «a Roma non hanno fatto le cose senza aver prima preso contatti con Campione. E che Bruxelles si è mossa su pressione di Roma, a sua volta sollecitata da Campione». Lo dimostra uno scambio di documenti, incominciando da quello del 26 gennaio 2011 con i quale si chiedeva l'abolizione dell'Iva svizzera per i commercianti campionesi. Cosa non gradita agli svizzeri. La cui chiusura però non è stata netta. La Svizzera qualche anno fa si era detta disposta a rimborsare l'Iva rossocrociata.