Luganese

Scuce 30mila franchi alla banca, 45enne condannato

Il giudice non crede all'innocenza dell'imputato che è stato prosciolto dall'accusa di truffa perché non c'è stato nessun inganno astuto.

(Ti-Press)
13 settembre 2019
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"Sono innocente, non c'entro nulla con questa vicenda". Sono le ultime parole dell'imputato di nazionalità italiana di 45 anni residente nel Varesotto che oggi la Corte delle Assise correzionali di Lugano ha condannato a una pena pecuniaria di 120 aliquote di 20 franchi l’una e a una multa di 1’000. Il giudice Marco Villa non ha creduto alla versione dell'uomo che ha sempre sostenuto di essere stato vittima di un furto d'identità da parte di una persona che si è fatta passare per lui per ottenere un credito di 30'000 franchi da un istituto di credito. Però, la pena nei suoi confronti è stata ridotta rispetto alle 120 aliquote giornaliere da 100 franchi l'una e al pagamento di una multa di 2'000 franchi indicate nel decreto d’accusa contestato.

I fatti sono avvenuti nel luglio di quattro anni fa quando la banca in questione (con sede a Lugano) si è fatta ingannare e ha versato in contanti 30'000 all'autore materiale della truffa, già condannato. Il giudice ha prosciolto l’imputato dall’accusa di truffa: non c’è nessun inganno astuto. Il funzionario di banca, se avesse verificato la documentazione richiesta come avrebbe dovuto, si sarebbe accorto che i tre centificati di salario di altrettanti mesi recavano le stessa data e lo stesso numero di ore e che in calce al contratto di lavoro stipulato con una ditta ticinese non c’era la firma del contraente. Il 45enne è stato però riconosciuto colpevole di ripetute falsità in documenti e certificati per aver agito in correità con l’autore materiale dell’inganno, un altro cittadino italiano pluripregiudicato e già condannato.

L’imputato, difeso dall’avvocata Valentina Zeli, si è sempre professato estraneo ai fatti perciò ha contestato il decreto d’accusa. Ha peraltro denunciato alla polizia italiana la scomparsa dei suoi documenti e certificati che teneva nel vano sinistro della portiera dell’auto. Non è bastato per convincere il giudice secondo cui l’attestazione della società di carte di credito solo lui poteva fornirla. Un documento che ha spazzato via tutti i dubbi del presidente della Corte rimasto convinto del coinvolgimento del 45enne nell’architettare il disegno truffaldino, rimandando però al foro civile le pretese di risarcimento della banca gabbata.

'È una persona onesta'

Nelle requisitoria, il procuratore pubblico Andrea Maria Balerna ha affermato che l’autore materiale della truffa ha però agito in correità con l'imputato. Altrimenti, non avrebbe potuto procurarsi tutti quei documenti indispensabili per accedere ai soldi (come il saldo parziale di un conto di un'altra banca). Da qui, la richiesta di pena formulata dal pp: sei mesi, affidando al giudizio della Corte la concessione della sospensione condizionale. Sì, perché il fatto che l'imputato mantenga ancora oggi la propria versione rappresenta ai suoi occhi un aggravante, tanto da spingere l'accusa a chiedere alla Corte di infliggere al 45enne anche una norma di condotta che lo obblighi al risarcimento entro un termine stabilito e di una multa di 2'000 franchi (4'000 nel caso non venisse inclusa nel dispositivo la norma di condotta).

Di parere diammetralmente, la posizione della difesa, sostenuta dall'avvocata Valentina Zeli, secondo cui le accuse si fondano su ipotesi mai verificate. A cominciare dal mancato interrogatorio dell'autore materiale della truffa, un pluripregiudicato, come detto già condannato per falsità in documenti e certificati. Invece, il suo assistito, incensurato, che per un certo periodo ha fatto il frontaliere "è una persona onesta". L'avvocata ha poi messo in evidenza altre presunte lacune dell'inchiesta che non avrebbe accertato compiutamente i fatti limitandosi a ribadire che i documenti necessari per ricevere il credito li avrebbe potuti fornire solo l'imputato che ha peraltro denunciato alla polizia italiana la scomparsa dalla sua vettura del permesso di lavoro G e altri documenti personali. Per Zeli, il 45enne non può essere condannato per falsità in documenti e in certificati siccome, per questi reati è già stato condannato l'autore materiale della truffa. Truffa che non può nemmeno essere considerata visto che non c'è stato l'inganno astuto. Perciò, l'avvocata, invocando il principio 'in dubio pro reo' ha chiesto il proscioglimento del 45 enne.

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