Luganese

Dipendenze, la storia di Lucia: 'Rovinata da farmaci e alcol'

Anni di dipendenze e ora in trattamento a Villa Argentina, la toccante testimonianza della donna caduta nel vortice degli abusi dopo problemi al lavoro

Foto Ti-Press
17 maggio 2019
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Un bel viso rubicondo, una voce pacata e consapevole, un sorriso amichevole e rassicurante. E una storia drammatica alle spalle. Incontriamo Lucia (vero nome noto alla redazione) a Villa Argentina, una delle due sedi dell’Associazione L’Ancora. La testimonianza della 50enne è forte e toccante. Un aiuto per noi, per capire meglio il fenomeno dell’invecchiamento di chi per anni è stato dipendente da droghe o altre sostante. Farmaci e alcol, nel caso specifico. Cresciuta in Svizzera interna, Lucia è arrivata in Ticino ormai quasi vent’anni fa per motivi di lavoro. Da allora la sua vita è peggiorata.

Quando sono iniziati i problemi?

Subito dopo il trasferimento. Ho lavorato per sette anni in banca a Zurigo. Cercavano qualcuno che conoscesse le lingue, italiano compreso, per la filiale luganese e ho pensato che fosse un’opportunità interessante. Mi ero lasciata da poco col mio compagno e cercavo un cambiamento. Ma mi sono trovata male.

Come mai?

Ho trovato molta chiusura mentale, invidie, piccole lotte e tanta instabilità. Responsabili che cambiavano velocemente e disorganizzazione. Mi sentivo isolata dai colleghi e sola. In breve, andare al lavoro diventò un peso e cominciai a provare stati d’ansia. Non dormivo più.

Si rivolse a un medico?

Ho provato senza successo dei prodotti omeopatici. Poi mi è stato prescritto un ansiolitico. Sul momento le cose miglioravano, ma mi creò una forte dipendenza. Cominciai però ad abusarne e andai in depressione. Non riuscivo più a lavorare: mi invitarono a licenziarmi.

Quando perse il lavoro, cosa capitò?

Mi rivolsi a uno psichiatra. Oltre agli ansiolitici mi prescrissero degli antidepressivi. Trovai un impiego per una società immobiliare, ma era a tempo determinato. Cercavo lavoro, ma non lo trovavo, probabilmente si vedeva che ero diversa. Lì iniziarono gli attacchi di panico. Cominciai allora anche a bere alcol, mischiandolo coi medicamenti. La situazione peggiorò drasticamente.

Cosa successe?

Non ero più la Lucia di una volta. Non avevo voglia di uscire, avevo paura di stare fra la gente, passavo le giornate a letto. Sono stata ricoverata diverse volte. Il mio umore peggiorava costantemente. Finché tentai anche il suicidio.

Qualcuno la aiutò?

Inizialmente dissimulavo bene. Poi la mia famiglia si accorse del mio malessere, intervenendo energicamente. Ma spesso ero anche io stessa a cercare aiuto, a richiedere i ricoveri. Sei mesi fa sono arrivata a Villa Argentina. Volevo venirci da diverso tempo, è la migliore comunità di recupero che c’è in Ticino.

Come giudica il suo percorso terapeutico sin qui?

Positivamente. Sono cosciente di avere delle problematiche, ma non ho mai desiderato interrompere il percorso. Forse, per la mia età, sono più saggia (sorride, ndr). Non vedo più tutto nero e già questo è un importante risultato. E poi sto meglio fisicamente, dormo bene la notte. E ho trovato delle persone a cui mi sono affezionata e che si sono affezionate a me.

Non ha paura di avere ricadute?

Sì, è una costante. Ma è bene che sia così: è un deterrente dal ricascarci. Avere paura dona prudenza.
Ci congediamo da Lucia e con l’assistente sociale di Villa Argentina Giorgio Simona, cerchiamo di capire brevemente quale sia la sfida principale oggigiorno nell’ambito del lavoro coi tossicomani ‘over’. «Mentre nei giovani l’obiettivo è il reinserimento professionale nella società, in questi casi spesso non è possibile – spiega –. Si cerca di lavorare sulla qualità di vita quindi, sul mantenimento dell’astinenza dalle sostanze, sulle attività occupazionali». Spesso infatti si tratta di persone in Ai, ma anche qui qualcosa sta cambiando. «C’è più severità oggi nell’attribuire le rendite, e talvolta questo è discutibile, cosicché i casi sono diminuiti».