È il triste racconto di Marianna, a cui è stato tolto il bambino a causa di forti incomprensioni col padre. Il legale di quest'ultimo: 'L'Arp fa le verifiche'
«Non dormo, non mangio, ho perso otto chili in poche settimane, urlo dal dolore». È un triste racconto quella di Marianna. Una testimonianza che tocca le corde di uno dei legami più profondi che ci siano: quello fra genitore e figlio. Un rapporto interrotto il 5 ottobre, quando l’Autorità regionale di protezione (Arp) 5 di Massagno ha emesso un provvedimento supercautelare portando il piccolo di dieci mesi a casa del padre e notificando alla mamma l’immediato distacco, provvisorio. «Da allora non l’ho più visto, neanche in foto» lamenta la trentenne.
Essendo coinvolto un minore, la vicenda è avvolta da riserbo: l’Arp ha preferito non esprimersi. Tuttavia, il dolore di Marianna l’ha portata a rivolgersi alla stampa: «Mi sento vittima di un’ingiustizia – dichiara –, soffro molto la mancanza di mio figlio». L’intervento delle autorità d’altro canto è stato dettato da accuse pesanti. Un corposo dossier preparato dal padre del bambino che accusa, fra le altre cose, la donna di partecipare a festini con alcol e droga. «Menzogne – replica lei –, ho fatto il test del capello ed è negativo: non consumo stupefacenti». Lunedì scorso le cose sono precipitate: dopo un appello su Facebook, con alcune decine di persone che hanno aderito, ha inscenato una protesta sotto casa del padre. Quest’ultimo – un cittadino italiano residente nel Luganese – ha chiamato la Polizia cantonale, che dopo l’interrogatorio ha denunciato la donna per soggiorno illegale intimandole di lasciare la Svizzera il giorno stesso.
Arrivata in Ticino dalla Russia per motivi di studio una decina d’anni fa, Marianna ha già un figlio e un matrimonio alle spalle. In possesso di un permesso B, vi ha rinunciato «perché dopo il divorzio volevo rientrare a Mosca – spiega –, sono tornata qui per lavoro (è stata valletta dello show di Mediaset ‘Chiambretti Night’, ndr) con un visto turistico». Quest’ultimo è nel frattempo scaduto. «Desideravo regolarizzarmi da molto tempo, per mio figlio – si giustifica –, ma sono stata ingannata dal mio ex compagno: mi aveva detto che avrebbe avviato la mia procedura congiuntamente a quella del bambino, ma non l’ha fatto».
«Abbiamo fatto richiesta all’Ufficio della migrazione di concederle un ingresso temporaneo per motivi umanitari – spiega l’avvocato della donna, Antonio Trifone –, chiederemo inoltre all’Arp di concedere perlomeno il diritto di visita, alla quale contestiamo pure di non aver proceduto a verifiche sulla madre prima dell’intervento». «Marianna ha delle buone disponibilità economiche e ha dimostrato di sapersi occupare del bambino – aggiunge il patrocinante –, che faceva vedere regolarmente dalla famiglia paterna». Inoltre «pochi giorni fa abbiamo depositato la denuncia contro l’ex compagno per diffamazione e per coazione». Durante la breve relazione fra i giovani, le liti non sarebbero infatti mancate. Il padre inoltre – non informato in un primo momento della gravidanza – ha riconosciuto il figlio dopo aver richiesto un test della paternità che ha dato esito positivo.
Una storia delicata, con un bambino nel mezzo e pesanti accuse incrociate. Per poterle verificare abbiamo contattato il legale del padre, che tuttavia ha preferito non entrare nei dettagli della vicenda. «Questo genere di cose va discusso nelle adeguate sedi e non in piazza o sulla stampa» la replica di Markus Colombo. L’avvocato puntualizza comunque alcuni aspetti: «Se un’autorità tutoria in Ticino ha preso una decisione del genere, vuol dire che ci sono stati dei motivi importanti per farlo. E anche se c’è stata una supercautelare, non significa che non siano state fatte delle verifiche. L’Arp non prende le decisioni alla leggera. Recenti affermazioni alla stampa da parte della madre ad ogni modo non trovano riscontro probatorio nella corposa documentazione da lei versata agli atti della procedura».