Lugano

Aston Bank di Lugano, Losanna nega il dissequestro

(©Ti-Press/Samuel Golay)
28 dicembre 2016
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Rimarranno sotto sequestro nei caveau della Banca dello Stato i soldi della Aston Bank di Lugano. Fino a quando? Perlomeno fino al termine dell’inchiesta penale dalla Procura ticinese che aveva condotto all’arresto del direttore generale. Appropriazione indebita, amministrazione infedele per scopo di lucro, riciclaggio aggravato e ripetuta falsità in documenti sono i reati ipotizzati nei suoi confronti e a carico del suo braccio destro, mentre per la voragine si parlava di 20 milioni di franchi. La sentenza pubblicata ieri dal Tribunale federale che ha negato il dissequestro, rievoca la vicenda. Una vicenda che secondo l’accusa ha coinvolto il direttore generale e azionista e il suo sostituto e anch’esso azionista. I due avrebbero messo in atto, in correità fra loro e con altri operatori della banca, dal gennaio 1999 un sistema generalizzato di operazioni di acquisto edi vendita di titoli mediante il quale una parte degli utili veniva distratta a favore degli operatori o trattenuta dagli imputati per scopi personali. Risale invece al dicembre 2009 il ritiro, da parte dell’autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) dell’autorizzazione perl’esercizio dell’attività bancaria e la continuazione della procedura di fallimento.

Nel corso dell’inchiesta, la procura, come detto aveva sequestrato gli averi della Aston Sa in liquidazione ora depositati alla Bds. E su richiesta della Finma ne aveva dissequestrati una parte nel 2011, ma la Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello aveva fermato tutto, siccome ha ritenuto che vi fossero fra quegli averi patrimoniali “ancora beni provento di reato”. Da qui, il ricorso al Tribunale federale secondo cui, però, il ricorrente non si esprime sull’adempimento delle condizioni poste dalla legge accennando solo genericamente agli interessi dei creditori nella procedura fallimentare. Nel ricorso non si spiega nemmeno per quali ragioni l’atto impugnato viola il diritto. Non solo. Agli occhi dei giudici di Mon Répos, il ricorrente non si confronta con l’accertamento della procura che ha stabilito come non era stato possibile indicare chiaramente se determinati beni di cui era stato postulato il dissequestro fossero provento di reato. Per queste ragioni, il Tribunale federale ha ritenuto inammissibile il ricorso, ponendo a carico del ricorrente le spese giudiziarie.