In ‘Dissonanze’, pubblicato da Armando Dadò Editore, le esperienze sui fronti bellici del chirurgo valmaggese Flavio Del Ponte
Ci sono momenti in cui è necessario dire “adesso basta!”, sia per testimoniare un disagio personale, sia per indurre una consapevolezza più generale. Il momento in cui Flavio Del Ponte lo ha detto a sé stesso e si è messo a scrivere è stato il giorno stesso in cui in Ucraina scattava l’invasione russa. L’“adesso basta!” era rivolto da lui, già chirurgo al fronte, nato a Bignasco, alle politiche di guerra che infestano il nostro mondo. Pochi mesi dopo avrebbe dovuto assistere alla rabbiosa, inqualificabile reazione di Israele (ancora in corso) all’altrettanto inqualificabile e barbara azione di Hamas del 7 ottobre 2023.
Tutte situazioni che al medico, ma prima ancora all’uomo, appaiono anacronistiche, senza senso rispetto agli insegnamenti che avremmo dovuto trarre dalla Storia e dai conflitti passati. L’incredulità, così come la straordinaria testimonianza su 40 anni di lavoro sul campo, sono in “Dissonanze”, il libro (412 pagine, Armando Dadò Editore) in cui Del Ponte – fratello di Carla – racconta dei contesti bellici in cui ha operato per la Croce Rossa Svizzera e la Croce Rossa Internazionale, ma anche per l’Onu: dall’Africa alla Cambogia, dal Laos al Vietnam, dal Pakistan al Ruanda, fino a New York – dove era stato inviato all’Onu come esperto medico per gli affari di guerra, chiamato a sviluppare una strategia per aiutare i caschi blu confrontati con il Ptsd, il disturbo post-traumatico da stress tipico di chi abbia subìto traumi di guerra, ma anche altri problemi di salute pubblica che toccavano le Nazioni Unite – e infine a Berna, come medico in capo dell’aiuto umanitario della Confederazione.
Ciò che alberga nel cuore di Del Ponte, oggi 80enne, è una grande tristezza per una situazione internazionale in cui la brama di potere si esprime con la violenza. «È un meccanismo che non riesco più ad accettare – sottolinea –. Specialmente se la violenza è contro l’infanzia e calpesta sistematicamente il diritto umanitario. Riflettiamo su quanto sta succedendo con la delegittimazione generalizzata come all’Unrwa, la cui attività a Gaza è indispensabile alla sopravvivenza di migliaia di persone! E alla posizione così poco chiara della Svizzera, che deve finalmente decidere in che modo ridare un senso alla sua neutralità». Oggi, aggiunge, «rispetto al passato, dopo le grandi crisi o le guerre, non si assiste più a un ritorno alla normalità. Credo sia giunto il momento in cui il nostro “no” alla guerra debba trasformarsi in qualcosa».
Ad esempio in un libro, che Del Ponte dice di aver deciso di scrivere – 15 anni dopo aver lasciato la sua professione – “perché da troppo tempo sentivo amici e conoscenti dirmi che era mio dovere lasciare una traccia del vissuto nell’arco di ben 40 anni”. Fra questi, il convallerano Armando Dadò, che ha ricordato dell’incontro casuale con il Del Ponte, a Bignasco: «Era in bici, ci siamo fermati a parlare perché da un po’ di tempo non ci vedevamo. Lì è nata l’idea di quella che sarebbe poi diventata una testimonianza unica da parte di un chirurgo ticinese impegnato sui fronti di guerra». Un altro motivo alla base del libro è la volontà di “lasciare un messaggio ai giovani che volessero lanciarsi nella medicina dell’aiuto umanitario”.
Ed è proprio l’aiuto umanitario, ad aver sempre dato un senso all’essere di Flavio Del Ponte come professionista e come uomo. Non a caso la scelta per la specializzazione medica era oscillata, tanti anni fa, fra chirurgia e psichiatria: «Decisi per la prima e accantonai così la seconda, benché attirato dall’indagare i motivi che sono alla base della bramosia di potere». L’etica, dunque, a lavorare nell’animo di un uomo destinato – come la sorella – a lasciare un segno indelebile fra i ticinesi distintisi a livello internazionale.
In “Dissonanze” troviamo impegno, sofferenza, speranza, coraggio e statura morale. Ma anche capacità descrittive e slanci poetici messi al servizio di due bisogni imprescindibili: uno è raccontare, l’altro sognare. “Possiamo ancora avanzare, anche se con passi stentati, e tentare di abolire la guerra? Proprio ora lo sguardo sul passato può forse tenere a freno il presente e la verità deve ritrovare il sopravvento – scrive Del Ponte nella sua introduzione –. Le ‘fake news’ ci confondono come lo fanno anche le occultazioni, i segreti, le dissimulazioni. La verità va detta, per nuda e inerme che sia”.