Capre e alpigiani ‘ostaggio’ di uno (o più) esemplari di canide. L’appello di Lisa Maddalena: ‘Viviamo un’ansia continua. Servirebbe più buonsenso’
Nerina non è rientrata. Nemmeno Gemma. E non è finita, visto che all’appello mancano pure Jenny, Timea e Mirtilla. Non sono rientrate l’altro giorno e non lo faranno nemmeno oggi, né domani. Non torneranno più. Chiara e Sophie, invece, sono state più ‘fortunate’. Sono riuscite a salvarsi, ma i segni della predazione del lupo – o dei lupi, visto che dall’ultima ‘puntata’ una certezza c’è: ad aggirarsi sugli alpeggi della Bassa Vallemaggia non sarebbe un solo esemplare, ma almeno due – se li porteranno appresso a lungo.
Purtroppo, Nerina e le altre poc’anzi citate sono solo alcune delle capre che hanno trovato la morte per bocca del lupo nella calda estate sull’Alpe di Mergozzo. «E di questo passo non saranno purtroppo nemmeno le ultime», puntualizza con l’amaro in bocca Lisa Maddalena, la 29enne che assieme ai familiari si occupa del suo gregge di capre sull’Alpe di Mergozzo, sopra Gordevio. Anche perché, se effettivamente i lupi a spasso nella zona sono almeno due, di notti agitate per Lisa e gli altri alpigiani della Bassa Vallemaggia se ne prospettano non poche da qui a fine estate... «Le fototrappole (montate da noi visto che il Cantone, tenuto a eseguire il monitoraggio in queste situazioni, tardava a farlo), hanno permesso di accertare la presenza almeno di due esemplari, confermando le analisi del Dna effettuate sulle capre uccise a inizio giugno. L’esito delle analisi lo abbiamo ottenuto a fine luglio, oltre un mese e mezzo dopo questo primo attacco. Un’eternità. Il nostro timore è che prima o poi ci si trovi alle prese con un vero e proprio branco, all’interno del quale i genitori hanno già affinato il sistema di predare le nostre greggi, passando l’esperienza ai giovani. Non siamo contrari a priori alla presenza del lupo in Svizzera, ma vorremmo che si potesse arrivare a una migliore gestione della sua presenza e dunque a una migliore convivenza, perché non tutti gli alpeggi sono gestibili allo stesso modo e non permettono di rispondere alle predazioni con la stessa facilità. Inoltre, pure associazioni come Wwf o Pro Natura, con cui siamo in contatto, non sono contrarie all’abbattimento di lupi problematici».
Lisa Maddalena
‘Le capre ancora a 2’000 m alle 20 di sera: bisogna portarle fino all’alpe...’
«In attesa che qualcosa finalmente si muova a livello cantonale, abbiamo cercato di fare il possibile, optando ad esempio per rinchiudere per la notte le due greggi, il mio e quello di mia cugina (per un totale di quasi cento capi), presenti sull’Alpe di Mergozzo: viste le reiterate scorribande del lupo non c’erano molte alternative, anche se questo è un lavoro immane, al punto che ci siamo ben presto resi conto che così, con le sole nostre forze, non possiamo andare avanti per molto, ragion per cui stiamo cercando un pastore che ci possa dare una mano da qui al termine della stagione. Anche perché stiamo parlando di un impegno di svariate ore, specie se si spingono fin sulle cime qui attorno, a oltre 2’000 m di quota, ossia circa 700-800 m più in alto rispetto a dove siamo basati noi. Le due greggi presenti a Mergozzo pascolano inoltre in posti diversi. Il lavoro e la manodopera necessaria per raggrupparle e riportarle all’alpe quindi raddoppia. A volte, un gregge, dopo essere uscito al mattino a pascolare, torna a casa già verso mezzogiorno. Quindi, andando contro la loro natura, le rinchiudiamo già a metà giornata per evitare che si allontanino nuovamente, risparmiandoci ore di fatiche per rinchiuderle di nuovo. Ciò però impedisce alle capre di nutrirsi come si deve, il che fa calare anche la produzione di latte. Inoltre, non sempre è possibile riportare le greggi a casa. Talvolta si trovano in zone troppo impervie per noi impossibili da raggiungere e, quindi, per non mettere in pericolo i pastori siamo costretti a lasciarle lì, non dormendo poi la notte per l’ansia di non trovarle più la mattina».
Lisa Maddalena
‘... e l’indomani la sveglia suona di buon mattino per la mungitura...’
Malgrado per il Cantone non sussistano ancora i numeri (la soglia di predazione minima è di 6 bestie uccise per singolo lupo) per ordinare l’abbattimento reattivo del lupo – anche perché mancano ancora i risultati definitivi di tutte le analisi per poter accertare la paternità delle scorribande –, il gregge di Lisa va via via assottigliandosi, per effetto (diretto o indiretto) dello stesso, come la capra rimasta impigliata nelle maglie del recinto protettivo notturno montato per l’emergenza, morta strangolata. «Secondo una statistica di una ventina d’anni fa, in un anno le perdite di un gregge, per cause naturali o altro, si attestavano mediamente al 5 per cento. In tre mesi, io ho già riscontrato perdite nell’ordine del 30 per cento: 13 su 46, di cui 11 delle quali direttamente ascrivibili al lupo. Su otto capretti nati quest’anno, me ne sono rimasti due: gli altri non sono più tornati a casa».
Lisa Maddalena
L’Alpe di Mergozzo ripresa con il drone
Ironia della sorte, se sull’Alpe di Mergozzo (come pure su quella di Nimi) Lisa Maddalena e gli altri alpigiani attendono dal Cantone una fumata bianca per l’abbattimento del lupo che sta dando loro filo da torcere, qualche chilometro più a nord, in Val Bedretto, un altro lupo da fine luglio ha le ore contate... «La nostra ‘sfortuna’, rispetto al caso della Val Bedretto, è che qui le predazioni sono avvenute sull’arco di più notti. Questo ha reso necessarie le analisi del Dna, per le quali vanno messe a preventivo diverse settimane. D’altro canto, quando in una notte una capra torna ferita, e all’appello ne mancano tre, è palese che queste ultime siano state uccise dal lupo anziché semplicemente disperse. L’analisi dei gps con cui sono dotate alcune capre non lascia dubbi: a un certo punto, in piena notte, si possono notare spostamenti veloci in una direzione piuttosto che in un’altra, segno inequivocabile che qualcosa le abbia messe in fuga. E se il mattino dopo tre delle capre che erano al pascolo con loro mancano all’appello, altrettanto inequivocabilmente, vuol dire che di mezzo c’è lo zampino (e i denti) del lupo».
A conti fatti, però, per le autorità servono appunto... i numeri, non le deduzioni, per logiche che siano. «Occorrerebbe un certo margine di discrezionalità e buonsenso. Paradossalmente sono più tutelati i cavalli: pur rientrando nella categoria degli animali da svago anziché da produzione, basta che un singolo animale, pure un pony, subisca l’attacco di un lupo per decretarne l’abbattimento. Due settimane fa, vista la particolare situazione, abbiamo chiesto di procedere comunque all’abbattimento, appello a tutt’oggi inevaso dal Governo. Intanto il tempo passa, viviamo in condizioni drammatiche, sia per il personale che (giustamente) si rifiuta di fare lavori pericolosi come prendere le capre sulle rocce e a 700 m di dislivello più in alto, sia per noi proprietari delle greggi, che viviamo un’ansia continua. Da parte del Cantone c’è parecchio immobilismo: ci sentiamo abbandonati da chi dovrebbe sostenere l’economia alpestre ticinese. Abbiamo già provato a più riprese a segnalare in forma scritta il nostro problema, esplicitando la necessità di un rapido intervento, ma le nostre lettere sono sempre rimaste senza risposta».
Lisa Maddalena
‘Le nostre capre sono molto curiose e ce le abbiamo sempre tra i piedi’
Nell’inquadrare la situazione, Lisa Maddalena non usa tanti giri di parole: «Se nessuno fa niente, e non lo fa in tempi brevi, non ne usciremo mai, se non scaricando l’alpe per riportare le capre nelle stalle, con la canicola, e smettendo di fare il formaggio visto che a valle non disponiamo di un caseificio: cosa faremmo quindi con il latte? Inoltre, questo non è certo il benessere per l’animale; le nostre sono capre abituate alla montagna: vogliamo poter dar loro la libertà almeno d’estate. È come dire al proprietario di un husky o di un cane pastore di tenerlo in un appartamento di città. Non si fa... Eppure c’è gente che queste cose non le realizza».
Lisa Maddalena
‘Fabia quasi salta sul divano’