In occasione del recente Carnevale, è stato presentato un curioso progetto multidisciplinare destinato a valorizzare la memoria collettiva
Quando il carnevale non è solo baldoria, coriandoli, maschere, risotto e luganighe. Quello ambrosiano di Verscio, nelle Terre di Pedemonte, andato in scena lo scorso 18 febbraio dedicato al monarca Re Lifroc ha una lunghissima tradizione che si perde nella notte dei tempi. L'edizione 2024 della festa più pazza dell'anno ha offerto lo spunto per una curiosa ricerca che prende il nome ‘Dioniso 1900-2024: un carnevale tra vino, arte e ricerca’. Una sorta di esplorazione multidisciplinare che consente di ricordare, anche solo per qualche ora, i fasti del passato, ispirata da una vecchia foto in bianco e nero scattata nel lontano 1900 e raffigurante un carro allegorico di Bacco (o Dioniso, Dio ibrido dalla multiforme natura maschile e femminile, animalesca e divina, tragica e comica, incarnazione nella sua ebbrezza dell'istinto primordiale presente in ogni essere vivente). Momenti di intensa e sentita partecipazione collettiva, di aggregazione popolare e coinvolgimento, in una piazza (allora come oggi) gremita.
Un gruppo di artisti e ricercatori guidati da Mahdi El Ghomri e Jelena Sucic ha infatti voluto per prima cosa dare vita a un'opera d'arte collettiva. Max Kremmel ha ricreato la foto, unendo in una sorta di dialogo visivo il passato e il presente in un'atmosfera di revival storico e un po‘ magica, mescolando all'ispirazione antica un taglio contemporaneo. El Ghomri ha realizzato un busto di Dioniso in legno di vite e rete metallica, (con corone di edera e trame leopardate richiamanti la Grande Madre e la vitalità della divinità). Il resto lo hanno fatto la spontaneità e la creatività degli abitanti che hanno partecipato attivamente alla creazione di questo "teatro estremo" rivivendo nel presente momenti del passato, spinti da un bisogno collettivo di ritrovare la memoria. Un allegro corteo ha sfilato per le stradine del paese accompagnato da musica folk ticinese. L'evento si è concluso sul sedime della fattoria Agarta di Cavigliano, con una festa a base di musica moderna.
Il progetto, come detto, ha intrecciato diverse ricerche: Massimo Izzo ha analizzato il contesto storico e religioso della foto del 1900, mentre Jelena Sucic (del Csrp Institute) ha applicato un approccio di ricerca sistemica, coinvolgendo diverse discipline. L'esperienza ha contribuito a valorizzare la memoria collettiva, a promuovere la sperimentazione artistica e ad avviare un dialogo interculturale. L'obiettivo dei responsabili, ora, è di continuare la ricerca sul mistero della foto e sul Dionisiaco in chiave contemporanea, con eventi futuri previsti per il 2025, quando ricorrerà il 125° anniversario della foto (custodita nel Museo regionale delle Centovalli e Pedemonte).
L'idea di questa originale proposta, abbinata a una campagna di crowdfunding, nasce da un incontro tra tre persone in occasione di ‘Pane e Vino 2023’, al Museo delle Centovalli e Pedemonte e a seguito della scoperta della testimonianza di un carnevale del 1900 diverso (eppure tipico) che valorizza la natura della festività e del luogo. Si tratta di Jelena Sucic co-presidente dell'associazione Creative Systemic Research Platform Institute, con sede a Chiasso e membri attivi in tutto il mondo (che promuove e supporta la ricerca e lo sviluppo di progetti focalizzati sull’investigazione delle capacità necessarie per la resilienza di comunità regionalizzata, supportate da pratiche ecologiche e di apprendimento sistemico e creativo); di Mahdi El Ghomri, artista con atelier a Tegna. Il suo lavoro di scultura e installazione ha una ricerca materica strettamente organica tramite una tecniche di intreccio di materiali del luogo in cui si va ad agire. Per le sue raffigurazioni prende ispirazione da trame fiabesche e mitologiche popolari; di Pascal Mayor, contadino e giardiniere di Cavigliano proprietario della Fattoria Agarta, con una filosofia strettamente biologica situata ai confini con Verscio. Molto legato alla sua terra, sempre in cerca di occasioni di valorizzazione del suo territorio e di contribuire alla convivialità della popolazione locale.
Il loro desiderio? Creare innanzitutto un’occasione di socialità, in quanto il progetto ha avuto un impatto culturale locale molto forte, facendo rivivere una tradizione (non sempre adeguatamente percepita come valore identitario dei verscesi) in una forma creativa e partecipata, contribuendo così a creare una memoria della comunità. Un'esperienza che, come detto, ha avvicinato i giovani alla storia e alle radici, stimolando un senso di appartenenza identitaria.