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Dalila Zambelli, la (futura) Lara Gut della cucina ticinese

La talentuosa cuoca 23enne di Quartino (ma che lavora a Zurigo) in bacheca ha già un titolo svizzero, uno mondiale e una partecipazione alle Olimpiadi

La 23enne ticinese in azione (Foto Ika Olympics)
21 febbraio 2024
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In “bacheca” ha già un titolo svizzero (miglior apprendista cuoca nel 2021), uno mondiale (conquistato nel 2022 in Lussemburgo con la selezione svizzera juniores) e una partecipazione, sempre con la squadra elvetica giovanile, alle recenti Olimpiadi di cucina a Stoccarda, ma quando le chiediamo se possiamo definirla la Lara Gut-Behrami della cucina ticinese, Dalila Zambelli frena e dimostra subito di avere i piedi ben piantati a terra… «Per arrivare a quel livello, di strada ne ho ancora tanta da fare – afferma sorridendo la 23enne di Quartino, attualmente impiegata nel ruolo di “commis” (così viene definito un cuoco o una cuoca alle prime armi, in sostanza dopo aver concluso l’apprendistato) presso il ristorante Roof Garden in centro a Zurigo –. Sono una persona piuttosto realista e voglio essere onesta in primis con me stessa, per cui a differenza di qualche anno fa, quando in testa avevo quasi solo l’idea di aprire un ristorante, oggi, anche alla luce dell’esperienza maturata in questi anni, sono consapevole che devo innanzitutto pensare a imparare e a formarmi. Non solo a livello professionale, ma anche nel carattere, perché cucinare è una cosa (ed è già bello impegnativo), ma essere uno chef o gestire un’attività, quindi con dei dipendenti, è ancora uno scalino, se non due, sopra».

‘Mi avevano detto di non fare la cuoca, che non è un mestiere per donne’

Sì perché la talentuosa cuoca gambarognese, nonostante la giovane età, conosce già bene il mondo della cucina, sia grazie alla passione e alle conoscenze che le ha trasmesso papà Massimo sia per le diverse esperienze che ha già vissuto in prima persona… «Bisogna essere onesti: per stare bene nel mondo della cucina, intesa come professionale, serve carattere. Poi ci sono contesti e situazioni più leggeri e altri più pesanti, ma in generale è un lavoro che richiede sacrifici (ad esempio weekend e serate libere non esistono quasi), di questo bisogna essere consapevoli. Io lo ero, in quanto mio papà è cuoco, anche se non ho subito intrapreso questa strada. Durante le scuole medie me l’hanno sconsigliato, dicendo che è un lavoro pesante e non è adatto a una donna, mi hanno indirizzato verso un’altra strada (ha lavorato per il Comune), che però non ha funzionato. Così, dopo un periodo di riflessione durante il quale sono anche andata in Germania a imparare il tedesco, mi sono pian piano buttata in cucina, iniziando da lavapiatti come nei film e facendo diversi stage in ristoranti, hotel, mense scolastiche, case anziani, in modo da conoscere il settore. A 19 anni ho quindi iniziato l’apprendistato nella cucina della caserma militare di Isone, dove tra l’altro ero l’unica donna. Un’esperienza con i suoi pro e i suoi contro, ma che sono contenta di aver vissuto e che, come il resto del mio percorso fino a questo punto, rappresenta una sorta di rivincita nei confronti di chi mi aveva sconsigliato di intraprendere questo mestiere».

Questione di dettagli

Oggi Dalila non solo lavora in un rinomato ristorante in centro a Zurigo («mi sto aprendo le porte e forse riuscirò a diventare capo partita, in questo caso dei primi e dei dessert»), ma come detto ha pure ottenuto diversi riconoscimenti, anche se le Olimpiadi disputate a inizio febbraio non sono andate proprio come sperava: dopo il successo ai Mondiali 2022, la squadra juniores rossocrociata non è infatti riuscita a salire sul podio della competizione, che prevedeva – in due prove separate – la preparazione di finger food, un piatto freddo a base di pesce, un piatto vegano, una portata principale e un dessert per dieci ospiti e due giudici, e successivamente la realizzazione di un menù di tre portate per 70 persone. Comunque ottimo il punteggio ottenuto, tanto da meritarsi la medaglia d’oro (assegnata solo a chi raggiunge un livello molto alto di esecuzione) sia nella categoria Chefs Table che Hot Kitchen, ma come detto non sufficiente a terminare nei primi tre posti della graduatoria (sesto rango finale)… «È stata un’esperienza sempre molto bella, ma diversa rispetto a quella dei Mondiali. A livello personale paradossalmente ero più tranquilla e serena in quell’occasione, in cui tutto era nuovo e non sapevo bene cosa aspettarmi, piuttosto che questa volta, nonostante conoscessi già il funzionamento della competizione. Nel 2022 ero entrata in squadra un po’ all’ultimo, come quella che “guardava”, poi ero diventata aiuto, lavapiatti e infine membro del team che cucina. Quest’anno invece sono partita già con questo ruolo, ero diciamo tra gli “esperti”. Come squadra, poi, proprio perché avevamo vinto nel 2022, eravamo molto più controllati e in un contesto del genere viene giudicato veramente ogni dettaglio, non solo dal punto di vista culinario ma anche di organizzazione, pulizia e molto altro. Inoltre rispetto ai Mondiali il livello è più alto, in quanto sono presenti più squadre, in particolare provenienti dai Paesi nordici e dall’Estremo oriente. Ma va bene così, non si può sempre vincere».

D’altronde, visto che l’abbiamo citata in apertura, anche una fuoriclasse come Lara Gut-Behrami nell’arco della sua splendida carriera ha dovuto… masticare amaro.